mercoledì 31 marzo 2010

Valori non negoziabili

Il comunicato finale del Consiglio Permanente della CEI, si è soffermato sul tema degli abusi, mostrando la solidarietà al Papa e ovviamente anche alle vittime. Ma ciò che interessa questa sezione, è l'ultima parte del comunicato che mostra i valori non negoziabili che dovrebbero ispirare l'azione politica e sociale nel nostro Paese. Ecco di seguito, lo stralcio del comunicato:


I «valori non negoziabili» rappresentano «la ragione e la missione dell'impegno dei cattolici nell'azione politica e sociale». Sempre citando la prolusione del card. Angelo Bagnasco, i presuli riaffermano che tali valori «non negoziabili» sono: «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l'indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». «È solo su questo fondamento – continua la prolusione del cardinale presidente – che si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l'accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l'integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata. Si tratta di un complesso indivisibile di beni, dislocati sulla frontiera della vita e della solidarietà, che costituisce l'orizzonte stabile del giudizio e dell'impegno nella società. Quale solidarietà sociale, infatti, se si rifiuta o sopprime la vita, specialmente la più debole?».

«Non può avere solide basi una società, che – mentre afferma valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace – si contraddice radicalmente accettando e tollerando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana, soprattutto se debole ed emarginata».


Questi sono valori non negoziabili e che quindi non possono essere posti in secondo piano, come spesso accade. In passato, ci siamo occupati molto della crisi economica a causa dei suoi risvolti sul mondo del lavoro. Parliamo di disoccupazione molto alta, di precarietà del lavoro e quindi di precarietà della famiglia. Mentre, come il comunicato ribadisce, la società deve essere fondata sul matrimonio, la precarietà ostacola questo disegno, spingendo gli uomini e le donne ad evitare il matrimonio, preferendo una soluzione di convivenza di fatto. Oggi, si è anche appreso che in Italia vi è una continua diminuzione delle nascite dovute al fatto che pochi decidono di avere dei figli e il motivo risiede sempre nella precarietà del lavoro. Ecco perchè anche noi ci accodiamo a questo comunicato perchè riteniamo la vita, il lavoro e il matrimonio valori non negoziabili e linee direttrici di una buona politica, una politica non di parole, ma di azioni concrete poste al servizio della collettività.

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martedì 23 marzo 2010

In difesa dell'acqua

Mik, nel suo angolo, ha presentato un'iniziativa di carità che punta nel fornire acqua a chi non ne ha. Giustamente, ha presentato l'acqua come un bene prezioso per l'umanità che Dio ha dato a tutti e non solo a pochi privati per lucrarci sopra. 

Lo scorso sabato, a Roma, vi è stata una grande manifestazione di circa 200.000 persone, in difesa dell'acqua. Infatti, un decreto governativo, tenderebbe a privatizzare questo bene prezioso, concedendone la gestione a soggetti non pubblici, i quali avrebbero l'unico interesse nel guadagnarvi il più possibile, quindi anche a discapito di disservizi o chiusura di fontane pubbliche. La Vigna del Signore si schiera in difesa dell'acqua insieme alle altre associazioni cattoliche che hanno fatto sentire la loro voce. Quello che segue è un articolo tratto da Articolo21, che parla proprio della manifestazione di sabato scorso:


  Roma - L'età non conta. E le differenze geografiche articolano il discorso su scala locale. Dalla Sicilia alla Val d’Aosta, l’Italia ieri si è data appuntamento a Roma per dire No alla privatizzazione del servizio idrico. «La Terra non è un supermercato e l’acqua non è una merce». In 100mila hanno sfilato lungo le strade della Capitale per ribadire la volontà di riappropriarsi di un bene, indispensabile alla vita. Dalla legge Galli, in vigore dalla metà degli anni 90, al decreto Ronchi, approvato dall’ultimo governo che ieri manifestava dall’altro lato della città, le tappe del processo di privatizzazione delle reti sono chiare a chi, con entusiasmo e determinazione è sceso in piazza per far sentire la propria voce. Comitati territoriali, associazioni ambientaliste, organizzazioni di consumatori, Verdi, sindacati di base e liberi cittadini, d’accordo sullo stesso punto: «La privatizzazione dell’acqua va fermata».
L’acqua è la trama, il filo conduttore di un discorso più ampio che inizia con la parola “democrazia” e termina con “ecologia”. «Non sarà certo un privato a garantire quelle politiche di risparmio idrico che è urgente mettere in campo - dice Gianluca, 31 anni, originario di Livorno -. Lo spreco dell’acqua diverrà funzionale al profitto, del resto chi investe nel settore lo fa per guadagnarci». Alle considerazioni di Gianluca si unisca anche Cinzia, da Milano: «Il mondo va incontro a una penuria d’acqua - dice -. A causa dello sperpero continuo, delle modificazioni climatiche e della crescente pressione della popolazione, la risorsa sta gradualmente diminuendo. L’acqua va risparmiata gelosamente. Non possiamo lasciare che venga trasformata in un business».

«No al decreto Ronchi» grida a più riprese la folla. «Da quando è iniziata la privatizzazione del servizio idrico - dice Elisabetta, arrivata da Benevento - le tariffe sono lievitate e la qualità dell’acqua è peggiorata. Quale futuro lasceremo ai nostri figli?». Alle preoccupazioni di ordine etico si sommano quelle economiche ed ecologiche. Vandana Shiva nel suo ultimo libro Le guerre dell’acqua diceva che la crisi idrica è una crisi ecologica che ha ragioni commerciali, ma non soluzioni di mercato. E il popolo dell’acqua ne è consapevole e vuole partecipare alle scelte che riguardano il suo futuro. «Dove ci sono beni comuni - dice Martina, da Torino - c’è comunità, partecipazione e democrazia. Impedire la privatizzazione del servizio è fondamentale».

Così la intende il movimento blu, la battaglia per l’acqua è una battaglia per la democrazia. E a dargli manforte sono arrivati anche i popoli del sud del mondo che alle spalle hanno anni di lotte e resistenza. Sulla stessa onda, anche il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli : «C’é chi vuole fermare l’idea di democrazia partecipata - ha detto - e questa per l’acqua è una manifestazione emblematica della volontà dei cittadini di poter decidere. A San Giovanni manifestano per la libertà, ma visto che sono loro al governo se c’é un problema di libertà se la devono prendere con sé stessi».

Per la restituzione delle reti idriche, il Forum dei movimenti dell’acqua, assieme a tante altre realtà locali ha portato in corteo una proposta: tre referendum abrogativi, che nel loro insieme, vanno a modificare quelle norme che hanno reso possibile la privatizzazione dell’acqua. Oltre il decreto Ronchi, dagli anni 90 ad oggi. Dallo spazio gli astronauti commossi guardavano la Terra, fatta per tre quarti d’acqua e la chiamavano il «pianeta blu». Chi è sceso in piazza ieri, con tutta probabilità non salirà mai su una navicella spaziale, non potrà mai assistere a quello spettacolo, ma è disposto a mettere in gioco le proprie energie per difendere tutto quel «blu». FONTE

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lunedì 22 marzo 2010

Manifestazione di Libera contro le mafie

Lo scorso sabato, 20 Marzo 2010, a Milano ha avuto luogo una manifestazione bellissima, organizzata dalla Fondazione Libera fondata da Don Luigi Ciotti. Una manifestazione in memoria delle vittime di mafia. Questo è uno stralcio dell'articolo di Michele Serra, de la Repubblica:

 ... Ieri (sabato, ndr) a Milano camminare nel corteo di Libera, in mezzo a un mare di ragazzi, e ritrovarsi in piazza Duomo con i parenti dei caduti di mafia, dava la sensazione consolante di vivere in un Paese ancora in piedi. Ma pur sempre un Paese dove un prete, don Luigi Ciotti, gira scortato da vent'anni per avere osato mettere in piedi una rete antimafia solida e soprattutto efficace: gente che crea lavoro e libertà amministrando i beni sequestrati ai boss, ai clan di assassini e di scrocconi che vivono alle spalle del Meridione. Lavoro contro furto, coraggio contro paura, società contro tribalismo, libertà contro servitù. In un Paese massacrato dall'illegalità e dal basso cabotaggio politico, quello di don Luigi è un esempio lampante di opposizione: perché nonostante sia, in democrazia, un vero e proprio paradosso, legalità e opposizione in Italia sono concetti spesso coincidenti. Da quindici anni Libera commemora ogni anno i caduti di mafia. Ora chiede di istituire ufficialmente, ogni 21 di marzo, primo giorno di primavera, una giornata nazionale in memoria di quei morti. La politica è d'accordo solo in parte: c'è una destra (per fortuna non tutta) che detesta Libera e don Luigi perché, quasi pavlovianamente, quando sente parlare di legalità pensa subito all'opposizione e ai "rossi".

Michele Serra su Republica - 21 marzo 2010

Ecco il video intervento di Don Luigi Ciotti:




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mercoledì 17 marzo 2010

La crisi che non c'è colpisce ancora

E' passato quasi nel silenzio, ma un'anima ci ha lasciata perchè esasperata. Noi ci siamo ultimamente soffermati in questo spazio, della crisi economica e dell'oscurantismo politico-mediatico del problema. La politica dell'ottimismo si è rivelata inadeguata e priva di soluzioni sicure e determinate. 

Un'anima se ne andata perchè esasperata e la crisi aggiunge un nuovo nome sul muro del pianto. In televisione non se ne è nemmeno parlato perchè ormai  non fa audience e disturba i potenti e rischia  di svegliare le coscienze assopite. 

Noi ci siamo sempre sentiti al fianco di queste persone in difficoltà: avremmo voluto dare un aiuto concreto, ma ahimè non siamo ancora in grado di fare simili cose. Rinnoviamo il nostro invito per chi vuole un aiuto morale, spirituale. E ricordiamo che ci sono strutture come la Caritas che danno aiuto materiale.

Poi, una mattina, mi alzo e leggo il giornale. Cosa vi trovo? Gli stipendi dei parlamentari e allora rimango molto addolorato. Colui che predica ottimismo, ha un conto in banca che supera l'immaginazione. Coloro che minimizzano, hanno redditi da far girare la testa. Nasce spontanea una domanda nella mia testa: ma costoro, possono capire la crisi? Possono questi uomini immedesimarsi in quei lavoratori cassintegrati o in quei lavoratori licenziati in tronco? Possono questi nostri rappresentanti capire la povertà e la miseria? 

Se uno parla di riduzione degli stipendi dei lavoratori, non fa scandalo perchè siamo in crisi e dobbiamo stringere la cinta per superarla. Ma chi spiega a quei lavoratori il sacrificio quando vede che chi lavora per loro guadagna simili cifre nonostante la crisi? Questo vuol dire che la crisi la deve pagare il povero, ma non il ricco? Ricordo quando un parlamentare, se non sbaglio dell'Italia dei Valori, andò in Parlamento presentando un disegno di riduzione percentuale delle retribuzioni parlamentari. Venne respinto e tacciato di populismo. Cioè, secondo lor signori, quel parlamentare voleva solo farsi vedere. Ma se si tocca lo stipendio loro è populismo, e allora se si tocca lo stipendio di un operaio è normale?

Molti parlamentari si dichiarono fermi cristiani e guai a chi tocca il Crocifisso: ma Gesù non diceva di aiutare il prossimo e di dividere le proprie sostanze? Giovanni il Battista disse le cose in modo chiaro, rivolto proprio a chi era nel guadagno:

In quel tempo le folle interrogavano Giovanni dicendo: "Che cosa dobbiamo fare? ". Rispondeva "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto". Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero "Maestro, che dobbiamo fare? ". Ed egli disse loro "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". Lo interrogavano anche alcuni soldati "E noi che dobbiamo fare? ". Rispose "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe". 

“Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha…” questo ci insegna Gesù ed è il principio base della carità cristiana, carità non intesa come elemosina, ma come sostegno fattivo e costruttivo al lavoro di chi ogni giorno spende la propria vita al servizio della comunità.

Dicono che c'è distacco tra la politica e la società civile: c'è ancora qualcuno che si chiede perchè?

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sabato 13 marzo 2010

Politica "grottesca"

Proprio in questo momento è in scena una bellissima manifestazione, quasi una festa del popolo, riunita in nome di una vera democrazia. 

Al di là dei motivi di natura politica, mi piace vedere queste manifestazioni perchè significa che vi è interessamento del popolo alle vicende del Paese e che il menefreghismo tipico dei popoli, si sta attenuando. Certo vi è bisogno di equilibrio perchè si rischia l'esasperazione o l'estremismo, ma nel complesso sono belle manifestazioni di democrazia.

D'altronde, democrazia vuol dire governo del popolo, ed è giusto che il popolo partecipi attivamente e non passivamente alle vicende del Paese. Mi spiace che alcuni politici pensano che si tratti di una poltiglia o di un conglomerato grottesco, ma bisogna saper accettare il popolo e non negare il suo giudizio. Il popolo non può essere chiamato in causa solo per ratificare le elezioni, ma deve essere chiamato in causa in ogni questione di notevole importanza. E quando il popolo vuole protestare in via pacifica, nessuno glielo dovrebbe impedire. Mancar di rispetto a queste persone è grave secondo me, perchè si delegittima la sovranità popolare.

Stessa cosa vale per gli scioperi perchè uno sciopero ha sempre un fondamento e non lo si può ridurre solo a politica e indottrinamento. Grazie allo sciopero, il lavoratore ha guadagnato la dignità e le condizioni di lavoro di cui può godere oggi. E come dice la dottrina sociale della Chiesa Cattolica, il lavoro è fondamentale e deve garantire un esistenza dignitosa per il lavoratore e la sua famiglia (come del resto ha voluto Dio, quando scacciò Adamo dall'Eden...) Quando questa possibilità viene meno, è normale manifestare il proprio disagio specie in un momento in cui si tende a perdere quelle conquiste che le lotte sindacali avevano prodotto nei decenni passati. Ecco perchè quando il Ministro Sacconi ha ridotto subito l'entità dello sciopero, mi sono sentito un pò arrabbiato perchè anche se a protestate fosse un solo uomo, quell'uomo ha diritto di essere ascoltato e aiutato. Invece, e devo dirlo nonostante la mia imparzialità, il Governo non mostra molto interesse verso questi lavoratori: e abbiamo visto che mentre si nega la crisi, ben diciannove persone si sono suicidate a causa proprio di questa crisi. 

Assistiamo ad una politica basata solo su botta e risposta degni dei bambini delle scuole elementari, ma vediamo un abbandono delle classi meno abbienti che si ritrovano in una situazione sempre più precaria; quindi aumenta il dislivello tra ricchi e poveri. I ricchi si arricchiscono e i poveri si impoveriscono. Meno male che la Caritas interviene fornendo l'aiuto più necessario come il cibo. Ma so che un uomo vorrebbe mangiare del proprio lavoro e vorrebbe mantenere la propria famiglia con il proprio lavoro. La domanda è: chi può ridargli la possibilità e la dignità per farlo?

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mercoledì 3 marzo 2010

Per la libertà di informazione


Come saprete, un regolamento al quanto controverso, in attuazione della legge sulla par condicio, ha cancellato le trasmissioni di approfondimento politico quali Annozero, Ballarò, Porta a Porta e Ultima Parola. Il motivo apparente è legato alla par condicio da rispettare nel prossimo mese per garantire l'imparzialità nelle elezioni regionali prossime del 28 marzo.

Io come cittadino italiano, mi sento deluso da questo provvedimento perchè credo nella libera informazione in libero Stato. Anzi, ritengo che l'informazione libera sia la base della democrazia e unico modo per poter informare i cittadini e spingerli a votare nel modo giusto. Un voto senza conoscenza è un voto fasullo e non rappresentativo. 

Per questo, appoggio la protesta dei giornalisti RAI e della Federazione Nazionale Stampa Italiana, unendomi a loro in questo sforzo di ribellione ad un atto autoritativo e non democratico. Deve essere assolutamente garantita la libertà di espressione e il popolo ha diritto ad essere informato sui fatti che riguardano coloro che li rappresentano e che sono lautamente pagati per questo. 



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