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Da: Radio Vaticana
La situazione in Siria resta drammatica: così il Papa ha deciso di inviare, tramite il Pontificio Consiglio Cor Unum, 100mila dollari per l’azione caritativa della Chiesa locale in favore della popolazione stremata dalle violenze. Il segretario di Cor Unum, mons. Dal Toso, è già nel Paese per portare questo aiuto. Sono previsti incontri con Sua Beatitudine Gregorios III Laham, presidente dell’Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, e con altri rappresentanti della Chiesa locale. La Chiesa cattolica in Siria è attualmente impegnata attraverso i suoi organismi di carità in progetti di assistenza alla popolazione siriana, in particolare nell’area di Homs e di Aleppo. Un comunicato di Cor Unum sottolinea che “sono noti i ripetuti appelli del Santo Padre per la cessazione della violenza in Siria e perché si trovi una via per il dialogo e la riconciliazione tra le parti in conflitto, in vista della pace e del bene comune".
Intanto, il ministro degli Esteri siriano ha detto che il tentativo di far cadere il governo è fallito "una volta per sempre". Ma scontri sono in corso anche oggi a Damasco e in altre città con numerose vittime. Il ministro ha dovuto perciò precisare che il ritiro dell’esercito dalle città sarà definitivo solo quando ci sarà la pace. Da parte sua, l’inviato Onu Kofi Annan ha ammonito il governo siriano a rispettare l’accordo internazionale che prevede un cessate il fuoco immediato. Giancarlo La Vella ne ha parlato con ilpadre gesuita Paolo Dall’Oglio, fondatore del Monastero siriano di Deir Mar Musa:
R. – Credo che questo fragile accordo internazionale sia per ora l’unica ancora di salvezza offerta a questa società che con la Domenica delle Palme entra veramente in una ulteriore settimana di passione. Siamo in una condizione che sembra senza via di uscita. Eppure Kofi Annan è come una promessa di potercela fare. Moltissimi cristiani oggi in Siria sono impegnati con i loro vicini di casa musulmani a cercare di alleviare le enormi sofferenze di tante e tante famiglie. In questo senso l’annuncio del Papa di aver mandato aiuto concreto è certamente consolante. In questo momento nella società siriana si sta facendo moltissimo per alleviare le sofferenze, soprattutto delle centinaia di migliaia di persone che hanno dovuto lasciare le loro case ed è un punto di partenza concreto. Come fare a convincere lo Stato, la presidenza, il potere reale – che poi non è necessariamente e immediatamente il governo - ? In questo bisognerebbe avere un accordo internazionale molto concreto, molto solido e anche in grado di offrire le garanzie necessarie e sufficienti perché il terrore di perdere tutto e di perdersi, sia veramente attenuato, sia guarito, dando le garanzie necessarie che si possa uscire dalla situazione senza che una parte della popolazione siriana semplicemente ne faccia le spese per tutti.
D. – Di fronte alla posizione del regime di Damasco non c’è il rischio che la comunità internazionale opti per una soluzione di forza?
R. – Il mondo ha le sue gravi incoerenze e poi in modo incoerente deve anche trovare soluzioni per i problemi concreti nell’oggi in una logica che la Chiesa riconosce legittima di difesa utilizzando la forza in modo proporzionale. Purtroppo spesso la logica di difesa diventa una logica di attacco, quindi la Chiesa cattolica cerca veramente di dire: esploriamo tutte le soluzioni pacifiche prima di adottare soluzioni anche parzialmente più tragiche. Io avevo provato a dire: 50 mila accompagnatori pacifisti. E’ chiaro che è giusto il sogno di un monaco perché insisto sulla responsabilità: la non violenza internazionale senza responsabilità sul terreno è, a mio parere immorale, quindi certamente bisogna assumersi le responsabilità. Ci sono soluzioni intermedie che sono realtà di interposizione che garantiscono il cessate il fuoco. E Kofi Annan ha già ha proposto che bisogna trovare soluzioni Onu molto concrete per dividere i contendenti sul terreno al fine di offrire al processo politico vere occasioni di riuscire.
D. – Come sarà questa Settimana Santa e la Pasqua per i cristiani in Siria?
R. – Purtroppo i cristiani sono divisi tra loro. Ci sono due modi di guardare alla realtà. Uno è a partire dalle proprie paure, un altro è a partire dal desiderio evangelico di essere solidali con tutti. Io credo che la Pasqua, che riunisce tutti i figli di Abramo, cristiani, ebrei e musulmani, che sono i nostri vicini e che fanno festa con noi, tutti possiamo guardare a Gerusalemme con speranza. La speranza sia la più forte: una speranza abramitica costruita sulle promesse granitiche del Signore. (bf)
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Da: Radio Vaticana
Dopo una lunga trasferta aerea di oltre 10 ore, Benedetto XVI è rientrato questa mattina a Roma da Cuba, da dove era partito ieri verso le 17, ora locale. Intense fino all'ultimo le parole dedicate dal Papa all'isola, anche al momento del congedo all'aeroporto de L'Avana. Poche ore prima, inoltre, il Pontefice si era intrattenuto a colloquio per circa mezz'ora anche con l'anziano leader cubano, Fidel Castro, all’interno della Nunziatura. La cronaca degli ultimi impegni di Benedetto XVI nel servizio del nostro inviato a L'Avana,Luca Collodi:
"Il Papa lascia l’isola sotto l’acqua, che “mancava ed era necessaria” ha detto nel suo saluto il presidente, Raúl Castro, ma con la speranza che la luce del Signore rafforzi l’anima cubana, i suoi valori più nobili, per fondare una società di ampi orizzonti, rinnovata e conciliata. Ma Benedetto XVI, per la prima volta in terra cubana, condanna l’embargo economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti all’isola:
“Situación que se ve agravada cuando medidas económicas restrictivas…
Situazione che risulta aggravata quando misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese pesano negativamente sulla popolazione (...) Continuerò a pregare ardentemente affinché continuate il vostro cammino e Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di serena fraternità".
Il rispetto e la cura della libertà che palpita nel cuore dell’uomo, ha proseguito il Papa nel suo discorso di congedo da Cuba, è imprescindibile per rispondere alle esigenze fondamentali della sua dignità e costruire così una società nella quale ciascuno si senta protagonista del futuro della propria vita, della propria famiglia e patria:
“La hora presente reclama de forma apremiante que en la convivencia…
L’ora presente reclama in modo urgente che, nella convivenza umana , nazionale e internazionale, si eliminino posizioni inamovibili ed i punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l’intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione”.
Serve un dialogo paziente e sincero per cercare i punti che uniscono tutti, tramite una volontà sincera di ascolto per rinnovare in modo autentico, con il Vangelo, la vita personale e sociale.
In precedenza, all’ora di pranzo, l’incontro con il comandante Fidel Castro, nella nunziatura a L’Avana. L’ex leader cubano, oggi impegnato a scrivere libri, ha espresso al Papa la sua gioia per la Beatificazione di Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II, due amici del popolo cubano che Castro ha conosciuto. Padre Federico Lombardi era presente all’incontro:
“Il comandante Fidel desiderava molto incontrare il Santo Padre per porgli diverse domande, tra queste alcune riguardavano la Chiesa e il servizio del Santo Padre, altre più in generale la situazione dell’umanità oggi: le sue sfide, le difficoltà che la scienza ha di dare le risposte che l’umanità attende, i problemi del dialogo interreligioso”.
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Da: Radio Vaticana
Benedetto XVI ha incontrato ieri al Palazzo della Rivoluzione a L’Avana il presidente cubano Raul Castro. La Chiesa cattolica ha rilanciato l'azione sociale che svolge nel Paese e si propone come interlocutore privilegiato, offrendo collaborazione sulla strada dei cambiamenti. Al termine dell’incontro, durato oltre 45 minuti, lo scambio dei doni. Il presidente Castro ha regalato al Papa una riproduzione in bronzo della Madonna del Cobre. Il Pontefice ha ricambiato con un facsimile della quattrocentesca ''Geographia''di Tolomeo. Da L’Avana, il nostro inviato Luca Collodi:
Benedetto XVI e Raúl Castro si sono incontrati ieri sera a L’Avana nel palazzo della Rivoluzione, sede del Comitato centrale del Partito comunista. E’ stato un colloquio “ lungo, cordiale e sereno”, ha spiegato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, sui temi della condizione del popolo cubano, “comprese tematiche di carattere umanitario”, e sulle attese della Chiesa al servizio del bene comune. Il Papa ha inoltre fatto una richiesta molto specifica che è quella della festività del Venerdì Santo.
In questi giorni, sono molte le occasioni in cui il Papa e Castro hanno espresso il loro pensiero in tema religioso e sociale. Benedetto XVI ha salutato i cambiamenti in corso a Cuba. Ha offerto collaborazione, ma chiesto passi avanti nel rapporto tra Stato e Chiesa. “Quando Dio è estromesso”, ha ricordato nella Messa per il 400.mo anniversario della Vergine della Carità, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo. Non è mancata la difesa della “famiglia fondata sul matrimonio” e la promessa di “portare nel cuore le preoccupazioni di tutti i cubani, tra cui i detenuti e i loro familiari”. Sul volo verso il Messico, il Papa aveva definito il socialismo “un’ideologia che non risponde più alla realtà”. Raúl Castro, sottolineando i “buoni rapporti” con la Santa Sede, ha criticato la politica americana nei confronti di Cuba. “La nazione più potente che abbia mai conosciuto la storia, ha cercato senza riuscirci di togliere la libertà al popolo cubano”, ha sottolineato il presidente cubano, ricordando l’embargo economico e finanziario imposto decenni fa al Paese dagli Stati Uniti. Prima di lasciare Santiago, nel pomeriggio di ieri, il Papa si è raccolto in preghiera nel Santuario del Cobre, luogo simbolo del cattolicesimo cubano, affidando il futuro del Paese alla Vergine perché avanzi nel cammino di rinnovamento e di speranza”:
“Ho pregato la Vergine Santissima anche per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care o vivono gravi momenti di difficoltà. Ho posto, allo stesso tempo, nel suo Cuore Immacolato i giovani, affinché siano autentici amici di Cristo e non cedano alle proposte che lasciano tristezza dietro di sé”.
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Da: Radio Vaticana
Benedetto XVI arriva stasera a Cuba 14 anni dopo la storica visita di Giovanni Paolo II che contribuì a inaugurare una fase di collaborazione e fiducia nei rapporti tra Stato e Chiesa nell’isola, in particolare sul ruolo pubblico della religione nella società. Nel 400.mo anniversario della scoperta dell’immagine della Vergine della Carità, il Papa visita Cuba come Pellegrino della carità per affidare la libertà e la riconciliazione del popolo cubano alla protezione della Patrona dell’isola, al termine di un pellegrinaggio che ha portato l’immagine della Madonna in tutti i Paesi delle diocesi cubane. Da L’Avana, ci riferisce il nostro inviato, Luca Collodi:
Formare i cubani a un’economia libera ma anche responsabile e giusta. In un momento di crisi economica e dell’ideologia socialista, seguita alla caduta dell’Unione Sovietica, la Chiesa locale si caratterizza come luogo di valori, alla ricerca di fraternità e speranza per il popolo cubano. Si punta a migliorare la situazione dell’isola attraverso il dialogo tra Chiesa e Stato, escludendo pressioni o interventi esterni e ricorrendo solo all’impegno dei cubani per “dar vita ad una società più giusta”. In questa particolare situazione storica per l’isola, con una graduale apertura all’iniziativa privata in campo agricolo e dei servizi e dove la Chiesa svolge un servizio di formazione ai valori per il bene comune del Paese, un Papa torna per la seconda volta nella Repubblica cubana dopo la visita di Giovanni Paolo II nel gennaio del 1998.
Benedetto XVI arriverà stasera a Santiago come pellegrino della carità per il IV centenario della scoperta dell’immagine della Vergine della Carità del Cobre, la Vergine pellegrina patrona di Cuba. Per seguire il Papa sono accreditati circa 800 giornalisti di 295 mezzi di comunicazione provenienti da 33 Paesi. Duecentomila persone sono attese alla celebrazione di Santiago, mentre le previsioni parlano di almeno 700 mila persone per la Messa nella piazza della Rivoluzione a L’Avana. Celebrazione alla quale parteciperanno, secondo quanto annunciato dal governo, anche molti non credenti in segno di saluto e rispetto per Benedetto XVI. Almeno 400 cattolici sono attesi dalla Florida, con un pellegrinaggio promosso dal vescovo di Miami. L'Avana ha però denunciato su Granma, l'organo ufficiale del comitato centrale del partito comunista cubano, la messa in moto di una campagna organizzata da gruppi controrivoluzionari radicati negli Stati Uniti per generare provocazioni durante la visita del Papa. Sul tema del dialogo tra Chiesa e Stato a Cuba, alla vigilia dell’arrivo di Benedetto XVI, padre Yosvany Cardajal Sureda, del centro culturale “Felix Varela” a L’Avana:
“Abbiamo bisogno di accompagnare questo dialogo, questo cammino, dove tutti i cubani possano incontrarsi. Questo portare pazienza, come diceva il Santo Padre all’arrivo in Messico, richiede molta pazienza ma anche molto coraggio per approfondire e continuare questo dialogo. Mai lo scontro tra i diversi gruppi. Mai una guerra interna. Mai: sempre il dialogo”.
A poche ore dall'arrivo di Benedetto XVI, dunque, il nostro inviato a Cuba, Luca Collodi, ha registrato il fermento che sta vivendo l'Avana, attraverso le parole del cancelliere dell'arcidiocesi, mons. Ràmon Suàrez Polcari, il quale descrive le particolarità della Piazza della Rivoluzione, dove dopodomani il Papa presiederà la Messa:
R. - Aspettiamo una partecipazione di 700 mila persone, cattolici ma non solo, tutto il popolo religioso e quello non religioso. E’, nel suo insieme, un popolo che penso abbia bisogno di speranza e sviluppo. Il governo ha lavorato con noi con molta disponibilità.
D. – Sono attesi anche cristiani cattolici dalla Florida…
R. – Sì, certamente. Ma non soltanto dalla Florida: anche da New York, Boston, Washington, Porto Rico, Messico...
D. – L’altare dove il Papa celebrerà la Santa Messa è molto semplice…
R. – Sì, semplice. E' la casa antica dell’Havana e il seggio papale e la cattedra del vescovo del XIX secolo. (cp)
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Da: Radio Vaticana
La seconda giornata del Papa in Messico è cominciata con la Messa in privato a León, nel Collegio Santisima Virgen de Miraflores, residenza pontificia, alla quale hanno partecipato una trentina di suore dell’istituto. A conclusione della giornata, nella quale Benedetto XVI ha ricevuto le chiavi delle città di León e Guanajuato, il caloroso incontro con i bambini proprio a Guanajuato: il Santo Padre, dopo il colloquio col presidente messicano Felipe Calderon, si è infatti affacciato al balcone del Palazzo "Casa del Conde Rul", sulla Plaza de la Paz. Ci riferisce il nostro inviato, Giancarlo La Vella:
(canti e saluti dei bambini al Papa)
Una carezza ai piccoli amici messicani, un saluto che è un forte segno di speranza, un abbraccio del Papa al Messico di domani. L’incontro del Pontefice con i bambini a Guanajuato porta con sé questi significati, in un Paese dove sono proprio i minori – ha detto il Papa, più volte interrotto dagli applausi dei ragazzi – a portare il peso della sofferenza, dell’abbandono, della violenza e della fame causata dalla siccità di questi ultimi mesi. Ma anche di fronte alle difficoltà – ha affermato il Santo Padre – bisogna lasciare entrare in noi l’amore di Cristo. Egli conosce chi lo ama. Questa è l’unica forza che cambia il nostro cuore e il mondo. Ognuno sia seminatore e messaggero di quella pace per la quale Cristo donò la sua vita.
“El discipulo de Jesus…”
“Il discepolo di Gesù non risponde al male con il male, bensì è sempre strumento del bene, araldo del perdono, portatore di allegria, servitore dell’unità. Gesù vuole scrivere in ognuna delle vostre vite una storia di amicizia. Abbiatelo, allora, come il migliore dei vostri amici”.
Ciascuno di voi – ha detto ancora Benedetto XVI – è un regalo di Dio per il Messico e per il mondo. Famiglia, Chiesa, scuola, società devono lavorare unite, affinché voi possiate avere un mondo migliore, senza invidie e divisioni.
“Por ello, deseo elevar…”
“Per questo, desidero levare la mia voce invitando tutti a proteggere e accudire i bambini, perché mai si spenga il loro sorriso, possano vivere in pace e guardare al futuro con fiducia”.
Infine, l’auspicio del Papa: “Pregate per tutti, pregate per me. Io pregherò per voi, affinché il Messico sia un focolare nel quale tutti i suoi figli vivano in serenità e armonia.
(applausi e saluti dei bambini)
Un simbolico volo di colombe bianche ha concluso l’incontro, nel quale il Papa, prima della Messa al parco del Bicentenario, ha invitato tutto il Messico, attraverso i suoi figli più piccoli, a guardare con fiducia ad un futuro di pace e fratellanza vere.
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Da: Radio Vaticana
E’ iniziata, in un clima di gioia e di affetto, la visita apostolica di Benedetto XVI in Messico. Il Papa è arrivato ieri pomeriggio, ora locale, all’aeroporto di León-Guanajuato, dove si è svolta la cerimonia di benvenuto alla presenza del presidente federale, Felipe Calderón e delle altre autorità civili e religiose. Il servizio da León del nostro inviato Giancarlo La Vella:
Il Papa e il Messico, un rapporto di reciproco amore, nato con Giovanni Paolo II e proseguito con Benedetto XVI. “Sei il nostro fratello messicano”. Questo il primo saluto rivolto al Papa dai tanti fedeli che lo hanno accolto all’aeroporto. E il Santo Padre nel suo discorso ha subito ricambiato il gradito moto d’affetto. Visibilmente sereno e sorridente, il Pontefice ha detto di essere felice di questo viaggio da tempo desiderato nel profondo del suo cuore, per poter confermare nella fede il popolo di Dio di questa grande nazione. Un desiderio, già espresso ma non realizzato – ha detto il Papa – anche dal suo predecessore il Beato Giovanni Paolo II. Dopo aver ricordato il bicentenario dell’indipendenza messicana, uno dei motivi della visita, e Nostra Signora di Guadalupe, patrona del Paese, Bendetto XVI è entrato nel vivo delle motivazioni della sua presenza in Messico:
“Vengo como peregrino de la fe, de la esperanza y de la caridad…”
“Giungo come pellegrino della fede, della speranza e della carità – ha detto il Papa –. Desidero confermare nella fede i credenti in Cristo, consolidarli in essa e incoraggiarli a rivitalizzarla con l’ascolto della Parola di Dio, i Sacramenti e la coerenza di vita”.
Un obiettivo questo, ha continuato il Papa, riallacciandosi alla “missione continentale” lanciata nel 2007 ad Aparecida insieme con i vescovi latino-americani, che può essere raggiunto condividendo la fede stessa con gli altri, con l’essere missionari tra i propri fratelli ed essere fermento nella società, contribuendo a una convivenza rispettosa e pacifica, basata sulla incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare. Questa dignità – ha detto ancora – si manifesta in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino significato e nella sua piena integrità.
Ed è la speranza, in particolare, che cambia realmente l’esistenza concreta di ciascuno. Essa – ha sottolineato il Papa – se radicata in un popolo e condivisa, si diffonde come la luce che disperde le tenebre che offuscano e attanagliano:
“Este país, este Continente, está llamado a vivir la esperanza en Dios…”
“Questo Paese, questo Continente, sono chiamati a vivere la speranza in Dio come una convinzione profonda, trasformandola in un atteggiamento del cuore e in un impegno concreto a camminare uniti verso un mondo migliore. Continuate ad avanzare sena scoraggiarvi nella costruzione di una società fondata sullo sviluppo del bene, il trionfo dell’amore e la diffusione della giustizia”.
Ma è anche la carità – ha continuato il Papa – la chiave di volta alla quale il credente e la Chiesa devono ispirare la propria missione. La fame, la malattia, il bisogno devono far scattare questo senso di sincera solidarietà fraterna che deve essere rivolta verso chiunque…
“Nadie queda excluido por su origen o creencias…”
“Nessuno rimane escluso per la sua origine o le sue convinzioni da questa missione della Chiesa, che non entra in competizione con altre iniziative private o pubbliche, anzi, essa collabora volentieri con coloro che perseguono questi stessi fini. Tantomeno pretende altra cosa che non sia fare del bene, in maniera disinteressata e rispettosa, al bisognoso, a chi, molte volte, manca più di tutto proprio di una prova di amore autentico”.
Parole significative, dunque, quelle del Papa, rivolte ad un popolo che ha sofferto e che soffre – come aveva sottolineato nel suo saluto al Pontefice il presidente Calderón – per la crisi economica, per la violenza messa in atto dalla delinquenza comune e del crimine organizzato, per le catastrofi naturali. Ma è proprio la speranza, la solidarietà, la presenza di valori come la famiglia, la libertà, la democrazia e la pace, uniti alla proverbiale allegria del popolo messicano, che possono consentire la prosecuzione su un cammino di autentico sviluppo umano.
Infine, per Benedetto XVI il bagno di folla festante - moltissimi i giovani - che, senza soluzione di continuità, lo ha accompagnato nel trasferimento in papamobile dall’aeroporto di León-Guanajuato sino alla residenza pontificia del Collegio Santisima Virgen de Miraflores. Trentaquattro chilometri di reciproco affetto per riconoscere nel Successore di Pietro una guida spirituale essenziale. Da León, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.
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Da: Radio Vaticana
Guanajuato, León e Silao sono le città messicane che da oggi vedranno la presenza del Papa fino al pomeriggio, ora locale, di lunedì prossimo, quando Benedetto XVI partirà alla volta di Cuba. Migliaia di persone stanno convergendo da tutto il Messico verso queste due località, dove fervono gli ultimi preparativi e dove cresce l'attenzione mediatica internazionale. Da León, il racconto del nostro inviato, Giancarlo La Vella:
Cinquecentomila pellegrini, duemila giornalisti di 500 testate di tutto il mondo, per stampa, radio, televisioni e web. E ancora: 15 mila invitati speciali per la messa al Parco del Bicentenario di domenica prossima, quattro unità sanitarie d’emergenza, con 10 ambulanze e 40 posti letto ciascuna. Il tutto sotto il controllo di almeno tremila fra agenti della polizia federale e militari. Questi i numeri del viaggio del Papa, che inizierà ufficialmente tra alcune ore con il benvenuto delle autorità a Benedetto XVI. C’è già attesa per le prime parole che il Santo Padre rivolgerà, a sua volta, allo Stato di Guanajuato e a tutto il Messico, che per la sesta volta riceve la visita di un Papa. Dopo la cerimonia di saluto, Benedetto XVI si trasferirà nel Collegio della Santissima Vergine di Miraflores, un grande complesso scolastico gestito dalle Suore Serve della Santissima Eucarestia e della Madre di Dio, che sarà la residenza pontificia durante la permanenza del Santo Padre in Messico. E ieri, alla presenza delle autorità religiose e civili del Paese, l’inaugurazione della sala stampa, punto di riferimento per i giornalisti che seguiranno il viaggio. Un viaggio che avviene in Quaresima e si proietta verso la Pasqua di Resurrezione: un aspetto, questo, fortemente emblematico per il Messico di oggi. Sentiamo il nunzio apostolico nel Paese latino-americano, mons. Cristophe Pierre:
“Io penso che la Quaresima dica molto al popolo messicano ed è significativo che il Papa venga proprio alcuni giorni prima della Pasqua di Resurrezione. Certamente il Papa ci aiuterà a sperimentare la presenza di Cristo. La celebrazione principale sarà la Santa Messa, vicino alla Montagna del Cubilete, dove si incontra Cristo, Cristo Re, Cristo che apre le sue braccia per accoglierci. Il Papa è un missionario di Cristo, di Cristo Resuscitato, di Cristo che ci ama”.
E per quanti vorranno seguire la visita del Papa sul web, già da diverse settimane è in funzione il sito ufficiale della visita apostolica, www.benedictomexico.mx, promosso dalla locale Conferenza episcopale. Oltre alla biografia del Papa, il sito presenta i dettagli della visita papale corredati da foto dei luoghi, dall’itinerario, dal programma generale, i discorsi e le celebrazioni. Proprio attraverso questo sito, è stato possibile raccogliere l’adesione dei tanti giovani che prestano la loro opera di volontariato in questi giorni.
Tra circa dieci ore, dunque – quando in Messico saranno le 16.30, le 23.30 in Italia – Benedetto XVI atterrerà all’aeroporto di León. Quella messicana è una società che oggi si sta molto impegnando per risolvere gravi problemi sociali e le ricadute della crisi economica globale. Il nostro inviato in Messico, Giancarlo La Vella, ne ha parlato con il cardinale Xavier Lozano Barragan, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, al seguito del Papa in questa visita apostolica:
R. – Lo spirito nella profondità e nell’unità è la fortezza che il Papa ci infonde, l’unità è nel Signore. Ci dà poi la fortezza per andare sempre avanti. Questa è la funzione del Papa.
D. – Il popolo messicano come vive valori importanti, ad esempio la difesa della vita?
R. – Prima di tutto dobbiamo dire che lo scopo del Papa, andando lì, si estende a tutta l’America Latina, non soltanto al popolo messicano, perché lui va specificatamente per celebrare il bicentenario dell’indipendenza di tutti i nostri popoli – 22 nazioni – e va per confermarci nella nostra identità e aprirci verso il futuro. Certamente, poi, si basa sulla dignità della persona umana, anche sulla difesa della vita, ma prima di tutto si basa su quello che il Signore Gesù è per noi tutti: la radice della nostra unità e fortezza, della quale è rappresentante, come successore di San Pietro, Benedetto XVI.
D. – Il Messico è un Paese con alcuni problemi sociali, ma con una grande fede. Ecco, come si coniugano questi due aspetti?
R. – Riguardo ai problemi sociali, non sono minori di quelli che hanno in Europa con la crisi, ma sotto l’aspetto economico, la nostra crescita, nel 2011, è stata del 2,5%, cosa che non è successa in nessun Paese in Europa. Parlare allora dei problemi sociali come di un qualcosa di specifico del Messico è un errore. Quello che abbiamo sono le mafie del narcotraffico di tutto il mondo, che si concentrano adesso in Messico, avendo 3500 chilometri di frontiera con gli Stati Uniti: ci sono 20 milioni di consumatori di droga e i principali boss della droga di tutto il mondo con i quali, disgraziatamente, prospera anche il traffico di armi. Questo è un problema molto serio, come pure il riciclaggio di denaro che si fa negli Stati Uniti e il traffico di persone. Tutto questo è contro la vita della persona umana, contro la stessa sovranità nazionale e penso che, in occasione della visita del Papa, si debbano rivedere a fondo questi nostri rapporti internazionali, per restare proprio sulla scia della vita.
D. – Il Papa porterà sicuramente anche un messaggio d’amore...
R. – Sì, certamente. Il Papa fa un viaggio pastorale, cioè un viaggio in nome del Signore Gesù, al di là degli interessi economici o politici di qualsiasi nazione. Il Papa va per confermarci nella fede del Signore, come un incontro con il Signore Gesù, che ci fa tutti fratelli e perciò ci parla dell’amore effettivo, non soltanto fatto di parole, ma effettivo, che abbraccia l’economia, la politica, la cultura: tutto, davvero tutto. (ap)
In sintonia con le convinzioni del cardinale Barragan è la comunità cattolica del Messico, che non nasconde la speranza che la presenza di Benedetto XVI porti a uno salto di qualità nella sfera dei rapporti tra Chiesa e Stato. Lo conferma padre Jorge Raul Villegas Chavez, portavoce dell'arcidiocesi di León, intervistato da Giancarlo La Vella:
R. - Noi auspichiamo che, una volta terminata la visita del Papa, rimanga la speranza. Siamo un popolo che ha bisogno di speranza. Noi abbiamo diversi problemi legati allo sviluppo del nostro Paese: ci sono molte difficoltà politiche, economiche e di carattere religioso. Le difficoltà legate alla libertà religiosa sono tema difficile da affrontare. Speriamo che dopo la visita del Papa, ci siano degli sviluppi positivi che portino a una maggiore chiarezza nel rapporto tra governo e la Chiesa riguardo la libertà religiosa. Noi abbiamo necessità di un’autentica libertà religiosa.
D. - Una visita questa di Benedetto XVI che avviene in vista della Pasqua. Anche questo è un aspetto molto simbolico: la resurrezione che il popolo messicano anela da tempo...
R. - E' una visita che implica senso di dono da cui aspettiamo la resurrezione. Dopo la visita, il Messico dovrebbe resuscitare.
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Da: Radio Vaticana
Anche la Chiesa cubana conta i giorni che la separano dall'arrivo di Benedetto XVI, lunedì prossimo. Il Papa visiterà la comunità di Santiago di Cuba e de L'Avana e celebrerà con loro in modo solenne il 400.mo anniversario del ritrovamento della statuetta della Virgen de la Caridad del Cobre, Patrona dell'Isola caraibica. Sulla vita della Chiesa a Cuba, Luca Collodi ha intervistato padre Ariel Suarez, vicerettore seminario arcidiocesano San Carlos y San Ambrosio a L’Avana, tornato a formare sacerdoti dopo 50 anni di assenza:
R. – Non è giusto dire che il seminario sia tornato a formare sacerdoti: non è stata mai interrotta la formazione sacerdotale in questi ultimi 50 anni della storia di Cuba. C’è stato sempre il seminario a L’Avana e ci sono sempre stati i seminaristi. La novità consiste nel fatto che abbiamo una nuova sede da novembre 2010. Il vecchio seminario è diventato un centro culturale per la formazione dei laici e si trova al centro de L’Avana vecchia. Nel gennaio del 1998, lo stesso Giovanni Paolo II aveva benedetto la prima pietra della nuova sede del seminario e abbiamo ormai un posto meraviglioso, in mezzo alla campagna, a 20 minuti dalla cattedrale in macchina, che fornisce condizioni qualitativamente migliori per lo studio, per la preghiera, per la vita fraterna e per la pratica dello sport.
D. – Come prosegue la formazione intellettuale e spirituale dei futuri sacerdoti cubani?
R. – Il nostro seminario, a livello di formazione intellettuale, si è visto particolarmente arricchito con il fatto che dal 2005 collaboriamo con la facoltà di Teologia dell’Università Gregoriana di Roma. Come risultato di questo fruttuoso rapporto, alcuni nostri studenti, dopo aver finito i loro studi a L’Avana, vanno a Roma per la licenza e tornano dopo la laurea per insegnare in seminario, contribuendo a migliorare la qualità dell’insegnamento ai seminaristi. Una cosa significativa che posso aggiungere è che per la visita di Benedetto XVI stiamo approfondendo ogni lunedì di Quaresima un testo del Santo Padre, rivolto ai seminaristi: sia la lettera che ha indirizzato ai seminaristi del mondo intero nell’ottobre del 2010, che altri discorsi ed omelie, come quella ai seminaristi di Friburgo, in Germania, e quello pronunciato in occasione della Giornata mondiale della Gioventù di Madrid.
D. – Che tipo di vocazioni nascono a Cuba?
R. – Le vocazioni sia maschili che femminili provengono fondamentalmente dalle parrocchie. Dove c’è una parrocchia viva, allegra, dove si respira entusiasmo, dove c’è una parrocchia centrata sul Signore, dove c’è vita di preghiera, carità verso i bisognosi e missione, lì in genere nascono le vocazioni. Dietro a tutto questo, c’è di solito la figura di un prete o di una suora. In questo momento, abbiamo nel seminario sia giovani che dopo il liceo hanno deciso di seguire il Signore nel sacerdozio, ma anche tanti laureati universitari che hanno scoperto la chiamata dopo anni di studi e altri che provengono dal mondo del lavoro.
D. – Nella realtà cubana, quanto conta la formazione umana dei sacerdoti ?
R. – La ringrazio per questa domanda, perché forse ho dimenticato di dire in precedenza che la maggioranza delle vocazioni a Cuba sono di giovani che non hanno dietro una famiglia cristiana. Molti di loro hanno conosciuto Gesù e la Chiesa nell’adolescenza o nei primi anni di gioventù, il che vuol dire che si sono convertiti da grandi. In linea di massima, un convertito ha tutto l’ardore e l’entusiasmo di chi si apre al Vangelo e lo scopre come un tesoro, ma contemporaneamente ha tutta la fragilità di chi ha radici piccole e deve maturare con il passare del tempo. In questo senso, la formazione umana è più che mai necessaria. Tentiamo di offrire ai seminaristi il contributo psicologico imprescindibile per poter accettare la propria storia e verificare se saranno in grado di vivere gli impegni tipici di un sacerdote, che includono ovviamente il celibato, ma soprattutto la capacità di donarsi ai fratelli semplicemente, con umiltà e povertà: così come vivono i preti a Cuba, senza grande riconoscimento sociale, con poco rilievo riguardo ad altre forme di vita, con poche risorse.
D. – E' così difficile fare il prete a Cuba?
R. – Devo dire che la parrocchia, in questi ultimi 50 anni, è stata veramente il cuore della vita ecclesiale cubana. Pensate che la nostra Chiesa non ha scuole, università, accesso ai mass media. Nonostante ciò, con fatica e sofferenza, si è inserita in nuovi ambiti. Una parrocchia in città non è uguale ad una parrocchia in campagna, e una parrocchia gestita da religiosi o da un prete diocesano non sono uguali. C’è sempre una grande varietà e una grande ricchezza. Troviamo un’incredibile creatività: la mensa parrocchiale per i poveri, le ripetizioni ai ragazzi che devono fare l’esame per l’ingresso all’università, corsi di lingue e di informatica, progetti per autistici o bambini con sindrome di down e così via. Riguardo alla missione vorrei dire che in tanti posti dell’isola, soprattutto in campagna, dove non c’è la struttura della Chiesa, lì si è creata da più di 20 anni un’esperienza che noi chiamiamo “la casa di missione”: un laico apre le porte, i locali della sua casa, per la preghiera, la catechesi, la lettura e la meditazione della Bibbia. Il parroco più vicino celebra ogni tanto i sacramenti, ma abitualmente sono i laici, o alcune suore, i responsabili del lavoro nella casa di missione.
D. – Padre Suarez, questo significa che mancano i preti?
R. – Il lavoro del parroco è troppo grande, troppo faticoso. Siamo il Paese dell’America Latina con meno sacerdoti per abitanti e questo vuol dire che un sacerdote a Cuba può essere contemporaneamente parroco di tre, quattro, sei o sette comunità. In zone di campagna, questo significa anche percorrere tanti chilometri di strada, per la lontananza. Tenere tutti questi movimenti, gruppi, in ogni comunità, è una grande fatica, che si fa ovviamente in collaborazione con i laici, con le suore, con questa esperienza di famiglia che noi abbiamo tanto a cuore, perché è stata l’esperienza vissuta dalla nostra Chiesa in tutti questi anni.
D. – Che sfide attendono la Chiesa cubana, alla vigilia dell’anno dedicato alla fede?
R. – L’evangelizzazione sarà la priorità della Chiesa di Cuba, perché il pellegrinaggio fatto con la statua della Madonna della Carità ci ha dimostrato che il popolo cubano è religioso, ama la Madonna e vuole pregare e incontrare Dio. Nel nostro popolo c’è una grande ignoranza a livello di fede e tanti nostri atteggiamenti e comportamenti, come popolo, non hanno il volto della fede. Voglio sottolineare che l’evangelizzazione significherà uscire dalle chiese e andare a cercare la gente. Dobbiamo convertirci a questa nuova presenza: bisogna andare incontro alla gente. Il Papa lo fa con i suoi 84 anni e ci ha parlato anche del Cortile dei Gentili. Trovo che sia un dono della Provvidenza l’Anno della Fede a cui ci ha convocato, e siccome vuole iniziarlo con un Sinodo dei vescovi che rifletterà sulla nuova evangelizzazione, ho la speranza, e la sento come un appello di Dio a tutta la Chiesa, che si intraprenda una nuova evangelizzazione. (ap)
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Da: Radio Vaticana
Per Benedetto XVI oggi è l'antivigilia del lungo volo che venerdì lo condurrà fino in Messico, prima nazione a essere visitata nel corso del suo 23.mo viaggio apostolico internazionale. In particolare, il Papa si recherà nelle città di Leon e Guanajuato, località in grande fermento per gli ultmi preparativi in vista dell'arrivo del Pontefice. Il nostro inviato a Leon, Giancarlo La Vella, ha chiesto a mons. Carlos Aguiar Retes, presidente della Conferenza Episcopale del Messico e presidente del Celam – la Conferenza dei vescovi dei Paesi latino-americani – quali aspettative nutra la comunità messica per la visita del Papa:
R. – Es una expectativa de grande esperanza…
E’ un’aspettativa di grande speranza. La comunità messicana, e in particolare la comunità cattolica del Paese, sta mettendo nella preparazione di questa visita la parte migliore di se stessa. Le diocesi, con le 91 circoscrizioni ecclesiali esistenti, stanno realizzando un lavoro di base nelle parrocchie, affinché tutti, compresi i milioni di cattolici che non potranno essere fisicamente presenti in Guanajuato, possano ugualmente seguire tutti gli eventi, che saranno comunque trasmessi in diretta televisiva e seguiti dai media messicani. Il desiderio è che tutti possano sentire la vicinanza con il Santo Padre: che possano vivere ciò che vivranno le 300 mila persone presumibilmente presenti alla celebrazione dell’Eucaristia e possano percepire la stessa grande emozione nell'ascoltare la parola di grande respiro, che attendiamo dal Santo Padre.
D. – Che cosa aspettate dalle parole del Santo Padre?
R. – En primer lugar, para nosotros ya es una grande alegría la sola presencia…
Prima di tutto, per noi è già una grande gioia la presenza in sé del Papa, perché lui ci porta un messaggio grande di comunione: il desiderio di condividere con noi la situazione che viviamo. In particolare, però, speriamo che la sua parola – che si è sempre caratterizzata per una grande profondità ed è sempre molto adeguata ai momenti e ai contesti differenti di vita, sulla base della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa – ci aiuti e ci incoraggi a mantenere sempre alto il nostro entusiasmo, affinché il lavoro ecclesiale iniziato con la Missione continentale sia condotto sempre in prospettiva e a sostegno dei problemi che viviamo nel nostro Paese.
D. – In Messico è ancora viva l’emozione per i cinque viaggi effettuati dal predecessore di Benedetto XVI, il Beato Giovanni Paolo II. Che ricordo ha di quelle visite?
R. – El Santo Padre Juan Pablo II, primer Papa que visitó nuestro País…
Il Santo Padre Giovanni Paolo II, il primo Papa che ha visitato il nostro Paese, ha sentito immediatamente, sin dal suo primo viaggio, la grande emozione nel vedere quanto la figura del Successore di Pietro sia amata in Messico. Anche ai tempi dei Papi precedenti, come Paolo VI, Giovanni XXIII, Pio XII, Pio XI, quando il Messico viveva gravi difficoltà dovute al conflitto religioso, la figura del Pontefice è stata sempre un elemento importantissimo nella vita ecclesiale del Paese. Per questo, con Giovanni Paolo II scattò rapidamente una grande empatia, una grande relazione con colui che rappresenta la Chiesa di Cristo. Questo affetto, che si è manifestano apertamente con Karol Wojtyla, sarà senza alcun dubbio espresso anche nei confronti di Benedetto XVI: questo perché è un sentimento che riguarda la figura del Papa in sé, la figura stessa dell’istituzione del ministero pontificio. L’identità personale, poi, arricchisce e alimenta la conoscenza storica dei diversi Pontefice che si sono avvicendati nell’arco del XX e del XXI secolo nella conduzione della Chiesa, nel cammino che il Padre Nostro vuole indicarci. Tutto questo il popolo messicano lo sente molto e noi pastori possiamo verificarlo nei colloqui, nei momenti di incontro con le comunità ecclesiali… E’ molto forte l’emozione, via via che si avvicina il momento dell’incontro con il Santo Padre Benedetto XVI.
D. – Questa è un’epoca difficile un po’ in tutto il mondo, sia a livello economico che sociale e politico. Che Paese è oggi il Messico che accoglierà Benedetto XVI?
R. – Un país, como lo ha dicho usted, en medio de problemas…
Un Paese, come lei stesso ha detto, che si trova a vivere problemi che mai aveva vissuto; che si trova ad affrontare situazioni particolarmente complesse, che non vedono una soluzione immediata. Ma noi sappiamo, proprio grazie alla nostra fede, che in questa situazione si cresce e si matura come discepoli di Cristo. Questa è la fiducia che ha la Chiesa cattolica messicana, la quale affronta ogni evento con speranza. Per questo confidiamo e speriamo, con tutti noi stessi, che la presenza del Santo Padre ci infonda un grande entusiasmo e una grande gioia, nonostante tutte le nostre difficoltà che stiamo vivendo.
D. – Lei è anche il presidente del Celam, la Conferenza episcopale dei Paesi latinoamericani: questo viaggio del Papa in Messico e Cuba è un evento per l’intera comunità latinoamericana?
R. – Sì. Efectivamente el viaje del Papa a México y Cuba no es solamente…
Sì ed effettivamente il viaggio del Papa in Messico e a Cuba non è solamente una visita a questi due Paesi, ma sarà simbolicamente, attraverso loro, un abbraccio a tutti i Paesi dell’America Latina e del Caribe. La realtà che vive Cuba e la realtà che vive il Messico sono due espressioni ben distinte tra loro, ma tuttavia rappresentano le diverse situazioni della maggior parte dei Paesi dell’America Latina. Il Papa stesso ha chiesto che venissero invitati – e questo lo abbiamo fatto come Celam – i rappresentanti delle Conferenze episcopali del continente e del Caribe: in Messico saranno presenti praticamente tutte le Conferenze episcopali americane, dal Canada all’Argentina, mentre a Cuba vi sarà la maggior parte delle Conferenze episcopali del Caribe. In questo modo, la visita diventa un incontro che si prolunga, che si amplia. Sicuramente, molto di quanto ci dirà il Santo Padre ci sarà di aiuto e ci permetterà di orientarci nella situazione che vive ciascun Paese.
D. – Un’ultima domanda: quali parole pensa di rivolgere al Papa quando lo incontrerà?
R. – Yo considero que es muy importante que le diga…
Io credo che sia molto importante poter illustrare al Santo Padre qual è il lavoro che abbiamo fatto da Aparecida ad oggi, cioè da quello che è stato il nostro ultimo incontro, a livello di America Latina, con il Santo Padre, in occasione delle celebrazione della V Conferenza generale di Aparecida, in Brasile. Sono passati cinque anni e la Chiesa è in cammino: la Chiesa in tutti i Paesi – insieme con le Conferenze episcopali e con il riconoscimento del Celam – è in cammino e sta seguendo un itinerario in linea e in risposta alla missione continentale, che è stata proclamata ad Aparecida. Credo che questo sarà al centro del mio saluto e delle parole che rivolgerò al Santo Padre quando ci incontreremo nella Cattedrale di Leon, insieme con i vescovi del Messico e con ii rappresentanti di tutta l’America Latina. (mg)
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Da: Radio Vaticana
La Chiesa è oggi in festa per il Santo per eccellenza, Giuseppe, il padre putativo di Gesù. Innumerevoli sono i messaggi d’auguri di personaggi pubblici, come di semplici fedeli, giunti in queste ore a Benedetto XVI per il suo onomastico. Ma quale valore ha la figura di un Santo la cui discrezione e la cui umiltà appaiono quasi una provocazione per l’epoca attuale, tutta protesa alla massima visibilità garantita dalle reti sociali? Alessandro De Carolis offre una risposta attraverso il Magistero dedicato dal Papa allo sposo di Maria:
Amare la propria famiglia senza dire cose memorabili. Fare del bene ai propri amici senza farsi pubblicità. In una parola: esserci sempre senza apparire mai. Visto dall’esterno, decisamente un uomo “sbagliato”, San Giuseppe, per l’era dell’homo ipermediaticus. Un anti-personaggio, uno fuori dalla “rete” – quella per cui si "è" se si è “amici di” e “condivisi su” – e dunque uno che non conta. Visto dall’interno, il profilo “invisibile” di San Giuseppe è invece all’origine di un network fittissimo, che vanta ininterrottamente “amici” da duemila anni, che si aggiungono solo e non si cancellano: ovvero le migliaia di istituti, associazioni, gruppi che a lui – il Santo schivo, l’artigiano dell'umiltà – hanno voluto intitolare e affidare la propria opera. Lui fu il compagno fedele e amorevole della sua sposa – quello che ogni sposa vorrebbe accanto. Lui fu il padre affettuoso di un ragazzo figlio di una Paternità tanto più grande da poter essere servita con gioia, invece che subita con malanimo. Un aspetto sottolineato due anni fa da Benedetto XVI:
“Sant’Ambrogio commenta che ‘in Giuseppe ci fu l’amabilità e la figura del giusto, per rendere più degna la sua qualità di testimone’ (...) Pur avendo provato turbamento, Giuseppe agisce ‘come gli aveva ordinato l’angelo del Signore’, certo di compiere la cosa giusta”. (Angelus, 19 dicembre 2010)
Giuseppe di Nazaret è l’uomo che ha educato e cresciuto Dio. È l’esempio che il Dio incarnato ha avuto davanti per anni per capire cosa volesse dire essere un uomo, che usa per il bene il talento dell’intelligenza e rafforza ogni giorno il dono della fede:
“Così, nel ritmo delle giornate trascorse a Nazaret, tra la semplice casa e il laboratorio di Giuseppe, Gesù ha imparato ad alternare preghiera e lavoro, e ad offrire a Dio anche la fatica per guadagnare il pane necessario alla famiglia”. (Udienza generale, 28 dicembre 2010)
Ecco perché, commentò un paio d’anni fa il Papa, è nel silenzio pieno di azione e anima di San Giuseppe che si coglie da sempre un profilo dalla modernità inarrivabile. In lui, affermò…
“…si profila l’uomo nuovo, che guarda con fiducia e coraggio al futuro, non segue il proprio progetto, ma si affida totalmente all’infinita misericordia di Colui che avvera le profezie e apre il tempo della salvezza”. (Angelus, 19 dicembre 2010)
Ieri all’Angelus, come in altre occasioni, Benedetto XVI ha ringraziato in anticipo chi oggi vorrà dedicargli una preghiera nel giorno dell’onomastico. Da parte sua, il Papa non ha mai smesso di cercare la sua protezione. La protezione umile di un operaio per l’“umile operaio” che da sette anni regge la Vigna del Signore, come ha ripeté spontaneamente un anno fa al termine degli esercizi spirituali della Quaresima:
“Ci affidiamo, in questo momento, alla sua custodia; preghiamo perché ci aiuti nel nostro umile servizio; andiamo avanti con coraggio sotto questa protezione. (19 marzo 2011, discorso in chiusura degli Esercizi spirituali)
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Da: Radio Vaticana
All’Angelus in Piazza San Pietro, Benedetto XVI chiede ai fedeli di pregare per il suo viaggio apostolico in Messico e a Cuba, che avrà inizio venerdì prossimo. Il Papa non manca poi di esprimere la sua vicinanza alle famiglie dei bambini belgi morti in un incidente stradale in Svizzera nei giorni scorsi. Ancora, ricordando la prossima Giornata dell'Acqua, ha auspicato che venga garantito a tutti un accesso equo e sicuro a questa preziosa risorsa. Nella catechesi sul Vangelo domenicale, ha quindi ribadito che, soprattutto in Quaresima, è importante accostarsi al Sacramento della Riconciliazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Dal mio viaggio in Messico e a Cuba, ha detto Benedetto XVI salutando i pellegrini di lingua spagnola, nascano “abbondanti frutti di vita cristiana e di rinnovamento ecclesiale che contribuiscano ad un autentico progresso” dei popoli cubano e messicano. E in italiano, il Papa ha invitato i fedeli a pregare per questo importante avvenimento:
“Vi chiedo di pregare per il viaggio apostolico in Messico e Cuba, che compirò a partire da venerdì prossimo. Affidiamolo all’intercessione della Beata Vergine Maria, tanto amata e venerata in questi due Paesi che mi accingo a visitare”.
E una preghiera speciale il Papa l’ha rivolta per i familiari dei bambini belgi morti in un tragico incidente stradale in Svizzera, martedì scorso. Parlando in francese, il Pontefice ha assicurato la sua vicinanza a quanti sono stati colpiti da questo grande dolore. Commentando il passo del Vangelo domenicale, il Papa ha sottolineato che Gesù sa bene che il culmine della sua missione è la Croce, “vertice dell’amore, che ci dona la salvezza”. Ma, aggiunge, se è infinito l’amore misericordioso di Dio che dona “il suo unico Figlio in riscatto della nostra vita, grande è anche la nostra responsabilità”:
“Ciascuno, infatti, deve riconoscere di essere malato, per poter essere guarito; ciascuno deve confessare il proprio peccato, perché il perdono di Dio, già donato sulla Croce, possa avere effetto nel suo cuore e nella sua vita”.
A volte, ha osservato il Papa, “l’uomo ama più le tenebre che la luce, perché è attaccato ai suoi peccati”:
“Ma è solo aprendosi alla luce, è solo confessando sinceramente le proprie colpe a Dio, che si trova la vera pace e la vera gioia. E’ importante allora accostarsi con regolarità al Sacramento della Penitenza, in particolare in Quaresima, per ricevere il perdono del Signore e intensificare il nostro cammino di conversione”.
Dopo la riflessione sul Vangelo, il Papa ha rivolto un pensiero particolare al Forum di Marsiglia sull’Acqua e alla prossima Giornata mondiale dell’acqua, che quest'anno sottolinea il legame tra tale preziosa risorsa e la sicurezza alimentare:
“Auspico che queste iniziative contribuiscano a garantire per tutti un accesso equo, sicuro e adeguato all’acqua, promuovendo così i diritti alla vita e alla nutrizione di ogni essere umano e un uso responsabile e solidale dei beni della terra, a beneficio delle generazioni presenti e future”.
Né ha mancato di salutare i partecipanti al convegno in corso a Gniezno in Polonia. Tale evento, ha detto parlando in polacco, sia per l’Europa “memoria delle sue radici cristiane e della necessità di costruire una società civile fondandosi sui valori evangelici”. Salutando, poi, i pellegrini italiani ha rivolto una particolare attenzione a quanti si trovano in particolare difficoltà a causa della crisi economica:
“Saluto i lavoratori dell’Alcoa di Portovesme, assicurando ad essi e alle rispettive famiglie la mia preghiera e la mia vicinanza ed auspicando che la loro difficile situazione, come altre simili, possa avere un’adeguata soluzione”.
Infine, ricordando che domani la Chiesa celebra la festa di San Giuseppe, il ha ringraziato di cuore quanti avranno per lui “un ricordo nella preghiera” nel giorno del suo onomastico.
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Da: Radio Vaticana
Il Papa saluta e benedice l'Oftal, l’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes, per i suoi 80 anni di vita e nel centesimo anniversario del primo pellegrinaggio alla Grotta di Lourdes del fondatore, mons. Alessandro Rastelli. A portare il messaggio di Benedetto XVI è stato questa mattina il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, durante la Messa celebrata per l’occasione nella Basilica di San Pietro. Al rito hanno partecipato il presidente generale dell’Oftal, mons. Gian Paolo Angelino, i sacerdoti delegati vescovili e assistenti, i medici, gli infermieri, i barellieri, le dame e i malati.
Nel messaggio, Benedetto XVI ringrazia il Signore per quanto questa “realtà ecclesiale ha rappresentato in questi anni di fecondo apostolato”, per “le diverse iniziative volte a favorire tra la gente la devozione alla Vergine Immacolata, l’encomiabile accompagnamento e l’assistenza ai malati, gli opportuni momenti di formazione spirituale del personale, per sostenere la nobile missione di carità”. Auspica quindi che queste significative ricorrenze “incoraggino ciascuno a rendere una sempre più incisiva testimonianza cristiana, continuando a produrre frutti spirituali in fedeltà al carisma e alle finalità autentiche” dell’associazione, e “sempre in comunione con i vescovi e la Chiesa”. Il Papa, in particolare, saluta gli ammalati “con grande affetto” e sull’intera Oftal, imparte di cuore una speciale Benedizione Apostolica.
Nell’omelia, il cardinale Bertone ha sottolineato che l’Oftal “da ottant’anni si pone al servizio dei malati e del mondo della sofferenza”. “Nel vostro peregrinare tante volte a Lourdes – ha detto - e nella vostra consuetudine orante con la Vergine Immacolata, voi avete compreso che Maria accoglie tutte le preghiere dei suoi figli; sì - ha concluso il porporato - nessuna nostra parola, nessun nostro desiderio è perduto; nessuna nostra sofferenza, nessuna nostra pena è inutile; tutto e tutti Maria raccoglie e anche presenta oggi all’altare del cielo”.
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Da: Radio Vaticana
La Trinità non è una verità astratta, non è soltanto un dogma, ma qualcosa che fa vibrare il cuore. Così ha cercato di descriverla Gregorio di Nazianzo, Padre della Chiesa d’Oriente vissuto nel IV secolo, il secondo maestro di fede presentato stamattina, nella cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, da padre Raniero Cantalamessa. Nella seconda predica di Quaresima, alla presenza del Papa, il predicatore della Casa Pontificia ha spiegato il mondo in cui il Nazianzeno ha parlato di “Dio … indiviso in esseri divisi l’uno dall’altro” per giungere poi alla moderna teologia trinitaria e al modo in cui essa deve essere vissuta dal cristiano. Il servizio di Tiziana Campisi:
Un’unica sostanza divina e tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo. Questa è la Trinità. Per descriverla Gregorio Nazianzeno afferma che “ognuna della tre persone divine non è meno unita alle altre due di quanto sia unita a se stessa”. Non è facile comprendere un tale mistero, ha affermato padre Raniero Cantalamessa, per questo Gregorio rifiutava per la Trinità similitudini come “sole, raggio, luce”, perché temeva si potesse deviare nel triteismo. E invece il Nazianzeno ha aperto la strada alle riflessioni di Agostino che definisce Dio Amore, per questo, spiegherà il vescovo di Ippona, egli è Trinità. “‘L’amore suppone uno che ama, ciò che è amato e l’amore stesso’. Il Padre è, nella Trinità, colui che ama, la fonte e il principio di tutto; il Figlio è colui che è amato; lo Spirito Santo è l'amore con cui si amano”:
“Qui è il fondamento della fede nella Trinità: non possiamo spiegare come Dio è uno e trino, ma possiamo almeno intuire perché, essendo amore, Dio deve anche essere trino. Un Dio che fosse pura Conoscenza o pura Legge, o puro Potere, come è in tante visioni religiose, non avrebbe certo bisogno di essere trino … Occorre -ha scritto de Lubac- che il mondo lo sappia: la rivelazione del Dio Amore sconvolge tutto quello che esso aveva concepito della divinità. Tutto cambia”.
La Trinità, è l’essenza della fede cristiana, ha ribadito padre Cantalamessa, e non la si può mettere da parte “per facilitare il dialogo con le altre grandi religioni monoteistiche”, poiché essa “ha talmente improntato di sé teologia, liturgia, spiritualità e l’intera vita cristiana” che rinunciarvi “significherebbe iniziare un’altra religione, completamente diversa”. E si deve a San Gregorio, ha detto il religioso cappuccino, un’apertura col cuore alla Trinità, l’averla “cantata” con passione ha insegnato ad accostarvisi non con una fredda ragione:
“Quello che si deve fare piuttosto, come ci insegnano i Padri, è calare questo mistero dai libri della teologia nella vita, in modo che la Trinità non sia solo un mistero studiato e ripetuto dai fedeli meccanicamente nel Credo, ma vissuto, adorato, goduto”.
“Noi non possiamo abbracciare l’oceano, ma possiamo entrare in esso; non possiamo abbracciare il mistero della Trinità con la nostra mente, ma possiamo entrare in esso” e la porta per entrarvi “è una sola: Gesù Cristo”, ha aggiunto il predicatore della Casa Pontificia. “Con la sua morte e risurrezione egli ha inaugurato per noi una via nuova” per entrare nella Trinità “e ci ha lasciato i mezzi per poterlo seguire in questo cammino di ritorno. Il primo e più universale è la Chiesa”. E nella Chiesa, ha concluso padre Cantalamessa, “il mezzo per eccellenza è l’Eucaristia” perché “la Messa è un’azione trinitaria dall’inizio alla fine”, “essa è l’offerta che Gesù … fa di se al Padre nello Spirito Santo. Attraverso di essa entriamo davvero nel cuore della Trinità”.
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Da: Radio Vaticana
A undici giorni dalla visita apostolica di Benedetto XVI a Cuba, un gesto dimostrativo da parte di un gruppo di dissidenti sta turbando gli ultimi preparativi della Chiesa dell’Avana. Da due giorni, tredici persone sono barricate nella chiesa di Nostra Signora della Carità e rifiutano di lasciarla. L’arcivescovado ha commentato il gesto come “un atto illegittimo e irresponsabile”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non si è trattato di un evento “casuale”, ma di una “strategia coordinata” e sviluppata in varie regioni. È questa la conclusione cui sono giunti i vertici della Chiesa di Cuba e le autorità civili dell’Isola dopo aver valutato quanto accaduto negli ultimi giorni con una serie di tentativi di occupazione di chiese da parte di gruppi di dissidenti. In effetti, in nessun caso è accaduto quanto invece è tuttora in corso nella Basilica di Nostra Signora della Carità dell’Avana. Il gruppo si era presentato martedì scorso per consegnare al rettore del Santuario un messaggio per Benedetto XVI, con una serie di rivendicazioni sociali, ma si era poi rifiutato di uscire, di fatto barricandosi all’interno. Qualsiasi promessa di non intervento da parte delle forze dell’ordine – come pure l’offerta di poter essere riaccompagnati a casa con auto della chiesa – non ha fatto finora desistere i 13 occupanti, uomini e donne, che dal 13 marzo si sono rinchiusi nel Santuario mariano. È un’azione architettata “con l’apparente scopo di creare situazioni critiche mentre si avvicina la visita di Benedetto XVI a Cuba”, rileva una nota dell’arcivescovado cubano, che riferisce di altri tentativi analoghi, terminati però senza alcuna occupazione di suolo sacro, e di altre iniziative mai nemmeno avviate perché bollate da altri gruppi di dissidenti come un atto “irrispettoso verso la Chiesa.” “Qualsiasi azione che miri a convertire il tempio in un luogo di pubblica manifestazione politica, ignorando l'autorità del sacerdote, o il diritto della maggioranza che vi si reca in cerca di pace spirituale e spazio per la preghiera, è certamente una atto illegittimo e irresponsabile”, scrive in una nota ufficiale mons. Orlando Marquez Hidalgo, portavoce della curia. “La Chiesa ascolta e accoglie tutti, e intercede per tutti, ma non può accettare i tentativi di falsare la natura della sua missione o che potrebbero minacciare la libertà religiosa di coloro che visitano le nostre chiese”. Nessuno, conclude il comunicato, “ha il diritto di trasformare le chiese in trincee politiche. Nessuno ha il diritto di distruggere lo spirito celebrativo dei fedeli cubani e di molti altri cittadini che attendono con gioia e speranza la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba”.
Mentre, dunque, la Chiesa cubana affronta la questione dei dissidenti, si mettono a punto gli ultimi preparativi per la visita del Papa, atteso a Santiago di Cuba per il primo pomeriggio, ora locale, del 26 marzo. Luca Collodi ha chiesto al nunzio apostolico nel Paese, l’arcivescovo Bruno Musarò, come stia procedendo l’organizzazione della visita:
R. – Procede a gonfie vele. Grazie a Dio, e in poco tempo, dall’annuncio del 10 novembre. Il tempo è stato breve, ma forse anche questa brevità di tempo ha spinto le due Commissioni, della Chiesa e del governo, a lavorare assiduamente, con celerità, nei preparativi. E devo dire che veramente si è lavorato molto bene. Adesso si stanno ultimando i dettagli.
D. – Il Papa visita Cuba al termine del pellegrinaggio della statua della Madonna della Carità del Cobre, che ha attraversato tutta l’isola nelle settimane passate. Si può parlare di una “primavera della fede”?
R. – Infatti, è proprio questa la sensazione che si è avuta durante tutto questo pellegrinaggio dell’immagine mariana, da parte dei vescovi, da parte dei sacerdoti. Si è vista praticamente la fede della gente semplice, la devozione alla Madonna, che magari era stata quasi coperta dalla polvere in tutti gli anni passati, perché l’ultimo pellegrinaggio della Madonna della Carità del Cobre, che è la patrona di Cuba non si faceva da 50 anni. Si pensi che la generazione attuale, praticamente, non ricordava niente, anche se ne avevano sentito parlare dai propri genitori o dai nonni. Allora, il passaggio della Madonna – che, bisogna dirlo, ha visitato tutti, tutti i paesi e paesini di tutte le undici diocesi di Cuba – ha suscitato un entusiasmo e un fervore che forse neppure ci si aspettava da parte dei vescovi.
D. – Fu Giovanni Paolo II a compiere nell’isola un pellegrinaggio che ancora oggi viene definito “storico”. Cosa è cambiato da allora nella spiritualità dei cubani?
R. – Bisogna dire che il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II fu un evento storico, epocale possiamo dire, per l’isola di Cuba. Forse bisognerebbe dire che c’è stato un “prima” ed un “dopo” la visita del Beato Giovanni Paolo II. Sappiamo che in quell’occasione il governo ha reso festivo il 25 dicembre, per la festa del Natale da parte dei cristiani. Però, quello che ho potuto constatare è, come mi dicono i vescovi e i sacerdoti, che la visita di Giovanni Paolo II ha fatto sì che la gente, a poco a poco, è ritornata alla Chiesa, nel senso anche materiale del termine. Mentre prima la gente aveva paura di accedere nelle Chiese, adesso non ha più paura e a poco a poco le Chiese sono ritornate ad essere il luogo dell’incontro della comunità cristiana. Per cui si può dire che è cambiato non qualcosa, ma molto nella spiritualità dei cubani, nel senso che i cubani, un popolo cattolico come tutti i popoli dell’America Latina, ha riscoperto la sua spiritualità, ha riscoperto il fatto di essere cristiani, membri della Chiesa, devoti della Madonna. E a poco a poco si stanno rianimando le comunità cristiane in tutte le diocesi di Cuba.
D. – Cosa si aspetta la gente dalla presenza del Papa?
R. – C’è stato, in questi ultimi anni, con il nuovo presidente della Repubblica, qui a Cuba, un’apertura soprattutto in campo economico e questo ha suscitato e continua a suscitare molta speranza nei cubani. È una speranza nel senso che queste aperture continuino e si possa arrivare ad un tenore di vita più sereno, un tenore di vita che possa dare fiducia alla gente per impegnarsi con il lavoro per il bene comune della società. E allora questa gente si aspetta che la presenza di Benedetto XVI a Cuba, sulla scia della visita apostolica di Giovanni Paolo II, aiuti la società cubana ad aprirsi ancora di più. E qui nessuno dimentica, ed il governo stesso è contento di quanto disse Giovanni Paolo II, quello slogan che lanciò nel ’98: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. È questo, penso, il segreto desiderio che sgorga dal profondo del cuore di tutti i cubani. Ma soprattutto ci si aspetta dalla visita di Benedetto XVI, un processo di riconciliazione tra tutti i cubani. Ed è questo il punto su cui hanno insistito i vescovi durante il pellegrinaggio della Madonna, ed è questo il punto su cui stanno insistendo, preparando la visita di Benedetto XV I.
D. – Mons. Musaró, nell’attuale società cubana, che rapporto c’è tra credenti ed atei?
R. – Questo è un aspetto molto difficile da rilevare, perché sappiamo che dopo il trionfo della rivoluzione di Fidel Castro, nel 1959, dopo qualche anno Cuba fu definito un “Paese ateo”. Però, questo aspetto dell’ateismo fu tolto dalla Costituzione poco prima della visita di Giovanni Paolo II. Praticamente, non aveva nessun significato. Come si può parlare di un Paese ateo qui in America Latina? Più che altro, invece, bisogna rilevare che oltre ai cattolici, ci sono cristiani di altre confessioni e, purtroppo, anche invasioni di sètte protestanti, di sètte religiose, che è un fenomeno, tra l’altro, che sta caratterizzando tutta l’America Latina. Dunque non si può parlare di un rapporto tra cattolici ed atei; i vescovi, anzi, su questo punto dicono che il popolo di Dio, quelli che sono rimasti fedeli alla Chiesa, che cominciano a frequentare la Chiesa, non si distinguono in nulla dai cubani che, per circostanze storiche, si erano allontanati dalla Chiesa. E dunque questo è un fenomeno anche quasi di integrazione tra di loro che è sotto gli occhi di tutti. Cioè, questo ateismo era stata una cosa molto superficiale, secondo il mio parere.
D. – La tradizione religiosa popolare cubana è caratterizzata dalla presenza della “santeria”. La Chiesa è preoccupata da questa forma di religiosità popolare?
R. – La Chiesa è preoccupata di questa presenza perché è abbastanza diffusa, però sappiamo che questo fenomeno della “santeria” non è di adesso, ma viene già dai tempi della conquista, quando gli schiavi neri, che poi sono stati presenti nell’isola, vennero a contatto con la realtà cristiana e dunque hanno identificato, diciamo, i loro “dei” con il Signore, la Madonna, i Santi che i missionari, gli evangelizzatori presentavano nell’opera di evangelizzazione. Dunque, una specie di “sincretismo” che tuttora continua. Il fenomeno interessante di adesso – e questo è un fenomeno che bisogna studiare da parte nostra, della Chiesa, da parte dei vescov, bisognerà, un giorno, affrontarlo certamente in seno alla Conferenza episcopale – è che per poter entrare in questa, diciamo, sètta della “santeria”, si richiede il Battesimo nella Chiesa cattolica. È un aspetto che suscita molta preoccupazione e che certamente, un giorno o l’altro, si dovrà affrontare.
D. – Le sètte trovano terreno fertile nella povertà cubana?
R. – Sì, come in tutti i Paesi. Io ho avuto altre esperienze in America Latina, come per esempio in Guatemala ed anche in Perù, e sappiamo che queste sètte trovano il terreno fertile proprio negli ambienti più poveri. Perché? Perché loro, nel presentarsi, rispondono immediatamente – perché magari hanno dei fondi, dei soldi – ai bisogni più urgenti della gente. Ma poi, a poco a poco, vengono meno in questa loro offerta ed allora si verifica il fenomeno della delusione da parte di questa gente e, bisogna dire grazie a Dio, anche il ritorno di alcuni alla Chiesa cattolica dopo aver fatto questa esperienza negativa nella sètte. Però è un fenomeno preoccupante.
D. – Mons. Musaró, come guarda la Chiesa cubana alla nuova evangelizzazione dell’isola?
R. – La cosa molto, molto interessante è che questo pellegrinaggio della Madonna della Carità del Cobre in tutta l’isola è stato visto proprio come un fenomeno della nuova evangelizzazione. I vescovi, con alla guida il cardinale arcivescovo dell’Avana, stanno preparando un documento per raccogliere tutte le manifestazioni di questa fede, di questa devozione alla Madonna, come riscoperta della fede e proprio con il nuovo fervore della nuova evangelizzazione a cui ci sta esortando il Papa Benedetto XVI. Per cui i vescovi sono veramente entusiasti di quello che si è realizzato, di quello che si è verificato nella gente delle loro comunità diocesane con il passaggio della statua della Madonna. E certamente i vescovi hanno anche intenzione di presentare questo studio proprio al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e alla stessa Congregazione per i Vescovi, che si è mostrata veramente molto, molto interessata a questo fenomeno cubano della nuova evangelizzazione attraverso la presenza della Madonna. E come sappiamo, in America Latina già con Giovanni Paolo II la Madonna è stata proclamata “Stella dell’Evangelizzazione”. È lei che annuncia per prima Gesù Cristo, tanto è vero che lo slogan del pellegrinaggio della Madonna era “A Gesù attraverso Maria. La carità ci unisce”. Questa è veramente la nuova evangelizzazione, soprattutto nel contesto storico – sociale di Cuba.
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