mercoledì 29 febbraio 2012

Siria: bombe su Homs. Mons. Tomasi: soldarietà con le vittime della violenza

Da: Radio Vaticana

In Siria, le truppe governative continuano a bombardare per il 26.mo giorno consecutivo la città di Homs, bastione della rivolta anti-Assad. Decine le vittime anche oggi. Intanto la comunità internazionale, riunita a Ginevra per la sessione del Consiglio Onu dei Diritti umani, si appresta a condannare la repressione di Damasco. Presente all’incontro, anche l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu della città elvetica. Il presule ha ribadito gli appelli del Papa per la fine immediata del bagno di sangue, esprimendo la sua solidarietà per le vittime della violenza Sergio Centofanti lo ha intervistato:

R. – La comunità internazionale vuole dare un messaggio chiaro alle autorità siriane: non è accettabile una violazione sistematica dei diritti umani delle persone attraverso repressioni violente, l’uso della forza contro dimostrazioni, l’uccisione di tanti civili – anche bambini – e poi la creazione di nuovi gruppi di rifugiati, specialmente persone che dalla Siria sono fuggite in Turchia o in Libano o in altre parti del Medio Oriente. La questione della Siria è molto delicata ed importante, perché a differenza degli altri Paesi della cosiddetta Primavera araba, tocca veramente equilibri interni del Medio Oriente ed è vicina, come Paese, a tante zone molto delicate che comportano questioni politiche importanti: Israele, l’Iran, la Turchia, il Libano … La Santa Sede è intervenuta a Ginevra ad un livello molto umanitario, parlando della preoccupazione per le vittime di questa situazione di violenza, chiedendo che in maniera urgente si metta fine all’uso della forza e si apra, invece, la strada al dialogo, alla riconciliazione e a una ricerca sincera della pace, perché abbiamo visto purtroppo troppo spesso negli ultimi decenni che la violenza genera violenza. Non è mai troppo tardi per mettere fine all’uso della violenza! Una seconda preoccupazione espressa è stata quella che ci sia una possibilità concreta di portare aiuti umanitari, medici e medicine, alle persone che ne hanno bisogno – feriti o persone ammalate – che si trovano nelle città che sono sotto bersaglio, come ad esempio la città di Homs; aprire questa possibilità concreta, quindi, di fare arrivare aiuto umanitario. E infine, una terza preoccupazione espressa è stata quella che la tradizione di tanti anni di convivenza abbastanza pacifica e rispettosa tra le varie minoranze – sunnite, sciite, alawite, cristiane, curde – che formano la Siria, non venga dimenticata e che invece si cerchi di camminare assieme per trovare una soluzione, perché non si ripetano certe tragedie che sono capitate, come – ad esempio – dopo il crollo del governo iracheno che ha portato ad un lungo periodo di instabilità e di guerra civile.

D. – Ma in concreto, che cosa può fare la comunità internazionale per fermare quello che il Papa ha definito “spargimento di sangue”?

R. – La situazione difficile in cui si trova la comunità internazionale è che non sembra possibile, in questa situazione, un intervento cosiddetto umanitario però anche di forza, come è avvenuto per altri Paesi; quindi, bisogna cercare la strada della convinzione e della riconciliazione facendo capire che le conseguenze per il futuro non verranno ignorate, che la comunità internazionale continuerà a perseguire attraverso vie giuridiche e legali la responsabilità di coloro che sono causa di tanta sofferenza.

D. – C’è timore per la minoranza cristiana?

R. – In Siria, finora, le minoranze cristiane hanno potuto convivere abbastanza pacificamente e serenamente con le varie espressioni della fede islamica che è dominante nel Paese. Certo, se c’è una destabilizzazione totale della situazione politica non sappiamo come le reazioni si articoleranno, se ci saranno vendette contro minoranze che sono percepite di avere appoggiato il governo attuale, e quindi c’è un’incognita. Sarebbe veramente irresponsabile – a me sembra – se si pensasse solo ad un cambiamento politico immediato senza allo stesso tempo prevedere l’alternativa di come verrà gestito il Paese e quindi le relazioni tra gruppi che compongono la società della Siria, in modo da prevenire sia ulteriore spargimento di sangue, sia movimenti di rifugiati di cui poi la comunità internazionale dovrà in qualche modo prendersi la responsabilità. (gf)
Leggi tutto...

martedì 28 febbraio 2012

Esercizi spirituali in Vaticano. Il cardinale Pasinya: riflettiamo sul valore della comunione nella Chiesa

Da: Radio Vaticana


La comunione con Dio, da cui la Chiesa ottiene “misericordia” e una “guida amorevole”: su queste due piste si è articolata questa mattina la doppia meditazione degli esercizi spirituali quaresimali, che Benedetto XVI e la Curia Romana stanno vivendo da domenica scorsa. A predicare gli esercizi quest’anno è il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, che ha scelto come testo-guida la prima Lettera di San Giovanni. Il porporato spiega il perché al microfono di Alessandro De Carolis:

R. – Ho visto che San Giovanni riserva molta attenzione alla comunione nella Chiesa, sia alla comunione dei fedeli con gli Apostoli, che dei fedeli con Dio e degli Apostoli con Dio. Mi sono detto: è un tema interessante che vale sempre, perché all’interno di questo tema si parla di tutti i problemi che la Chiesa primitiva ha incontrato e che noi oggi possiamo incontrare. Mi riferisco alla rottura della comunione nella Chiesa: la rottura della comunione per mancanza di fede, la rottura della comunione per mancanza di carità, la rottura della fede perché non si segue l’insegnamento degli Apostoli. E vedendo come Giovanni tratta il tema già in partenza, in maniera così solenne – “ciò che abbiamo visto, ciò che abbiamo udito noi ve l’annunciamo perché siate in comunione con noi” – questo modo di presentare le cose mostra quale importanza Giovanni riconosca a questo aspetto. E infatti, all’inizio della Chiesa c’erano persone che non credevano in Gesù, come anche oggi ci sono persone che non credono in Gesù: non credono che Gesù sia il Messia, non credono che Gesù si sia incarnato. Vediamo che Giovanni incomincia a contattare coloro che non credono che Gesù sia venuto e dice: “Erano tra di noi, ma sono usciti”. Anche adesso abbiamo di quelle comunità che erano con noi e che sono uscite: tutte quelle piccole comunità che da noi si chiamano “chiese del risveglio”, oppure i fondamentalisti, ecc... tutta questa realtà è toccata dal testo di San Giovanni. Il quale, alla fine, incomincia a parlare della fede in Gesù Cristo, della comunione con Dio e, nel frattempo, indica i criteri per essere in comunione con Dio. Quindi, oggi stesso abbiamo interesse a rivedere queste cose.

D. – In che modo le parole della Lettera di San Giovanni si intrecciano con i temi della Quaresima?

R. – La Quaresima è, praticamente, un andare nel deserto con Gesù per essere più vicino a Dio. Dove il Signore ha vinto il demonio, anche noi dobbiamo vincere. Dove Israele, nel deserto, è stato vinto dal demonio, noi pure dobbiamo evitare di essere vinti dal demonio. Quindi, questa è la ragion d’essere della Quaresima: il fatto che ci aiuta a vivere più intensamente la comunione con Dio. La comunione con Dio, allora, è nel cuore della Quaresima, quando nel testo della Lettera si dice: “Voi avete vinto grazie all’unzione dello Spirito, grazie alla Parola di Dio che voi avete ricevuto nel battesimo”.

D. – Nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno, Benedetto XVI punta molto sull’aspetto della carità concreta. Come sono risuonate in lei le sue parole?

R. – L’appello del Papa, da noi, è profondamente reale: quando si è in Africa e si vede quella povertà, quella miseria, si vedono quelle guerre, tutto il caos che c’è, non si può non pensare a questo. Per questo abbiamo senz’altro accolto il Messaggio del Papa: perché aderiva alla nostra realtà. (gf)
Leggi tutto...

lunedì 27 febbraio 2012

Il Papa: pregare per i cristiani perseguitati in Asia. Mons. Machado: chiediamo solidarietà

Da: Radio Vaticana


“Perché lo Spirito Santo conceda perseveranza a quanti, particolarmente in Asia, sono discriminati, perseguitati e messi a morte a causa del nome di Cristo”. E’ l’intenzione missionaria di preghiera di Benedetto XVI per il mese di marzo. Sulla testimonianza dei cristiani dell’Asia per tutta la Chiesa, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo indiano di Vasai, mons. Felix Anthony Machado:

R. - Abbiamo bisogno di questa solidarietà, della preghiera della Chiesa universale e che il Santo Padre preghi per noi quando ci troviamo in queste situazioni. E’ veramente apprezzabile la perseveranza di coloro che seguono il cammino cristiano della fede. C’è una cosa che ci fa molto dispiacere: il governo esercita una certa discriminazione verso i cristiani che non hanno quindi i diritti che dovrebbero avere, come le persone appartenenti ad altre religioni. La Chiesa, qui e là, è perseguitata e viene disturbata la vita stessa della Chiesa. Questo è veramente triste. 

D. - Già Tertulliano diceva: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. Quanto è importante la testimonianza dei martiri cristiani in India, in Asia?

R. - Questa - senza dubbio - è la storia della Chiesa. Quando siamo perseguitati, per il bene che noi facciamo, la Chiesa diventa ancora più credibile. Anche come reagiamo è molto importante: quando la Chiesa reagisce aderendo a Gesù Cristo e alle sue parole, la vita della Chiesa fiorisce ancora di più. 

D. - Come i fedeli dell’India vivono il tempo forte della Quaresima?

R. - In India, questo tempo è vissuto sempre in modo notevole. Abbiamo cominciato la Quaresima con il Mercoledì delle Ceneri e posso dire che nella parrocchia, dove come vescovo sono andato per l’imposizione delle Ceneri, sono stati migliaia a venire per ricevere le ceneri. C’è poi l’entusiasmo della gente, che volontariamente vive questo periodo facendo tanti sacrifici, perché veramente vogliono la conversione. Questo, come pastore della Chiesa, mi fa tanto felice. (mg)
Leggi tutto...

domenica 26 febbraio 2012

La Quaresima, momento propizio per rafforzare il nostro rapporto con Dio. Così il Papa all’Angelus

Da: Radio Vaticana


Preghiera, gesti di penitenza e opere di carità fraterna. Così, in Quaresima, si rinnova il nostro rapporto con Dio. Lo ha detto il Papa, oggi all’Angelus in Piazza San Pietro, nel giorno in cui in Vaticano cominciano - alle 18.00 presso la Cappella Redemptoris Mater - gli Esercizi spirituali per la Curia Romana, in preparazione della Pasqua. Il tema è: “La comunione del cristiano con Dio”; a proporre le meditazioni, fino al 3 marzo, è il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, in Repubblica Democratica del Congo. Il servizio di Giada Aquilino:

La Quaresima, momento propizio per rafforzare il nostro rapporto con Dio. Questa la riflessione di Benedetto XVI, stamani alla recita dell’Angelus. Nella prima domenica di Quaresima, il Papa ha riflettuto su Gesù che, dopo aver ricevuto il battesimo nel fiume Giordano da Giovanni il Battista, subisce la tentazione nel deserto, come raccontato nel Vangelo di Marco: Gesù «nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana». Quindi un esame dei “diversi significati” di deserto. “Può indicare - ha ricordato il Pontefice - lo stato di abbandono e di solitudine, il ‘luogo’ della debolezza dell’uomo dove non vi sono appoggi e sicurezze, dove la tentazione si fa più forte”. Ma al contempo, ha proseguito, “può indicare anche un luogo di rifugio e di riparo”, come nel caso del popolo di Israele scampato alla schiavitù egiziana: lì, ha detto il Papa, “si può sperimentare in modo particolare la presenza di Dio”. Proprio come il Signore che - ha spiegato Benedetto XVI, citando San Leone Magno - “ha voluto subire l’attacco del tentatore per difenderci con il suo aiuto e per istruirci col suo esempio”.

Da qui un insegnamento, che leggiamo nel Libro dell’Imitazione di Cristo: l’uomo “non è mai del tutto esente dalla tentazione finché vive”, ma è “con la pazienza e con la vera umiltà che diventeremo più forti di ogni nemico”:

“La pazienza e l’umiltà di seguire ogni giorno il Signore, imparando a costruire la nostra vita non al di fuori di Lui o come se non esistesse, ma in Lui e con Lui, perché è la fonte della vera vita. La tentazione di rimuovere Dio, di mettere ordine da soli in se stessi e nel mondo contando solo sulle proprie capacità, è sempre presente nella storia dell’uomo”.

Poi in Gesù “accade qualcosa di nuovo”, proclama - ha spiegato il Santo Padre - che “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino”: Dio si rivolge all’uomo “in modo inaspettato”, “con una vicinanza unica concreta, piena di amore”; si incarna ed entra nel mondo dell’uomo “per prendere su di sé il peccato, per vincere il male e riportare l’uomo nel mondo di Dio”. Ma questo annuncio - ha proseguito il Papa - è accompagnato dalla richiesta di corrispondere ad un dono così grande:

“Gesù, infatti, aggiunge: ‘convertitevi e credete nel Vangelo’; è l’invito ad avere fede in Dio e a convertire ogni giorno la nostra vita alla sua volontà, orientando al bene ogni nostra azione e pensiero. Il tempo della Quaresima è il momento propizio per rinnovare e rendere più saldo il nostro rapporto con Dio, attraverso la preghiera quotidiana, i gesti di penitenza, le opere di carità fraterna”.

Il Pontefice, pregando per il cammino quaresimale appena cominciato, ha poi ricordato ai fedeli che iniziano oggi in Vaticano gli Esercizi spirituali:

“Affido, inoltre, alla vostra preghiera la settimana di Esercizi spirituali che questa sera inizierò con i miei Collaboratori della Curia Romana”.

Nei saluti finali nelle varie lingue, il Santo Padre ha ancora esortato in questo tempo penitenziale pasquale a pregare, “alla conversione per raggiungere una più profonda conoscenza di Gesù”, a “fare penitenza e a cambiare vita”, con gesti di misericordia, perdono e riconciliazione.
Leggi tutto...

sabato 25 febbraio 2012

Il Papa sull’infertilità di coppia: no alla logica del profitto, prevalga scienza orientata alla dignità dell’uomo

Da: Radio Vaticana

Il matrimonio tra uomo e donna, “unico ‘luogo’ degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono”. Così il Papa ai circa 200 partecipanti alla XVIII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, ricevuti oggi in Vaticano a conclusione dei lavori congressuali dedicati al tema “Diagnosi e terapia dell’infertilità”, partiti giovedì scorso nell’Aula nuova del Sinodo. Il servizio di Giada Aquilino:

Proseguire “il cammino intrapreso di una scienza intellettualmente onesta e affascinata dalla ricerca continua del bene dell’uomo”, non disdegnando “il dialogo con la fede”. Questa l’esortazione di Benedetto XVI ai partecipanti alla XVIII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, ricevuti in udienza e accompagnati dal presidente, mons. Ignacio Carrasco de Paula. Ricordando “la fiducia che la Chiesa ha sempre riposto nelle possibilità della ragione umana e in un lavoro scientifico rigorosamente condotto, che tengano sempre presente l’aspetto morale”, il Papa ha riflettuto sul tema dell’Assemblea, “Diagnosi e terapia dell’infertilità”, citandone la “rilevanza umana e sociale”, il “peculiare valore scientifico” e l’espressione della “possibilità concreta di un fecondo dialogo tra dimensione etica e ricerca biomedica”. 

Un incoraggiamento, quello del Pontefice, all’“onestà intellettuale” del lavoro svolto, “espressione di una scienza che mantiene desto il suo spirito di ricerca della verità, a servizio dell’autentico bene dell’uomo, e che evita il rischio di essere una pratica meramente funzionale”. Davanti al problema dell’infertilità della coppia, ha detto il Santo Padre ai partecipanti, “avete scelto di richiamare e considerare attentamente la dimensione morale, ricercando le vie per una corretta valutazione diagnostica ed una terapia che corregga le cause dell’infertilità”:

“Questo approccio muove dal desiderio non solo di donare un figlio alla coppia, ma di restituire agli sposi la loro fertilità e tutta la dignità di essere responsabili delle proprie scelte procreative, per essere collaboratori di Dio nella generazione di un nuovo essere umano. La ricerca di una diagnosi e di una terapia rappresenta l’approccio scientificamente più corretto alla questione dell’infertilità, ma anche quello maggiormente rispettoso dell’umanità integrale dei soggetti coinvolti. Infatti, l’unione dell’uomo e della donna in quella comunità di amore e di vita che è il matrimonio, costituisce l’unico ‘luogo’ degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono”.

Rammentando l’Istruzione Donum vitae, Benedetto XVI ha sottolineato come le “legittime aspirazioni genitoriali della coppia che si trova in una condizione di infertilità” debbano “pertanto trovare, con l’aiuto della scienza, una risposta che rispetti pienamente la loro dignità di persone e di sposi”:

“La dignità umana e cristiana della procreazione, infatti, non consiste in un ‘prodotto’, ma nel suo legame con l’atto coniugale, espressione dell’amore dei coniugi, della loro unione non solo biologica, ma anche spirituale”.

Lo sguardo del Papa si è quindi allargato alla società contemporanea: “dinanzi al fascino della tecnologia della fecondazione artificiale” che spinge alcuni colleghi a considerare “desuete” l’umiltà e la precisione con cui i membri della Pontificia Accademia per la Vita approfondiscono queste problematiche, Benedetto XVI ha espresso “incoraggiamento e sostegno” al “generoso servizio in difesa e a favore della vita”, anche se talora avviene “in un contesto medico-scientifico dove la dimensione della verità risulta offuscata”. Già in occasione del X anniversario dell’Enciclica Fides et ratio, il Pontefice nel 2008 aveva ricordato come “il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore” svolgano a volte “un ruolo determinante”, assumendo “caratteristiche pericolose per la stessa umanità”:

“Effettivamente lo scientismo e la logica del profitto sembrano oggi dominare il campo dell’infertilità e della procreazione umana, giungendo a limitare anche molte altre aree di ricerca”.

D’altra parte la Chiesa “presta molta attenzione alla sofferenza delle coppie con infertilità, ha cura di esse e, proprio per questo, incoraggia la ricerca medica”. La scienza, tuttavia, “non sempre è in grado di rispondere ai desideri di tante coppie”:

“Vorrei allora ricordare agli sposi che vivono la condizione dell’infertilità, che non per questo la loro vocazione matrimoniale viene frustrata. I coniugi, per la loro stessa vocazione battesimale e matrimoniale, sono sempre chiamati a collaborare con Dio nella creazione di un’umanità nuova. La vocazione all’amore, infatti, è vocazione al dono di sé e questa è una possibilità che nessuna condizione organica può impedire. Dove, dunque, la scienza non trova una risposta, la risposta che dona luce viene da Cristo”.

Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus caritas est, aveva già spiegato come la fede permetta “alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio”. E oggi ha ricordato che “la matrice culturale creata dal cristianesimo - radicata nell’affermazione dell’esistenza della Verità e dell’intelligibilità del reale alla luce della Somma Verità - ha reso possibile nell’Europa del Medioevo lo sviluppo del sapere scientifico moderno”.

L’appello agli “illustri scienziati” e a tutti i membri dell’Accademia “impegnati a promuovere la vita e la dignità della persona umana” è stato dunque quello a tenere “sempre presente anche il fondamentale ruolo culturale” che svolgono nella società e l’influenza che esercitano “nel formare l’opinione pubblica”. Rammentando il Concilio Vaticano II e le esortazioni agli scienziati di Giovanni Paolo II, un’ultima raccomandazione del Papa:

“La gente ha fiducia in voi che servite la vita, ha fiducia nel vostro impegno a sostegno di chi ha bisogno di conforto e di speranza. Non cedete mai alla tentazione di trattare il bene delle persone riducendolo ad un mero problema tecnico! L’indifferenza della coscienza nei confronti del vero e del bene rappresenta una pericolosa minaccia per un autentico progresso scientifico”.
Leggi tutto...

venerdì 24 febbraio 2012

La carità è il cuore della vita cristiana: così il Papa al Circolo San Pietro

Da: Radio Vaticana


“L’incontro con l’altro e l’aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine”. Lo ha detto il Papa incontrando in Vaticano i soci del Circolo di San Pietro, in prossimità della Festa della Cattedra di San Pietro, celebrata domenica scorsa, una circostanza che all’organismo offre “l’occasione di manifestare la peculiare fedeltà alla Sede Apostolica”. Il Pontefice ha quindi salutato tutti i membri, accompagnati dall’assistente ecclesiastico, mons. Franco Camaldo, e guidati dal presidente generale, il duca Leopoldo Torlonia, che nel suo indirizzo di saluto ha ricordato come il Circolo cerchi di “rispondere al meglio con l’impegno di tutti i soci” alle richieste di aiuto negli ultimi tempi “cresciute”. Il servizio di Giada Aquilino:

La carità come “cuore della vita cristiana”. È il senso del discorso del Papa ai soci del Circolo di San Pietro, fondato a Roma nel 1869 e impegnato in molteplici attività caritative e assistenziali. La Quaresima appena iniziata, ha ricordato Benedetto XVI, “è un tempo propizio affinché, con l’aiuto della Parola di Dio e dei Sacramenti, ci rinnoviamo nella fede e nell’amore”, a livello sia personale sia comunitario. “E’ un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale”. 

L’autenticità della nostra fedeltà al Vangelo, ha sottolineato il Santo Padre, “si verifica anche in base all’attenzione e alla sollecitudine concreta che ci sforziamo di manifestare verso il prossimo, specialmente verso i più deboli ed emarginati”, desiderando per l’altro “il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale”:

"Anche se la cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell’altro, desiderando che egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello significa aprire gli occhi sulle sue necessità, superando la durezza di cuore che rende ciechi alle sofferenze altrui. Così il servizio caritativo diventa una forma privilegiata di evangelizzazione, alla luce dell’insegnamento di Gesù, il quale riterrà come fatto a se stesso quanto avremo fatto ai nostri fratelli, specialmente a chi tra loro è piccolo e trascurato".

Quindi una riflessione sul senso di apertura al prossimo: prendendo spunto dalla Lettera agli Ebrei, il Pontefice ha esortato a prestare “attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”:

"Occorre armonizzare il nostro cuore con il cuore di Cristo, affinché il sostegno amorevole offerto agli altri si traduca in partecipazione e consapevole condivisione delle loro sofferenze e delle loro speranze, rendendo così visibile, da una parte la misericordia infinita di Dio verso ogni uomo, che brilla sul volto di Cristo, e dall’altra la nostra fede in Lui. L’incontro con l’altro e l’aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine".

D’altra parte, ha detto Benedetto XVI, “oggi come ieri, la testimonianza della carità tocca in modo particolare il cuore degli uomini”. La nuova evangelizzazione, specialmente in una città cosmopolita come Roma, “richiede - ha notato il Papa - grande apertura di spirito e sapiente disponibilità verso tutti”. In tale contesto, si inquadra l’opera del Circolo San Pietro e “bene si pone - ha detto ai soci - la rete di interventi assistenziali che voi, ogni giorno, realizzate a favore di quanti si trovano nel bisogno”: la “generosa opera” nelle cucine, nell’asilo notturno, nella casa famiglia, nel centro polifunzionale, come pure “la testimonianza silenziosa, ma quanto mai eloquente” offerta a sostegno dei malati e dei loro familiari nell’Hospice Fondazione Roma, “senza dimenticare l’impegno missionario in Laos e le adozioni a distanza”.

I componenti del Circolo di San Pietro, come ogni anno, hanno consegnato a Benedetto XVI “l’obolo per la carità del Papa”, raccolto nelle parrocchie romane:

"Esso rappresenta un concreto aiuto offerto al Successore di Pietro, perché possa rispondere alle innumerevoli richieste che gli provengono da ogni parte del mondo, specialmente dai Paesi più poveri".

Il ringraziamento del Pontefice è dunque stato esteso a tutta l’attività svolta “generosamente” e “con spirito di sacrificio” dal Circolo, che nasce “dalla vostra fede, dal rapporto con il Signore coltivato ogni giorno”, ha ricordato il Santo Padre. Quindi l’auspicio è stato che “fede, carità e testimonianza continuino ad essere le linee-guida” dell’apostolato di ogni membro dell’organizzazione, impegnato anche ad essere presente “durante le Celebrazioni liturgiche nella Basilica di San Pietro”, occasione con cui dimostra “la costante dedizione e la devota fedeltà” alla Sede dell’Apostolo Pietro. La benedizione finale del Papa è andata sia agli assistiti, sia ai soci affinché il Signore li aiuti “a realizzare la propria vocazione cristiana” in famiglia, nel lavoro e all’interno del Circolo.
Leggi tutto...

giovedì 23 febbraio 2012

Benedetto XVI incontra i parroci romani: siate umili e uniti, non cedete alle opinioni del mondo

Da: Radio Vaticana


In Aula Paolo VI, stamani, tradizionale incontro quaresimale di Benedetto XVI con i parroci romani. Il Papa ha tenuto, a braccio, una lectio divina incentrata sul Capitolo 4 della Lettera di San Paolo agli Efesini. Il Pontefice ha esortato i sacerdoti ad essere umili e a non cedere alle opinioni del mondo. Il servizio di Alessandro GisottiIl vescovo di Roma incontra i parroci della sua diocesi. Un avvenimento ormai tradizionale, all’inizio del periodo quaresimale, e che pure sa sempre offrire ai sacerdoti un’occasione di rinnovamento nella fede. Il Papa ha espresso tutta la sua gioia nel vedere tanti parroci riuniti assieme, li ha definiti “un forte esercito di Dio” pronto alle battaglie del nostro tempo. Quindi, seguendo il testo della Lettera paolina, si è soffermato sulla chiamata al sacerdozio:

“La grande sofferenza della Chiesa di oggi nell’Europa e nell’Occidente è la mancanza di vocazioni sacerdotali, ma il Signore chiama sempre, manca l’ascolto”.

Ecco perché, ha soggiunto, “dobbiamo essere attenti alla voce del Signore” e capaci di accettare questa chiamata. Ha quindi sottolineato che essere fedeli alla chiamata del Signore implica realizzare delle virtù necessarie, in particolare l’umiltà, la mitezza e la magnanimità. Il Santo Padre si è soffermato soprattutto sull’umiltà. Essere cristiano, ha detto, vuol dire superare la “tentazione originale”, la superbia che è “la radice di tutti i peccati”. Parole corredate da un’esortazione:

“Accettare questo, imparare questo e così imparare, accettare la mia posizione nella Chiesa, il mio piccolo servizio come grande agli occhi di Dio. E proprio questa umiltà, questo realismo rende liberi”.

Ancora, ha ribadito che, dalla mancanza di umiltà, deriva anche la divisione della Chiesa. Se non siamo umili, ha avvertito, siamo anche divisi:

“L’assenza dell’umiltà distrugge l’unità; umiltà è una fondamentale virtù dell’unità e solo così cresce l’unità del Corpo di Cristo: diventiamo realmente uniti e riceviamo noi la ricchezza e la bellezza dell’unità”.
Un altro grande problema della Chiesa attuale, ha proseguito, è la mancanza di conoscenza della fede, “l’analfabetismo religioso”:

“…e con questo analfabetismo non possiamo crescere, non può crescere l’unità. Perciò dobbiamo noi stessi appropriarci di nuovo di questo contenuto come ricchezza dell’unità e non come un pacchetto di dogmi e di comandamenti, ma come una realtà unica che si rivela nella sua profondità e bellezza”.

Di qui l’importanza dell’Anno della Fede, ha detto il Papa auspicando un rinnovamento catechistico affinché la fede “sia conosciuta”, Cristo “sia conosciuto”. Non ha poi mancato di criticare quei teologi secondo cui Dio non sarebbe onnipotente perché esiste il male nel mondo. “Alla fine – ha avvertito - non rimane la forza del male, ma rimane solo Dio”, questa è la nostra speranza: “Che la luce vince, l’amore vince”. Ancora ha ribadito che i cristiani sono non violenti e che non bisogna legare la difesa della verità al ricorso alla violenza. Nella parte conclusiva della lectio divina, il Papa ha osservato che in questi ultimi decenni si è fatto ricorso alla formula “fede adulta”, per dire “emancipata” dal Magistero della Chiesa:

“Ma il risultato non è una fede adulta, il risultato è la dipendenza dalle onde del mondo, dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi di comunicazione, dell’opinione che tutti pensano e vogliono. Non è vera emancipazione”. 

La vera emancipazione, ha avvertito, è invece proprio liberarsi da questa “dittatura” delle opinioni del mondo. Solo “nella libertà dei Figli di Dio che credono insieme nel Corpo di Cristo”, ha concluso, siamo veramente liberi e capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo. 

Nel corso dell’incontro, il Papa ha consegnato ai parroci prefetti il testo intitolato “Scelto da Dio per gli uomini”, pubblicato dall’Edizione Paoline con una presentazione del cardinale vicario Agostino Vallini. Si tratta, ha detto il porporato, di una “regola di vita”, frutto dell’Anno Sacerdotale. Una traccia spirituale, una guida ideale offerto a tutti i sacerdoti romani “perché crescano nella gioia della comune vocazione e nell’unità del sacerdozio”.
Leggi tutto...

mercoledì 22 febbraio 2012

Il Papa all'udienza generale: Quaresima, tempo per ritrovare nuovo coraggio di fronte alle prove della vita

Da: Radio Vaticana


All’udienza generale, nel Mercoledì delle Ceneri, Benedetto XVI ha evocato l’immagine di una Chiesa “in cammino nel ‘deserto’ del mondo e della storia”, sollecitando i credenti in tempo di Quaresima a ritrovare “nuovo coraggio” per affrontare le prove della vita. La Quaresima - ha sottolineato il Papa - "è il tempo delle decisioni mature". Il servizio di Roberta Gisotti.

Quaresima tempo di cambiamento, pentimento, conversione per incontrare Cristo alla fine dei secoli, “per imparare ad imitare Gesù, che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto insegnò a vincere la tentazione con la Parola di Dio”, contrapponendo il messianismo dell’amore e del dono totale di sé sulla Croce al messianismo del potere e del successo. Così anche la Chiesa – ha osservato il Papa - si trova “in cammino nel ‘deserto’ del mondo e della storia”. Deserto dove i credenti hanno “l’opportunità di fare una profonda esperienza di Dio che rende forte lo spirito, conferma la fede, nutre la speranza, anima la carità”. Ma “il deserto è anche l’aspetto negativo della realtà che ci circonda”, ha sottolineato Benedetto XVI:

“L’aridità, la povertà di parole di vita e di valori, il secolarismo e la cultura materialista, che rinchiudono la persona nell’orizzonte mondano dell’esistere sottraendolo ad ogni riferimento alla trascendenza. E’ questo anche l’ambiente in cui il cielo sopra di noi è oscuro, perché coperto dalle nubi dell’egoismo, dell’incomprensione e dell’inganno”.

Questo non impedisce alla Chiesa di oggi – ha rassicurato il Papa – di trasformare “il tempo del deserto” “in tempo di grazia”, nella “certezza che anche dalla roccia più dura Dio può far scaturire l’acqua viva che disseta e ristora”:

“Cari fratelli e sorelle, in questi quaranta giorni che ci condurranno alla Pasqua di Risurrezione possiamo ritrovare nuovo coraggio per accettare con pazienza e con fede ogni situazione di difficoltà, di afflizione e di prova, nella consapevolezza che dalle tenebre il Signore farà sorgere il giorno nuovo”.

Nei saluti finali, un indirizzo particolare Benedetto XVI ha rivolto all’Ordinariato personale di nostra Signora di Walsingham, costituito da ex anglicani entrati nella Chiesa cattolica, in occasione del primo pellegrinaggio alla sede di Pietro. Tra i fedeli presenti nella Basilica vaticana, le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù riunite per il Capitolo generale e i Diaconi di Milano: costruite sempre la vostra vita – li ha incoraggiati il Papa – “secondo la logica del Vangelo”, del “non conformismo cristiano”. Un saluto affettuoso è andato poi ai rappresentanti della Lega italiana contro i tumori e alla delegazione dei Mondiali Juniores di Sci, che si svolgeranno dal 29 febbraio al 9 marzo a Roccaraso e Rivisondoli in Abruzzo: la delegazione ha consegnato al Papa una medaglia d'oro speciale creata appositamente per il Pontefice. Una raccomandazione infine ai legali dell’Avvocatura italiana perché svolgano il loro lavoro “seguendo sempre i criteri di amore alla giustizia e di servizio al bene comune".
Leggi tutto...

lunedì 20 febbraio 2012

Il Papa ai nuovi cardinali: difendete l'unità della Chiesa e portate la luce di Cristo all'umanità intera

Da: Radio Vaticana


Difendere e far crescere l’unità nella Chiesa: è l’esortazione rivolta dal Papa ai 22 nuovi cardinali, ricevuti stamani in Aula Paolo VI assieme a familiari ed amici. Un’udienza, nella quale il Pontefice ha ribadito che pur tra vicende convulse e contrastanti, la Chiesa è sempre viva e presente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“L’unità nella Chiesa è dono divino da difendere e far crescere”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel suo discorso ai nuovi porporati. Un intervento articolato in ben 9 lingue a evidenziare l’universalità della Chiesa, espressa nelle diverse nazionalità dei 22 nuovi cardinali. Il Papa ha messo l’accento sul valore dell’unità dei fedeli attorno ai propri pastori e al Successore di Pietro:

“Siate uniti a loro e tra di voi nella fede e nella carità per essere sempre più fervorosi e coraggiosi testimoni di Cristo”.

Ha quindi rilevato che la creazione dei nuovi cardinali è “occasione per riflettere sulla universale missione della Chiesa nella storia degli uomini”:

“Nelle vicende umane, spesso così convulse e contrastanti, la Chiesa è sempre presente, portando Cristo, luce e speranza per l’intera umanità. Rimanere uniti alla Chiesa e al messaggio di salvezza che essa diffonde, significa ancorarsi alla Verità, rafforzare il senso dei veri valori, essere sereni di fronte ad ogni avvenimento”.

L’udienza si è contraddistinta per un clima particolarmente festoso, con i fedeli che hanno più volte sventolato le bandiere dei Paesi d’origine dei cardinali. Il Papa ha ribadito quanto sia importante il legame tra pastori e fedeli:

“Venerati fratelli, l’affetto e la preghiera di tante persone a voi care vi sostengano nel vostro servizio alla Chiesa, affinché ciascuno di voi possa rendere generosa testimonianza al Vangelo della verità e della carità”.

Parlando in francese, il Papa ha sottolineato che la nostra società, alle prese con momenti di incertezza, ha bisogno della luce di Cristo:

“Que chaque chrétien en témoigne…”
“Che ciascun cristiano – è stata la sua esortazione – testimoni” il Vangelo “con fede e coraggio e il tempo di Quaresima che si avvicina possa farci ritornare a Dio”.
Leggi tutto...

domenica 19 febbraio 2012

Messa del Papa: la Chiesa è una “finestra” dalla quale Dio si affaccia sull’umanità. All'Angelus, la preghiera per i nuovi cardinali

Da: Radio Vaticana


Nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro, Benedetto XVI ha presieduto questa mattina la Messa nella Basilica vaticana, attorniato dai 22 cardinali creati nel Concistoro di ieri. Il Papa è tornato a parlare del primato petrino e di come la Chiesa sia chiamata a una missione di verità e carità, portando nel mondo “che si chiude in se stesso” la luce di Cristo. All’Angelus, Benedetto XVI ha chiesto ancora preghiere a sostegno della sua missione e di quella dei suoi primi collaboratori. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Pietro non ce l’avrebbe fatta “attraverso la carne e il sangue” a sostenere la Chiesa affidatagli da Cristo. Per questo Dio lo destina a diventare “ciò che non è”, una “roccia”, perché è di quella solidità che la comunità nascente ha bisogno. Il giorno dopo il Concistoro, Benedetto XVI è come se riprendesse il filo della sua riflessione spostando l’accento dal servizio dei cardinali nella Chiesa ai fondamenti sui quali la Chiesa si regge da duemila anni e che i cardinali sono i primi a dover testimoniare: fede e carità. Dopo il saluto rivoltogli a nome dei nuovi porporati dal cardinale Fernando Filoni, il Papa ha lasciato che a ispirare l’omelia fosse la struttura stessa dell'altare della Cattedra di Pietro, ideato dal Bernini e collocato sul fondo della Basilica vaticana. Il Pontefice ne ha decifrato nel dettaglio l’architettura, definendola “una visione dell’essenza della Chiesa e del magistero petrino”. Primo elemento, la finestra con l’immagine della colomba che, ha detto, “mostra Dio come fonte della luce”:

“La Chiesa stessa è, infatti, come una finestra, il luogo in cui Dio si fa vicino, si fa incontro al nostro mondo. La Chiesa non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto, al di sopra di noi. La Chiesa è veramente se stessa nella misura in cui lascia trasparire l’Altro - con la ‘A’ maiuscola - da cui proviene e a cui conduce”.

Altro elemento che balza all’occhio sono le statue dei grandi padri della Chiesa d’Oriente e di Occidente che sorreggono ai quattro lati il monumentale trono in bronzo. “I due maestri dell’Oriente, San Giovanni Crisostomo e Sant’Atanasio, insieme con i latini, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, rappresentano – ha osservato il Papa – la totalità della tradizione e, quindi, la ricchezza dell’espressione della vera fede dell’unica Chiesa”:

“Questo elemento dell’altare ci dice che l’amore poggia sulla fede. Esso si sgretola se l’uomo non confida più in Dio e non obbedisce a Lui. Tutto nella Chiesa poggia sulla fede: i Sacramenti, la Liturgia, l’evangelizzazione, la carità. Anche il diritto, anche l’autorità nella Chiesa poggiano sulla fede. La Chiesa non si auto-regola, non dà a se stessa il proprio ordine, ma lo riceve dalla Parola di Dio, che ascolta nella fede e cerca di comprendere e di vivere”.

Ed è la frase di un altro antico padre cristiano, Ignazio di Antiochia – che definì la Chiesa di Roma “quella che presiede nella carità” – a suggerire a Benedetto XVI un altro elemento di riflessione. Carità intesa come amore, ma anche come Eucaristia che, ha ricordato, è definito il "Sacramento della carità di Cristo":

“Pertanto, ‘presiedere nella carità’ significa attirare gli uomini in un abbraccio eucaristico - l’abbraccio di Cristo -, che supera ogni barriera e ogni estraneità, e crea la comunione dalle molteplici differenze. Il ministero petrino è dunque primato nell’amore in senso eucaristico, ovvero sollecitudine per la comunione universale della Chiesa in Cristo”. 
Infine l’ultimo elemento, che il Pontefice individua in quel “duplice movimento di ascesa e di discesa” che caratterizza l’altare. “E’ la reciprocità tra la fede e l’amore”, dove è la prima a orientare il secondo:

“Una fede egoistica sarebbe una fede non vera. Chi crede in Gesù Cristo ed entra nel dinamismo d’amore che nell’Eucaristia trova la sorgente, scopre la vera gioia e diventa a sua volta capace di vivere secondo la logica di questo dono”.

Prima della recita dell’Angelus, dalla finestra del suo studio affacciato su Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha parlato della festa della Cattedra petrina e del compito di guidare la Chiesa che spetta al Pontefice romano, coadiuvato dai cardinali:

“Tale speciale compito di servizio deriva alla Comunità romana e al suo Vescovo dal fatto che in questa Città hanno versato il loro sangue gli Apostoli Pietro e Paolo, oltre a numerosi altri Martiri. Ritorniamo, così, alla testimonianza del sangue e della carità. La Cattedra di Pietro, dunque, è sì segno di autorità, ma di quella di Cristo, basata sulla fede e sull’amore”.
Leggi tutto...

sabato 18 febbraio 2012

Concistoro, il Papa crea 22 nuovi cardinali: siate servitori della Chiesa limpidi e coraggiosi

Da: Radio Vaticana


Servite la Chiesa “con amore e vigore”, uniti in modo indissolubile al Papa. Benedetto XVI ha chiesto questo impegno ai 22 nuovi cardinali, creati e pubblicati nel Concistoro ordinario pubblico presieduto stamattina nella Basilica di San Pietro. Al termine, il Papa e il rinnovato Collegio cardinalizio hanno proceduto al voto sulle Cause di canonizzazione di sette Beati. La cronaca della cerimonia nel servizio di Alessandro De Carolis:

Al servizio del Servo dei servi di Dio. È questo l’onore della porpora cardinalizia. In alto, accanto a Pietro, perché costituiti pietre, assieme a lui, sulle quali la Chiesa di oggi si appoggia trovando stabilità, traendo forza, direzione e luce come la prima Chiesa al tempo degli Apostoli. Ai nuovi ammessi nel Collegio cardinalizio, Benedetto XVI ha riproposto la sostanza di un ruolo che, ha detto, vi unisce “con nuovi e più forti legami non solo al Romano Pontefice ma anche all’intera comunità dei fedeli sparsa in tutto il mondo”. L’allocuzione del Papa ha preceduto la cerimonia di consegna della berretta rossa, dell’anello e del titolo di una chiesa di Roma o di una diocesi suburbicaria. E prima di presiedere un rito dalle cadenze antiche, il Papa ha voluto indicare il senso di quel “rosso”, emblema di una “dedizione assoluta e incondizionata”, fino – “se necessario” – all’effusione del sangue:

“A loro, inoltre, è chiesto di servire la Chiesa con amore e vigore, con la limpidezza e la sapienza dei maestri, con l’energia e la fortezza dei pastori, con la fedeltà e il coraggio dei martiri. Si tratta di essere eminenti servitori della Chiesa che trova in Pietro il visibile fondamento dell’unità”. 
L’episodio del Vangelo in cui Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di poter sedere alla sua destra e alla sua sinistra ha fornito a Benedetto XVI lo spunto per riflettere sul contrasto tra due logiche inconciliabili: quella del dono di sé e quella del potere. Il nostro vissuto quotidiano non ha “lo stile del potere e della gloria”, ha affermato il Papa, citando la celebre risposta di Cristo nel Vangelo su quale debba essere il rapporto che dovrà legare i suoi fra di loro:

“‘Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti’.Dominio e servizio, egoismo e altruismo, possesso e dono, interesse e gratuità: queste logiche profondamente contrastanti si confrontano in ogni tempo e in ogni luogo. Non c’è alcun dubbio sulla strada scelta da Gesù”.
Cristo, ha insistito, “riceve la gloria solo in quanto servo”, così il cedimento degli Apostoli ai “sogni di gloria” può essere, ha indicato il Pontefice citando Cirillo di Alessandria, “un incentivo all’umiltà”:

“Il dono totale di sé offerto da Cristo sulla croce sia per voi principio, stimolo e forza per una fede che opera nella carità. La vostra missione nella Chiesa e nel mondo sia sempre e solo «in Cristo», risponda alla sua logica e non a quella del mondo, sia illuminata dalla fede e animata dalla carità che provengono a noi dalla Croce gloriosa del Signore”.
E a quest’ultima consegna, Benedetto XVI ha unito la richiesta di una particolare attenzione:

“E pregate anche per me, affinché possa sempre offrire al Popolo di Dio la testimonianza della dottrina sicura e reggere con mite fermezza il timone della santa Chiesa”. 
Il canto del “Padre Nostro” ha fatto da momento di passaggio tra la conclusione del Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali e l’inizio del Concistoro dedicato al voto riguardante le Cause di Canonizzazione di sette Beati, tra i quali due figure vissute nel Seicento: Caterina Tekakwitha – che sarà la prima pellerossa a essere proclamata Santa – e un catechista martire, Pietro Calunsgod, ucciso in odio alla fede sull’Isola di Guam, nel Pacifico.
Leggi tutto...

venerdì 17 febbraio 2012

Concistoro: il Papa e i cardinali insieme per una giornata di preghiera sulla nuova evangelizzazione

Da: Radio Vaticana


Si tiene oggi, in Vaticano, nell’Aula nuova del Sinodo, la Giornata di preghiera e riflessione convocata dal Papa per i membri del Collegio Cardinalizio e i nuovi cardinali in occasione del Concistoro di domani per la creazione di 22 nuovi porporati. La Giornata, informa una nota della Sala Stampa vaticana, ha avuto inizio stamani con la celebrazione dell’Ora Terza, cui ha fatto seguito il saluto del cardinale decano Angelo Sodano. Il tema principale della giornata: “L’annuncio del Vangelo oggi, tra missio ad gentes e nuova evangelizzazione” è stato introdotto da una relazione dell’arcivescovo di New York, Timothy Dolan. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“La nuova evangelizzazione genera missionari entusiasti”: è quanto affermato dall’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, che nella sua appassionata relazione ha sottolineato che “nessun cristiano” è escluso dal “compito di testimoniare Gesù, trasmettendo ad altri l’invito del Signore nella vita quotidiana”. Il cardinale designato ha quindi sviluppato in sette punti una strategia di evangelizzazione che - ha evidenziato - deve oggi confrontarsi con la secolarizzazione. Siamo, ha soggiunto, “davanti alla sfida di combattere l’analfabetismo catechetico”. Del resto, ha constatato, anche “una persona che si vanta di aderire al secolarismo” riconosce che l’umanità sarebbe un assurdo senza un Creatore. Ed ecco perché anche New York che dà l’impressione di essere “la capitale della cultura secolarizzata” è “ciononostante una città molto religiosa”. 

L’arcivescovo Dolan ha quindi esortato la Chiesa ad essere sicura ma non trionfalista, giacché anch’Essa “ha sempre bisogno di essere evangelizzata”. Ancora, ha ricordato che il Concilio Vaticano II e gli ultimi Papi esortano i fedeli a “pensarsi come una schiera di missionari ed evangelizzatori”. Ma quale stile deve dunque contraddistinguere questo nuovo urgente compito della Chiesa? “La nuova evangelizzazione – ha detto il futuro cardinale – si compie con il sorriso non con il volto accigliato”. Ed ha ribadito che la nuova evangelizzazione “è un atto d’amore”. L’arcivescovo di New York ha concluso la sua relazione affermando che “abbiamo bisogno di dire di nuovo come un bambino la eterna verità, la bellezza e la semplicità di Gesù e della sua Chiesa”.

Successivamente, il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella, ha svolto una comunicazione sull’Anno della Fede, sul suo significato alla luce della Lettera Apostolica “Porta fidei”. L’obiettivo principale di questo Anno – ha detto – è far riscoprire la gioia dell’incontro con Cristo in un momento di particolare crisi, che vede molti cristiani indifferenti e lontani dalla vita della comunità. Quest’Anno della fede – ha osservato mons. Fisichella – diventa così un’occasione propizia perché la Chiesa intera offra una comune testimonianza della sua fede nel Signore Risorto.

Dopo gli interventi dell’arcivescovo Dolan e dell’arcivescovo Fisichella, hanno avuto inizio gli interventi dei partecipanti alla Giornata. Vi è stato spazio sufficiente per 7 interventi di varia tematica fino alla recita dell’Angelus guidata dal Santo Padre. Nel pomeriggio, dopo i Vespri alle ore 17, continueranno gli interventi dei partecipanti. Sul totale dei 213 membri del Collegio cardinalizio, compresi i 22 nuovi cardinali, ne erano presenti 133. Gli assenti si erano scusati per motivo dell’età o della salute o di precedenti impegni inderogabili.

In un articolo pubblicato dall’Osservatore Romano, mons. Guido Marini informa che sono state apportate alcune piccole modifiche, approvate dal Papa, allo svolgimento del Concistoro di domani. In particolare - spiega il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie - l’anello cardinalizio e la berretta verranno consegnati dal Papa ai nuovi porporati nel Concistoro e non più nel Santa Messa del giorno successivo che diventa così “una celebrazione di ringraziamento al Signore per il dono dei nuovi cardinali alla Chiesa”.

Con il Concistoro di domani, il quarto di Benedetto XVI, saranno in totale 213 i componenti del Collegio Cardinalizio di cui 125 elettori e 88 ultraottantenni. 
Leggi tutto...

giovedì 16 febbraio 2012

Benedetto XVI ai seminaristi romani: non conformarsi al potere di finanza e media che, pur necessari, rischiano di opprimere l’uomo

Da: Radio Vaticana


Il cristiano è chiamato a non conformarsi, per essere libero. Non conformarsi al potere di Finanza e Media che, pur necessari, rischiano di opprimere l’uomo. Così il Papa ieri pomeriggio durante la Lectio Divina tenuta ai seminaristi del Pontificio Seminario Romano Maggiore in occasione della Festa della Madonna della Fiducia. Al termine dell’incontro Benedetto XVI si è fermato a cena con i seminaristi, quindi il rientro in Vaticano. Il servizio di Paolo Ondarza:

C’è un non conformismo del cristiano rispetto al mondo. Il Papa lo ha indicato ai “suoi seminaristi”, come lui stesso affettuosamente li ha salutati, circa 190 futuri sacerdoti di 5 seminari romani. Accolto da don Concetto Occhipinti, rettore del Seminario Romano Maggiore, e dall'entusiasmo della comunità dell'istituto, Benedetto XVI si è inizialmente soffermato in adorazione davanti al Tabernacolo. Quindi la lectio divina sul brano paolino della Lettera ai Romani: l’invito dell’Apostolo delle Genti ad offrire il proprio corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, a non conformarsi a questo mondo, a lasciarsi trasformare per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. 

Ma non conformarsi non vuol dire fuggire dal mondo: è una via per essere veramente liberi. Il potere della finanza e quello dei media, ha spiegato il Papa, ambedue necessari e utili a volte rischiano di dominare sull’uomo. Il primo diventa non più uno strumento che favorisce l'umanità, ma che la opprime:

"Il mondo della finanza non rappresenta più uno strumento per favorire il benessere, per favorire la vita dell’uomo, ma diventa un potere che lo opprime, che deve essere quasi adorato, mammona, la vera divinità falsa che domina il mondo. Contro questo conformismo della sottomissione a questo potere, siamo non conformisti: non l’avere conta, ma l’essere conta! Non sottomettiamoci a questo, usiamolo come mezzo, ma con la libertà dei figli di Dio". 
Allo stesso modo spesso l’informazione non fa realmente luce e ciò che viene detto o scritto, diviene più importante della realtà stessa. Il mondo virtuale rischia quindi di diventare più importante di quello reale. Il cristiano si conforma per essere libero:

"Il non conformismo del cristiano ci redime, ci restituisce alla verità. E preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere uomini liberi in questo non conformismo che non è contro il mondo, ma è il vero amore del mondo".

Oggi si parla tanto della Chiesa di Roma, su di essa si dicono tante cose – ha notato il Papa: 

"Anche oggi si parla molto della Chiesa di Roma, di tante cose, speriamo che si parli anche della nostra fede, della fede esemplare della Chiesa di Roma e preghiamo il Signore, perché possiamo fare così che si parli non di tante cose, ma si parli della fede della Chiesa di Roma". 

Quindi Benedetto XVI ha ammonito: il cristianesimo non è solo spiritualizzazione, moralizzazione, ma incarnazione. L’invito di Paolo ad offrire i propri corpi è invito ad essere un tutt'uno con Dio:

"Dobbiamo essere realmente penetrati dalla realtà di Dio, così che tutta la nostra vita – e non solo alcuni pensieri – siano liturgia, siano adorazione".
Leggi tutto...

mercoledì 15 febbraio 2012

Il Papa all’udienza generale: Dio non ci abbandona mai nelle prove. Appello in favore delle famiglie

Da: Radio Vaticana


Stamane all’udienza generale, nell'Aula Paolo VI in Vaticano, Benedetto XVI ha proseguito la sua meditazione sulla preghiera di Gesù in Croce. Il Papa ha sottolineato che, anche nelle prove più difficili, non cadiamo mai fuori dalle mani di Dio. Quindi, salutando l’Associazione italiana delle famiglie numerose ha chiesto interventi adeguati a sostegno della famiglia, speranza per l’intero Paese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Nell’Aula Paolo VI, gremita di fedeli, il Papa ha offerto la sua riflessione sulla preghiera di Gesù nell’imminenza della morte. Le parole di Gesù sulla Croce, sottolinea il Papa, ci offrono indicazioni “impegnative alla nostra preghiera, ma la aprono anche ad una serena fiducia e ad una ferma speranza”:

“Gesù che chiede al Padre di perdonare coloro che lo stanno crocifiggendo, ci invita al difficile gesto di pregare anche per coloro che ci fanno torto, ci hanno danneggiato, sapendo perdonare sempre affinché la luce di Dio possa illuminare il loro cuore e ci invita a vivere, nella nostra preghiera, lo stesso atteggiamento di misericordia e di amore che Dio ha nei nostri confronti”.

Nell’imminenza della crocifissione e, in particolare, nel chiedere il perdono per i propri carnefici, osserva il Papa, Gesù vive pienamente “la sua relazione filiale con Dio”. Il Pontefice si sofferma dunque sulla risposta alla preghiera del “buon ladrone”: “Oggi sarai con me nel paradiso”:

“Così attraverso questa risposta dona la ferma speranza che la bontà di Dio può toccarci anche nell’ultimo istante della vita e la preghiera di Dio può toccarci anche nell’ultimo istante della vita e la preghiera sincera, anche dopo una vita sbagliata, incontra le braccia aperte del Padre buono che attende il ritorno del figlio”.
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”: Gesù, sottolinea, si consegna al Padre “in un atto di totale abbandono”. Il suo è “un forte grido di estremo e totale affidamento a Dio”: 

“La preghiera di Gesù di fronte alla morte è drammatica come lo è per ogni uomo, ma, allo stesso tempo, è pervasa da quella calma profonda che nasce dalla fiducia nel Padre e dalla volontà di consegnarsi totalmente a Lui”.

Ecco allora, soggiunge, che comprendiamo come Gesù si sia “lasciato consegnare nelle mani degli uomini, ma è nelle mani del Padre che Egli pone il suo spirito”. Un affidamento che è segno di speranza:

“Gesù che nel momento estremo della morte si affida totalmente nelle mani di Dio Padre, ci comunica la certezza che, per quanto dure siano le prove, difficili i problemi, pesante la sofferenza, non cadremo mai fuori delle mani di Dio, quelle mani che ci hanno creato, ci sostengono e ci accompagnano nel cammino dell’esistenza, perché guidate da un amore infinito e fedele”. 
Al momento dei saluti ai pellegrini, il Papa ha rivolto un pensiero particolare all’Associazione italiana Famiglie numerose. Nell’odierno contesto sociale, ha osservato, “i nuclei familiari con tanti figli costituiscono una testimonianza di fede, di coraggio e di ottimismo, perché senza figli non c’è futuro”:

“Auspico che vengano ulteriormente promossi adeguati interventi sociali e legislativi a tutela e a sostegno delle famiglie più numerose, che costituiscono una ricchezza e una speranza per l’intero Paese”.
Leggi tutto...

lunedì 13 febbraio 2012

Benedetto XVI per la Giornata delle Vocazioni: riscoprire la bellezza del sacerdozio e della vita consacrata

Da: Radio Vaticana


Le famiglie, “comunità di vita e di amore”, luogo per riscoprire la bellezza del sacerdozio e della vita consacrata. Lo sottolinea Benedetto XVI nel Messaggio per la prossima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che sarà celebrata il 29 aprile. Servizio di Roberta Gisotti.

“Le vocazioni dono della Carità di Dio”: tema della Giornata, occasione per riflettere sulla “verità profonda della nostra esistenza”, racchiusa - sottolinea Benedetto XVI nel suo Messaggio - in un “sorprendente mistero”, laddove ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno”. “La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo”, ci ricorda il Papa. “Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio”. “Ogni specifica vocazione nasce, infatti, - spiega ancora il Santo Padre - dall’iniziativa di Dio”. “È Lui a compiere il ‘primo passo’ e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore ‘riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’. “La misura alta della vita cristiana” consiste allora “nell’amare ‘come’ Dio”. E’ “nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni”. “Parola, preghiera ed Eucarestia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno” di Dio. Sollecita quindi Benedetto XVI le Chiese locali a farsi luogo di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale”, offrendo ai giovani “un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale”, e così anche nelle famiglie “comunità di vita e di amore” i giovani possano riscoprire “la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata”. “In questo modo la comunità cristiana – conclude Benedetto XVI - diventa essa stessa manifestazione della carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata”.
Leggi tutto...

domenica 12 febbraio 2012

Appello del Papa all'Angelus: basta spargimento di sangue in Siria! L'amore di Dio è più forte del male più orribile

Da: Radio Vaticana


Davanti a numerosi fedeli riuniti in Piazza San Pietro per l’Angelus nonostante il freddo, il Papa ha lanciato un accorato appello per la fine delle violenze in Siria. Si ponga termine allo spargimento di sangue, ha esclamato Benedetto XVI. Prima della preghiera mariana, il Papa ha commentato il Vangelo della guarigione del lebbroso: solo Gesù – ha detto – "ci può liberare dalla lebbra del peccato e dallo smarrimento nella vita". Il servizio di Sergio Centofanti:

Il Papa segue “con molta apprensione i drammatici e crescenti episodi di violenza in Siria” che negli ultimi giorni stanno provocando numerosi morti. Ricorda “nella preghiera le vittime, fra cui ci sono alcuni bambini, i feriti e quanti soffrono le conseguenze di un conflitto sempre più preoccupante” e rinnova “un pressante appello a porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue”:

“Invito tutti - e anzitutto le Autorità politiche in Siria - a privilegiare la via del dialogo, della riconciliazione e dell’impegno per la pace. E’ urgente rispondere alle legittime aspirazioni delle diverse componenti della Nazione, come pure agli auspici della comunità internazionale, preoccupata del bene comune dell’intera società e della Regione”.

Nella catechesi il Papa ha commentato il Vangelo di questa domenica in cui Gesù, “superando il divieto legale” tocca e guarisce un lebbroso. In questo gesto – ha detto – “c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni”:

“In quel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso viene abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, tra il Sacro e il suo opposto, non certo per negare il male e la sua forza negativa, ma per dimostrare che l’amore di Dio è più forte di ogni male, anche di quello più contagioso e orribile. Gesù ha preso su di sé le nostre infermità, si è fatto 'lebbroso' perché noi fossimo purificati”.

Il Papa ricorda poi l’esperienza di San Francesco quando, peccatore, incontrò dei lebbrosi:

“In quei lebbrosi, che Francesco incontrò quando era ancora ‘nei peccati’, era presente Gesù; e quando Francesco si avvicinò a uno di loro e, vincendo il proprio ribrezzo, lo abbracciò, Gesù lo guarì dalla sua lebbra, cioè dal suo orgoglio, e lo convertì all’amore di Dio. Ecco la vittoria di Cristo, che è la nostra guarigione profonda e la nostra risurrezione a vita nuova!”.

Quindi, ha ricordato la memoria della Vergine di Lourdes, celebrata ieri. A santa Bernadette – ha affermato - la Madonna ha consegnato “un messaggio sempre attuale: l’invito alla preghiera e alla penitenza”:

“Attraverso sua Madre è sempre Gesù che ci viene incontro, per liberarci da ogni malattia del corpo e dell’anima. Lasciamoci toccare e purificare da Lui, e usiamo misericordia verso i nostri fratelli!”.
Infine, il Papa augurando ai presenti una buona domenica e una buona settimana ha dato appuntamento all'Angelus di domenica prossima, una "domenica - ha auspicato - senza neve".
Leggi tutto...

sabato 11 febbraio 2012

L'Unzione degli infermi non è un "Sacramento minore": riflessione sul Messaggio del Papa per la Giornata del Malato

Da: Radio Vaticana


L’Unzione degli infermi non sia ritenuta un “un Sacramento minore”. L’affermazione di Benedetto XVI è contenuta nel suo ultimo Messaggio per la Giornata del malato. Il Papa pone in primo piano un gesto sacramentale ancora oggi avvolto troppo spesso, anche fra i cristiani, da un superstizioso senso di rifiuto. Alessandro De Carolis ne ha parlato conFra Marco Fabello, direttore generale del Centro dei Fatebenefratelli di Brescia, una delle strutture dell’antico Ordine ospedaliero fondato da San Giovanni di Dio:

R. – Credo che, finalmente, ci sia una presa importante di posizione sul significato di questo Sacramento, che è ancora così poco “vissuto” dalle persone ed è ancora ritenuto un fatto, per molti aspetti, scaramantico, intendendo con ciò dire che molti malati e molti familiari non lo vogliono e lo vogliono solo quando il malato non è più in grado di capire. Invece, pensare al Sacramento dell’Unzione dei malati come a un farmaco, a un medicinale che aiuta, a un fatto terapeutico non solo dello spirito ma anche del corpo, credo sia davvero un dono molto grande, che andrebbe spiegato e prospettato ai parenti, ai familiari e ai malati con molta convinzione.

D. – Il vostro è un Ordine molto antico. Che cosa degli insegnamenti del vostro fondatore, San Giovanni di Dio, vi orienta con attualità nella vostra missione?

R. – Credo che il processo di umanizzazione che porta alla fede sia fondamentalmente ciò che più ci muove. Considerare il malato persona a tutti gli effetti, e non un qualcosa da guarire, vuol dire appunto camminare insieme tra corpo e spirito e accompagnare la persona sia nella malattia fisica che nella sofferenza interiore e spirituale – cosa che, a volte, è più forte che non il dolore fisico ed è ciò che condiziona maggiormente la vita delle persone. Credo che questo sia molto sottovalutato soprattutto nella medicina di oggi, dove la premura, la fretta rendono la medicina, soprattutto la chirurgia, più simile forse a una “catena di montaggio” che non a delle vere azioni di umanità e di aiuto spirituale, interiore, psicologica, alle persone. 

D. – Attualmente, dove operate nel mondo?

R. – Attualmente, operiamo in 51 nazioni nel mondo, in tutti i continenti: le ultime presenze sono in Croazia, in Cina. Abbiamo una ventina di strutture sanitarie molto impegnative in Africa, siamo presenti anche in Asia. Ma, probabilmente, non è il numero delle strutture che conta di più, quanto piuttosto – pur venendo meno in modo notevole il numero dei religiosi – l’idea dell’ospitalità continua, anche con il contributo di altre persone, i nostri collaboratori. Un’idea che noi tutti vorremmo racchiudere in uno slogan nel quale crediamo quando definiamo le nostre realtà l’“essere la famiglia di San Giovanni di Dio”. (ap)
Leggi tutto...

venerdì 10 febbraio 2012

Il Papa: la comunità internazionale intervenga nel Sahel per scongiurare una nuova emergenza

Da: Radio Vaticana


L’Africa è il continente della speranza per la Chiesa: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel discorso alla Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, ricevuta stamani in Vaticano. Il Papa ha quindi esortato la comunità internazionale a rafforzare l’impegno per combattere la povertà che affligge i popoli africani del Sahel, a causa della desertificazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Benedetto XVI esprime preoccupazione per le difficoltà della popolazione del Sahel. Negli ultimi mesi, osserva, l’area “è stata gravemente minacciata” da una significativa “diminuzione delle risorse alimentari e dalla carestia causata dalla mancanza di pioggia e dall’avanzamento del deserto”:

J’exhorte la communauté internazionale…
Il Papa esorta la comunità internazionale ad “occuparsi seriamente dell’estrema povertà di queste popolazioni le cui condizioni si vanno deteriorando”. E non manca di incoraggiare e sostenere gli sforzi degli organismi ecclesiali che lavorano nella zona. Si sofferma così sull’attività della Fondazione, voluta 28 anni fa dal Beato Karol Wojtyla. Dal Papa l’invito a rinnovarsi, mettendo al centro la formazione cristiana e professionale dei propri operatori. Ancora, il Pontefice mette l’accento sulla dimensione della preghiera che sempre deve guidare le attività della Fondazione:

La charité doit promovoir toutes nos actions…
“La carità – soggiunge – promuova tutte le nostre azioni”. Non si tratta, avverte, di “voler fare un mondo a nostra misura, ma di amarlo”. Per questo, spiega, la Chiesa non ha come vocazione principale “trasformare l’ordine politico o cambiare il tessuto sociale”. Vuole invece “portare la luce di Cristo” ed è “lui che trasformerà tutto e tutti”. Il Papa incoraggia dunque con forza i popoli africani. Spesso, osserva, si descrive l’Africa “in modo riduttivo” e “umiliante” come se fosse “il continente dei conflitti e dei problemi infiniti e insolubili”:

Au contraire, l’Afrique qui accueille…
“Al contrario – afferma – l’Africa che oggi accoglie la Buona Novella è per la Chiesa il continente della speranza”. Per noi, soggiunge, “l’Africa è il continente del futuro”. Ed ha così ripetuto l’esortazione pronunciata nel suo viaggio in Benin dell’anno scorso: “Africa, diventa Buona Novella per il mondo intero”.
Leggi tutto...

mercoledì 8 febbraio 2012

Il Papa all'udienza generale: Dio non ci abbandona mai, come Gesù sulla croce affidiamo a Lui il nostro dolore

Da: Radio Vaticana


Sull’esempio di Cristo, “davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore”. Sono le parole del Papa all’udienza generale di oggi in Aula Paolo VI, dedicata alla preghiera di Gesù di fronte alla morte. Il servizio di Giada Aquilino:

Ripercorrendo gli ultimi istanti della vita terrena di Gesù, le sei ore di Cristo sulla croce, il Papa ha proposto una riflessione sul buio di quei momenti e sul grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”. Benedetto XVI si è soffermato sulla preghiera di Gesù morente, riportata dai due evangelisti Marco e Matteo sia in greco, “in cui è scritto il loro racconto”, sia “in una mescolanza di ebraico ed aramaico”, per tramandarne non soltanto il contenuto, ma persino “il suono che tale preghiera ha avuto sulle labbra di Gesù”: ascoltiamo, dunque, “realmente le parole di Gesù come erano”, ha notato il Santo Padre. Cristo, di fronte agli insulti dei presenti alla crocifissione, che non compresero o non vollero comprendere la preghiera di Gesù - ha ricordato Benedetto XVI - e “davanti al buio che cala su tutto”, con il grido della sua preghiera “mostra che, assieme al peso della sofferenza e della morte in cui sembra ci sia l’abbandono, l’assenza di Dio, Egli ha piena certezza della vicinanza del Padre, che approva questo atto supremo di amore, di dono totale di Sé, nonostante non si oda, come in altri momenti, la voce dall’alto”. Nel momento di angoscia, la preghiera diventa un grido: “questo - ha sottolineato il Papa - avviene anche nel nostro rapporto con il Signore”:

“Davanti alle situazioni più difficili e dolorose, quando sembra che Dio non senta, non dobbiamo temere di affidare a Lui tutto il peso che portiamo nel nostro cuore, non dobbiamo avere paura di gridare a Lui la nostra sofferenza”.
Nel momento “dell’ultimo rifiuto degli uomini, nel momento dell’abbandono”, Gesù prega “nella consapevolezza della presenza di Dio Padre” anche in quest’ora in cui sente il dramma umano della morte”:

“E’ importante comprendere che la preghiera di Gesù non è il grido di chi va incontro con disperazione alla morte, e neppure è il grido di chi sa di essere abbandonato. Gesù in quel momento fa suo l’intero Salmo 22, il Salmo del popolo di Israele che soffre, e in questo modo prende su di Sé non solo la pena del suo popolo, ma anche quella di tutti gli uomini che soffrono per l’oppressione del male e, allo stesso tempo, porta tutto questo al cuore di Dio stesso nella certezza che il suo grido sarà esaudito nella risurrezione: «il grido nell'estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per ‘molti’ »”.

Nella preghiera di Gesù sono racchiusi “l’estrema fiducia e l’abbandono nelle mani di Dio, anche quando sembra assente, anche quando sembra rimanere in silenzio, seguendo un disegno a noi incomprensibile”. Quello di Gesù è “un soffrire in comunione con noi e per noi, che deriva dall’amore e già porta in sé la redenzione, la vittoria dell’amore”. Nel momento estremo, quindi, Gesù “lascia che il suo cuore esprima il dolore, ma lascia emergere, allo stesso tempo, il senso della presenza del Padre e il consenso al suo disegno di salvezza dell’umanità”. 

“Anche noi ci troviamo sempre e nuovamente di fronte all’«oggi» della sofferenza, del silenzio di Dio - lo esprimiamo tante volte nella nostra preghiera - ma ci troviamo anche di fronte all’«oggi» della Risurrezione, della risposta di Dio che ha preso su di Sé le nostre sofferenze, per portarle insieme con noi e darci la ferma speranza che saranno vinte”.

Infatti nella preghiera - ha aggiunto il Pontefice - “portiamo a Dio le nostre croci quotidiane, nella certezza che Lui è presente e ci ascolta”. Un concetto ripetuto anche nei saluti finali nelle varie lingue:

“Il grido di Gesù ci ricorda come nella preghiera dobbiamo superare le barriere del nostro 'io' e dei nostri problemi e aprirci alle necessità e alle sofferenze degli altri. La preghiera di Gesù morente sulla Croce ci insegni a pregare con amore per tanti fratelli e sorelle che sentono il peso della vita quotidiana, che vivono momenti difficili, che sono nel dolore, che non hanno una parola di conforto, preghiamo tutto questo al cuore di Dio perché anch’essi possano sentire l’amore di Dio che non ci abbandona mai”.
Congedandosi dai pellegrini giunti in Aula Paolo VI, il Pontefice ha salutato tra gli altri i padri Stimmatini che celebrano il 36° Capitolo Generale e religiose, insegnanti e studenti dell’Istituto “San Francesco di Sales” di Roma, con i sacerdoti che partecipano alla settimana di studio promossa dall’Ateneo della Santa Croce sul tema del ministero pastorale della direzione nei Seminari. Tra i presenti, anche una colorata delegazione in maschera del Coordinamento del Carnevale Veronese.
Leggi tutto...