lunedì 30 agosto 2010

In difesa dei diritti umani e della cristianità europea

In questi giorni, l'Italia sta accogliendo un soggetto politico che appena arrivato, ha avuto l'audacia di dichiarare l'Islam come prossima religione d'Europa. Le reazioni sono state numerose, soprattutto da parte di politici di matrice cristiana. ma ciò che sconvolge è invece la sottovalutazione del governo. Il Governo sta scrivendo una pagina triste in questi giorni, perchè non solo sta chinando la testa, ma soprattutto perchè il reale motivo di tale sottomissione è prettamente di natura economica.
Ma oltre alla frase oltraggiosa che mostra una mancanza di rispetto notevole nei confronti dei cristiani europei, la visita di Gheddafi è un ulteriore schiaffo alle vittime innocenti della violazione costante e ripetuta dei diritti umani più elementari.
Quello che realmente non si tollera, è l'apertura e l'accoglienza a braccia aperte di un individuo lontano dalla democrazia e dal rispetto dei valori fondamentale. Non sorprende la reazione di Amnisty International che ha scritto una lettera a Berlusconi per ricordare le «gravi violazioni» dei diritti umani in Libia e per chiedere che questo tema sia messo al centro dei colloqui e dei rapporti bialaterali.

 Anche noi ci auguriamo che questa visita non sia solo una visita "economica", ma anche e soprattutto di riflessione per far capire a Gheddafi che ogni uomo ha la sua dignità e che non può essere calpestata senza alcun rispetto. Per questo, auspichiamo che, prima o poi, il governo italiano prenda posizione netta contro i crimini umani e metta all'ordine del giorno, il ristabilimento dei più elementari diritti umani, sperando anche che dica qualcosa in difesa delle radici cristiane dell'Europa, senza ridursi alle solite battute prive di intelligenza e serietà.

Come italiani non ci stiamo ad essere partner e complici di chi viola i diritti fondamentali e questo deve essere il coro unanime di tutti coloro che hanno a cuore la sorte degli esseri umani, nostri fratelli che vivono in condizioni orribili. Noi vogliamo che finisca questa barzelletta di questi giorni e che si torni a riflettere sul valore della vita umana che è al di sopra di ogni accordo commerciale ed economico. Il messaggio è forte e chiaro e proviene da tutti gli ambienti cattolici: la fede cristiana è un valore insostituibile, radice della formazione dell'Europa e con essa, anche i diritti umani sono insostituibili, incalcolabili, inviolabili, inderogabili e  imprescindibili.

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mercoledì 25 agosto 2010

La lettera del figlio di operaio

La nostra cara Enza ci ha segnalato la lettera di un figlio di operaio, davvero molto toccante e che la dice tutta sull'attuale situazione dei lavoratori. Come considerazione personale, possiamo solo dire che non si dovrebbero mai toccare i diritti fondamentali dei lavoratori e che non si dovrebbe nemmeno arrivare ad annullare la vita privata e familiare in funzione del lavoro e di una maggior produttività. Altrimenti, si rischia di divenire e di far divenire i lavoratori solamente prigionieri del sistema ...

Ecco il testo della lettera:

"Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto, bello, forte e odorava di olio e lamiera.

Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica.

L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo.

L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie.

L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università.

L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro.

L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.

Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro.

Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su “ La Stampa” di Torino, ho letto l’editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell’esposizione del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori richieste della controparte (teoria ripetuta dal Prof. Deaglio a Radio 24 tra le 17,30 e la 18,00 di Martedì 27 luglio 2010).

Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria.

Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino.

Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis.

Odorava di dignità."

(Luca Mazzucco)

FONTE


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martedì 24 agosto 2010

In campo con "Famiglia Cristiana"

Oggi, ancora una volta, scendiamo in campo al fianco del settimanale "Famiglia Cristiana" perchè ha il coraggio di raccontare la verità della situazione politica italiana. Ci sono state critiche devastanti da parte del governo, ma noi condividiamo l'editoriale e per questo lo pubblichiamo anche qui, per dargli visibilità. Bisogna avere il coraggio di dire la verità e di far capire che certe persone non possono essere prese come modello di vita cristiana perchè ne rappresentano l'esatto contrario. Non è un giudizio nostro, ma una constatazione di fatto imprescindibile. Ecco l'editoriale che sarà in edicola nel numero di domani:

Berlusconi ha detto chiaro e tondo che nel cammino verso le elezioni anticipate – qualora il piano dei “cinque punti” non riceva rapidamente la fiducia del Parlamento – non si farà incantare da nessuno, tantomeno dai “formalismi costituzionali”. Così lo sappiamo dalla sua viva voce: in Italia comanda solo lui, grazie alla “sovranità popolare” che finora lo ha votato.




La Costituzione in realtà dice: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Berlusconi si ferma a metà della frase, il resto non gli interessa, è puro “formalismo”. Quanti italiani avranno saputo di queste parole? Fra quelli che le hanno apprese, quanti le avranno approvate, quanti le avranno criticate, a quanti non sono importate nulla, alle prese come sono con ben altri problemi? Forse una risposta verrà dalle prossime elezioni, se si faranno presto e comunque, come sostiene Umberto Bossi (con la Lega che spera di conseguire il primato nel Nord e, di conseguenza, il solo potere concreto che conta oggi in Italia). Ma più probabilmente non lo sapremo mai. La situazione politica italiana è assolutamente unica in tutte le attuali democrazie, in Paesi dove – almeno da Machiavelli in poi – la questione del potere, attraverso cento passaggi teorici e pratici, è stata trattata in modo che si arrivasse a sistemi bilanciati, in cui nessun potere può arrogarsi il diritto di fare quello che vuole, avendo per di più in mano la grande maggioranza dei mezzi di comunicazione.

Uno dei temi trattati in queste settimane dagli opinionisti è che cosa ci si aspetta dal mondo cattolico, invitato da Gian Enrico Rusconi su La Stampa a fare autocritica. Su che cosa, in particolare? La discesa in campo di Berlusconi ha avuto come risultato quello che nessun politico nel mezzo secolo precedente aveva mai sperato: di spaccare in due il voto cattolico (o, per meglio dire, il voto democristiano). Quale delle due metà deve fare “autocritica”: quella che ha scelto il Cavaliere, o quella che si è divisa fra il Centro e la Sinistra, piena di magoni sui temi “non negoziabili” sui quali la Chiesa insiste in questi anni? A proposito. Ivan Illich, famoso sacerdote, teologo e sociologo critico della modernità, distingueva fra la vie substantive (cioè quella che riassume il concetto di “vita” mettendo insieme, come è giusto, e come risponde all’etica cristiana, tutti i momenti di un’esistenza umana, dalla fase embrionale a quella della morte naturale) e ogni altro aspetto della vita personale o comunitaria, a cui un sistema sociale e politico deve provvedere.

Il berlusconismo sembra averne fatto una regola: se promette alla Chiesa di appassionarsi (soprattutto con i suoi atei-devoti) all’embrione e a tutto il resto, con la vita quotidiana degli altri non ha esitazioni: il “metodo Boffo” (chi dissente va distrutto) è fatto apposta.






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giovedì 19 agosto 2010

Il ritratto della politica

Affidiamo alle parole del settimanale "Famiglia Cristiana" il compito di delineare l'attuale situazione politica in Italia: negli ultimi giorni abbiamo già pubblicato alcuni spunti interessanti espressi da gente di Chiesa e da esponenti ecclesiali: oggi invece diamo spazio ad un vero e proprio ritratto della politica estiva di questi giorni, davvero infuocati. La nostra opinione è la medesima del settimanale perchè una situazione così sconcertante, francamente si commenta da sola. Speriamo solo che le cose possano migliorare: ma l'unico modo per farlo è quello di abbandonare idee ad personam per perseguire idee di benessere collettivo. Ecco le parole del settimanale:

"L’immagine che più si addice alla politica di questa torbida estate è il proverbiale campo di Agramante di ariostesca memoria, dove regna una discordia confusionaria e suicida, mentre il nemico (lo spettro della crisi) è alle porte. Dossier, minacce e ricatti velenosi volano come stracci, in un’Italia ridotta alle pezze. E con avversari da polverizzare, con ogni mezzo, perché il potere assoluto non ammette dissenso: non fa prigionieri, solo terra bruciata contro chi canta fuori dal coro.

Veleni e schizzi di fango volano ovunque. Con politici lontani dai problemi delle famiglie, che stentano a vivere, ogni giorno alle prese con povertà e disoccupazione, soprattutto giovanile. Settembre riserverà un brusco risveglio. La ripresa è debole, soggetta alla pesante concorrenza dei nuovi mercati dell’Estremo Oriente. A scuola, anche quest’anno, la campanella suonerà a vuoto per decine di migliaia di docenti precari. In attesa, da anni, di una sistemazione.

Il Paese che si avvia a celebrare l’unità d’Italia è stufo di duelli, insulti e regolamenti di conti. Una politica responsabile, che miri al bene comune, richiederebbe oggi, da tutti, un passo indietro, prima che il Paese vada a pezzi, e un’intesa di unità nazionale (e solidale) che restituisca ai cittadini il diritto di eleggersi i propri rappresentanti. Non più comparse da soap opera, ma persone di provata competenza e rigore morale. Minacciare il ricorso alla piazza o tirare a campare con una “tregua armata” non sana le profonde ferite di questi giorni. Tantomeno ridà credibilità a una politica offuscata da ampie zone d’ombra. Il Paese è paralizzato. Sotto ricatto. Leggi e favori, come al “mercato delle vacche”, sono oggetto di baratto: federalismo in cambio di intercettazioni. I dossier vanno e vengono dai cassetti, con minacce di “bombe esplosive” (ma chi sa, perché non parla già ora?). Manca, come ha scritto il presidente del Censis Giuseppe De Rita, «una cultura politica della complessità e del suo governo». S’è perso di vista il bene prioritario del Paese, come ha ammonito il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, nell’omelia dell’Assunta.

Anche la questione morale è ormai arma di contesa. Dalla politica “ad personam” siamo al “contra personam”. Ma la giusta esigenza di chiarezza vale per tutti. Sia per chi ha la pagliuzza che per chi ha la trave nell’occhio. La clava mediatica (o il “metodo Boffo”) contro chi mette a nudo il re è un terribile boomerang, in un Paese che affoga in una melma di corruzione, scandali e affari illeciti.

  Disfattista non è chi avverte il pericolo e fa appello al senso etico, ma chi è allergico al rispetto di regole e istituzioni. Nel campo di Agramante italiano si alzano polveroni, utili solo a fini propagandistici. Per soddisfare la voglia d’una contesa elettorale che sbaragli, per sempre, l’opposizione. Come in passato, urge anche oggi l’appello di don Sturzo “ai liberi e forti”. Prima che sia troppo tardi."

 FONTE


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lunedì 16 agosto 2010

"Imprigionati e rovinati dal nostro io"

Per riflettere sulla deriva del mondo politico, economico e sociale, diamo oggi uno sguardo ad alcune parole del Cardinal Tettamanzi, pronunciate ieri durante l'Omelia Pontificale dell'Assunta. Ogni nostro commento è superfluo perchè sarebbe ripetitivo.

L’io è fatto per l’incontro e la relazione


Guardare in alto! È possibile, è bello, è doveroso. Ma è necessario il coraggio, tanto coraggio!
Sì, perché il rischio che tutti corriamo è di guardare in basso, solo in basso, imprigionati e rovinati come siamo dal nostro “io”: un “io” spesso pesantemente segnato dall’individualismo e dall’egoismo, un “io” che ripiegandosi su se stesso tende ad assolutizzarsi, a configurarsi come un “idolo” da adorare e per il quale si è disposti a sacrificare tutto. Ma un “io” così inquina il rapporto essenziale che ciascuno di noi ha con gli altri: siamo fatti per l’incontro e la relazione. Quando però sull’incontro e sulla relazione prevale l’affermazione del proprio “io”, la sensibilità verso l’altro diviene indifferenza, l’impegno verso l’altro non è più percepito e vissuto
come responsabilità, il dono di sé all’altro qualcosa di non dovuto. Così la relazione corre il rischio di svilirsi e degradarsi ad atteggiamento fortemente elettivo - possibile solo con poche persone selezionate, magari
perché portatrici di qualche utilità per il singolo -, oppure a dedizione temporanea, vissuta quando serve, non come scelta stabile ma solo quando ve ne è qualche necessità. Questo soggettivismo li riscontriamo nella società, ma non di rado – come virus che mina la sua esistenza - anche nella famiglia. I limiti di un “io” così, ripiegato su se stesso, non è difficile riscontrarli anche là dove ci si esprime come un “noi”. In realtà, anche nelle stesse occasioni nelle quali si vivono modi di essere e di agire associati non necessariamente si è di fronte a relazioni veramente aperte all’altro. Quante famiglie vivono isolate tra le proprie mura, nei propri progetti,
perseguendo i propri interessi, sfuggendo alla relazione con i vicini di casa, con il quartiere, con le realtà associative del territorio, con la comunità cristiana, con chi domanda aiuto e sostegno o con le altre famiglie assetate di relazioni vere e significative.

Lo stesso purtroppo capita in alcuni gruppi, dove l’interesse che è al centro dell’associarsi è “privato”, esclusivamente corporativo, per tutelare interessi particolari e parziali, dove il bene dei singoli non è perseguito in relazione al bene comune dell’intera società, ma ricercato contrapponendosi ad altri, non di rado a scapito e a danno del bene altrui. Tanti sono gli esempi possibili, ricorro solo alla manifestazione estrema e attuale: non è questa la logica che anima le associazioni malavitose che operano nella nostra Città e nel suo hinterland?
E questo atteggiamento è altrettanto grave e dagli effetti altrettanto dannosi quando è realizzato da coloro dai quali invece ci si attenderebbe un contributo decisivo alla costruzione del bene comune: penso ad alcuni modi di vivere il “noi” tipico dell’esperienza dell’associarsi per fare politica, sindacato, impresa economica, servizio pubblico o - addirittura – ad alcuni modi di vivere l’esperienza ecclesiale… In apparenza si dichiara – come dovrebbe essere per natura e statuto - di essere a servizio degli altri, in realtà si considerano “gli altri” funzionali ai propri interessi, per sfamare il bisogno di potere, notorietà, ricchezza. Così, senza l’apporto di queste istituzioni al bene di tutti, la Città e il Paese non sono più guidati e sostenuti in un percorso ragionato e
 lungimirante di crescita complessivo, attento ai bisogni di tutti. Gli interessi dei singoli e dei singoli gruppi prevalgono violentemente, ferendo e disgregando le città, limitando la sua progettualità, esponendo ad ancora maggiori povertà e debolezza chi povero e debole lo è già.


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martedì 3 agosto 2010

La deriva governativa secondo "Famiglia Cristiana"

Oggi, torniamo ad occuparci di politica e lo facciamo con la pubblicazione di un Ansa: essa si riferisce alle osservazioni del settimanale "Famiglia Cristiana", che sentiamo di condividere punto per punto. Abbiamo già affrontato il tema e ci sembra giusto non trascurare prese di posizione da parte dell'ambiente cristiano che, per troppo tempo, ha taciuto sulla deriva morale della politica italiana:

ROMA - "Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in 'servitori', semplici esecutori dei voleri del capo" e "poco importa che il Paese vada allo sfascio: non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il 'dominus' assoluto". Così, nell'editoriale del numero di domani in edicola, Famiglia Cristiana interviene sulla questione morale e la situazione nel Pdl, sottolineando che "lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni". "L'appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all'illegalità", prosegue il settimanale dei paolini, parlando di un "disastro etico sotto gli occhi di tutti" e sottolineando che "quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune".

"Che ne sarà del Paese, dopo la rottura Berlusconi-Fini?", si interroga l'editoriale sottolineando che "la scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare 'vera' politica. Quella che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà". Bisogna avere "l'umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato", aggiunge il settimanale. "La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981", ricorda l'editoriale spiegando che ora "bastano tre cifre per dirci a che punto siamo arrivati": un'evasione fiscale che sottrae all'erario 156 miliardi, mafie che fatturano da 120 a 140 miliardi e corruzione che "brucia altri 50 miliardi, se non di più". "Contro l'impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i 'validi anticorpi' di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività": famiglia, scuola e, soprattutto, "mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza". La rassegnazione - ribadisce l'editoriale - è "un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l'intera società". "Prevale la 'morale fai da te': è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il 'bene comune' è uscito di scena", conclude il settimanale.

FONTE ANSA

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lunedì 2 agosto 2010

Il calcio invade la vita familiare

 "Politica sportiva" è il tema del post di oggi in questa sezione: una decisione al quanto controversa ha portato alla spalmatura delle partite del prossimo campionato di calcio. In questo modo, si va a colpire lo spazio familiare già provato a causa dello stress settimanale. Se togliamo anche la Domenica, quando la famiglia potraà riunirsi in pace e serenità? Ecco l'intervento di Mons. Carlo Mazza, ai microfoni di Radio Vaticana:


Ogni turno del prossimo Campionato di calcio italiano sarà distribuito in più giorni: sono previste partite alle 12.30 della domenica, anticipi al venerdì sera e anche posticipi del lunedì. Ad influenzare questa decisione sono soprattutto le scelte, dettate da motivi economici, di chi detiene i diritti televisivi. Si tratta di novità discutibili, sottolinea al microfono di Luca Collodi il vescovo di Fidenza, mons. Carlo Mazza, già direttore dell'Ufficio nazionale della Conferenza episcopale italiana per la pastorale del tempo libero, turismo e sport:

R. - Credo che quest’anticipo alle 12.30 sia veramente deleterio, in tutti i modi, sia per quanto riguarda i calciatori, che scendono in campo alle 12.30 - per i quali ci si potrebbe chiedere in che modo siano preparati e disposti, anche se questo è un problema di tipo atletico che può essere accantonato -, sia per la famiglia, che è il problema più grande. Mettersi davanti agli schermi alle 12.30, quando si va a pranzo o ci si prepara per andare a pranzo, a me pare un’invasione di campo. Questa sì che è un’invasione di campo e credo che bisognava pensarci bene ed anche un po’ prima rispetto alla decisione finale. Io rispetto molto tutti coloro che hanno dovuto decidere su questi aspetti, però non possiamo non dire una parola su questa situazione, che in qualche modo lede quello che è un minimo di stile familiare, cioè lo stare insieme, come può essere il pranzo, il sedersi a tavola, il ritrovarsi con i familiari ma anche con gli amici ed i parenti. La famiglia è uno snodo importantissimo, non possiamo “svenderlo” ad altri eventi, a meno che non siano eventi eccezionali. Sotto il profilo familiare come anche quello etico, cioè il modo in cui l’Italia vive il calcio, credo bisogna mettere dei paletti, perché se vogliamo riformare il calcio dobbiamo dare anche dei segnali su questi aspetti che sembrano marginali e secondari, ma che, di fatto, hanno sul tutto una loro incidenza, non ultima quella delle Messe. Questo è un problema dei cattolici - come si usa dire - e quindi se lo risolvono loro. Bisogna, però, stare molto attenti a togliere questi fondamenti e questi valori che, in qualche modo, strutturano una tradizione di grande pregio. Così, in qualche modo, la inficiamo con iniziative che potrebbero in qualche modo metterla a rischio.

D. - Questo va appunto a confliggere con quello che più volte la Chiesa ha sottolineato, cioè di santificare la Domenica. Lo abbiamo ricordato, la Domenica é il giorno del Signore, ma è anche il giorno della famiglia…

R. - Negli anni Novanta abbiamo fatto battaglie incredibili. Tutte perse, per la verità. Lo spostamento delle partite al sabato ed anche la domenica, questo "spalmare" il calcio sul tempo dell’uomo e sul tempo della Domenica credo sia una forzatura. Direi, allora, che occorre, anche qui, riprendere in mano il senso profondo dei valori veri dell’uomo, della famiglia, del calcio e di tutto quello che è la nostra civiltà italiana. Bisognerà ripensare a fondo, perché se tocchiamo la Domenica, che è il giorno più bello, più elevato, più ricco di significati ed anche più disponibile all’umano, dove vogliamo arrivare, poi, con la nostra società e con il nostro modo di vivere insieme?

D. - Di fatto, secondo lei, gli sportivi possono modificare questa situazione? Ad esempio, i primi dati sugli abbonamenti ci dicono che c’è un calo drastico…

R. - A me dispiace molto se gli abbonamenti calano. D’altra parte, però, può essere un segnale che viene dato dagli sportivi più avveduti, più coscienziosi e pensosi alle società, ai presidenti delle società. Allora, anche qui, bisognerà ritrovare quelle linee armoniche che tengono insieme i valori degli sportivi, i valori delle squadre, i valori dello sport in generale e trovare una linea che sia di sostegno a questi valori. Se il calo degli abbonamenti dovesse mantenersi, occorrerà rifletterci veramente tanto, perché sarebbe la prima volta che gli sportivi, con un gesto preciso, danno un segnale altrettanto preciso al calcio italiano. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


Ecco l'esempio perfetto della famiglia ormai seguito da pochi
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