martedì 3 agosto 2010

La deriva governativa secondo "Famiglia Cristiana"

Oggi, torniamo ad occuparci di politica e lo facciamo con la pubblicazione di un Ansa: essa si riferisce alle osservazioni del settimanale "Famiglia Cristiana", che sentiamo di condividere punto per punto. Abbiamo già affrontato il tema e ci sembra giusto non trascurare prese di posizione da parte dell'ambiente cristiano che, per troppo tempo, ha taciuto sulla deriva morale della politica italiana:

ROMA - "Una concezione padronale dello Stato ha ridotto ministri e politici in 'servitori', semplici esecutori dei voleri del capo" e "poco importa che il Paese vada allo sfascio: non si ammettono repliche al pensiero unico. E guai a chi osa sfidare il 'dominus' assoluto". Così, nell'editoriale del numero di domani in edicola, Famiglia Cristiana interviene sulla questione morale e la situazione nel Pdl, sottolineando che "lo sbandierato garantismo, soprattutto a favore dei potenti, è troppo spesso pretesa di impunità totale. Nonostante la gravità delle imputazioni". "L'appello alla legittimazione del voto popolare non è lasciapassare all'illegalità", prosegue il settimanale dei paolini, parlando di un "disastro etico sotto gli occhi di tutti" e sottolineando che "quel che stupisce è la rassegnazione generale. La mancata indignazione della gente comune".

"Che ne sarà del Paese, dopo la rottura Berlusconi-Fini?", si interroga l'editoriale sottolineando che "la scossa sarà salutare solo se si tornerà a fare 'vera' politica. Quella che ha a cuore i concreti problemi delle famiglie: dalla disoccupazione giovanile alla crescente povertà". Bisogna avere "l'umiltà e la pazienza di ricominciare. Magari con uomini nuovi, di indiscusso prestigio personale e morale. Soprattutto se si aspira alle più alte cariche dello Stato", aggiunge il settimanale. "La questione morale agita il dibattito politico dal lontano 1981", ricorda l'editoriale spiegando che ora "bastano tre cifre per dirci a che punto siamo arrivati": un'evasione fiscale che sottrae all'erario 156 miliardi, mafie che fatturano da 120 a 140 miliardi e corruzione che "brucia altri 50 miliardi, se non di più". "Contro l'impotenza morale del Paese, il presidente Napolitano ha invocato i 'validi anticorpi' di cui ancora dispone la nostra democrazia e la collettività": famiglia, scuola e, soprattutto, "mondo ecclesiale sono i primi a essere chiamati a dare esempi di coerenza e a combattere il male con più forza". La rassegnazione - ribadisce l'editoriale - è "un sintomo da non trascurare. Vuol dire che il male non riguarda solo il ceto politico. Ha tracimato, colpendo l'intera società". "Prevale la 'morale fai da te': è bene solo quello che conviene a me, al mio gruppo, ai miei affiliati. Il 'bene comune' è uscito di scena", conclude il settimanale.

FONTE ANSA


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