Non è mia abitudine schierarmi politicamente e non intendo farlo perchè per me non esiste uno schieramento. Però oggi sono capitato a leggere un articolo tratto dal blog di Antonio Di Pietro, leader del partito dell'Italia dei Valori, il quale mi ha colpito ed ho pensato di inserirlo qui, assumendomi la responsabilità di questo gesto. Lo faccio per solidarietà ai lavoratori che stanno subendo un ricatto e stanno vivendo un momento difficile, forse uno dei più difficili della storia perchè si rischia di perdere quelle conquiste degli ultimi decenni. Leggete, se volete, per quello che è, senza alcuna influenza di natura partitica:
Agli operai della Fiat di Pomigliano è stata posta una domanda che suona così: preferite essere licenziati subito oppure rinunciate ai vostri diritti contrattuali e costituzionali? Si capisce che c’è qualcosa di stonato, che non funziona. E’ per questo che il referendum non corrisponde ad un atto di libertà, in quanto indetto dagli stessi che, solo alcuni mesi fa, hanno negato ad un milione e mezzo di metalmeccanici il rinnovo del loro contratto nazionale. Che libertà c’è, infatti, nel decidere sotto ricatto? Nessuna: i lavoratori subiranno il ricatto e si ricorderanno tutto quando, tra qualche giorno, quando si spegneranno i riflettori su di loro e dovranno lavorare privi dell’elementare diritto costituzionale che è il diritto allo sciopero.
Questa vicenda rischia di diventare un pericoloso precedente, che potrebbe essere usato da altre realtà di crisi aziendali. E’ un vero e proprio apripista per una deregulation nel mondo dei diritti dei lavoratori. Abbiamo imparato che, per uscire da questa crisi, bisogna tornare ai principi fondamentali dell’economia e del lavoro. Quindi basta speculazioni finanziarie, più risorse all’economia reale, basta precarietà, più valore alle professionalità e al merito, basta ad un governo che propone centrali nucleari e il ponte di Messina, ma servono proposte serie come le nuove filiere di green-economy per un lavoro che rappresenti un nuovo modello di sviluppo.
Quindi il rilancio del lavoro, in particolare quello dei giovani, è l’unica leva importante per far sì che l’investimento, anche quello di Pomigliano, porti ad una fabbrica che duri nel tempo. Ciò che fornirà certezza sarà, infatti, la capacità di produrre con qualità e questo si può ottenere solo se i lavoratori non saranno mortificati, ricattati e oppressi.
Ed è per questo che saremo il 25 giugno in piazza a Napoli al fianco dei lavoratori. Anche su questa vicenda il Governo, tramite il ministro della Disoccupazione e della Precarietà, Maurizio Sacconi, ha pensato bene di attaccare i lavoratori e la Fiom. E’ come se l’arbitro di una partita giocasse con una delle due squadre in campo. A questo punto non è più un arbitro ma un truffatore.
Un Governo serio avrebbe gentilmente fatto presente alla Fiat quanti soldi ha preso in questi anni dallo Stato, togliendoli in molti casi alle piccole imprese ed agli artigiani, e avrebbe convocato la trattativa cercando una soluzione per rendere compatibili la fabbrica che funziona con i diritti fondamentali di chi lavora.
Comunque la strada sarà la ripresa di un dialogo rispettoso tra azienda e lavoratori. Non c’è alternativa se vogliamo che a Napoli e nel Mezzogiorno il lavoro serio e dignitoso sia un argine alla criminalità organizzata.
1 commenti: on "Solidarietà ai lavoratori di Pomigliano"
Hai fatto bene a pubblicare questa riflessione di Di Pietro che condivido dal primo all'ultimo rigo. Nemmeno io mi schiero da nessuna parte, la mia politica è quella di Gesù Cristo. Quando occorre dire la verità non dobbiamo guardare né a destra né a sinistra, ma dritto al punto. Trovo inaccettabile che si arrivi a ricattare i lavoratori come sta accadendo. L'Italia è parecchio bloccata "grazie" a chi la governa. Vediamo realtà diverse in europee. L'altro giorno al TG si è parlato degli affitti in Germania: Costano meno che a Roma e in più i tedeschi guadagnano più degli italiani. Ci rendiamo conto che se le cose qui non vanno la causa è qualcuno che non le fa andare. Come ad esempio le connessioni internet, i farmaci, all'estero costano molto meno rispetto a qui. L'Italia ha i piedi nel fango perché a molti così conviene...
Se si impedisce al cristiano di entrare in politica è per queste ragioni: Il cristiano vero è d'intralcio agli affari sporchi che girano in politica. Quello che prima era soltanto un sospetto, oggi sappiamo che è realtà: Stanno venendo alla luce molti scandali a conferma di quanto il popolo sosteneva. I frutti si riconoscono dall'albero, e si vede: L'Italia va a rotoli, i suoi frutti sono marci poiché il suo albero politico si sta seccando.
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