mercoledì 18 gennaio 2012

Intervista in esclusiva della Radio Vaticana al presidente del Consiglio Mario Monti

Crisi economica, importanza dell’Euro, rapporti Stato-Chiesa. Sono alcuni dei temi affrontati dal presidente del Consiglio Mario Monti in un’intervista concessa alla Radio Vaticana, in coordinamento con l’Osservatore Romano, dopo la visita in Vaticano di sabato scorso: una visita, definita dallo stesso premier “un’esperienza profonda e indimenticabile”. Pubblichiamo qui alcune risposte molto significative invitandovi a seguire il link posto alla fine del post per una lettura integrale dell'intervista:

D. – Presidente, condivide il fatto che le difficoltà dell’Occidente siano causate da una crisi etica e di valori, prima ancora che economica? Insomma, incide su questo – a suo avviso – anche la secolarizzazione e l’indebolimento delle “radici cristiane” dell’Europa?

R. – Nessuno è in grado oggi di stabilire quando finirà l’attuale crisi economica e finanziaria, poi diventata sempre di più crisi sociale; ma ciascuno di noi ha il dovere di scegliere come chiudere il “tempo della povertà”, interrogandosi seriamente su quale sia la ricchezza vera. La crisi è conosciuta, a volte perfino drammatica, per le conseguenze materiali. E’ meno conosciuta, ma non meno grave, per le “povertà nascoste” che pure ha causato: emarginazione, perdita di speranza, denatalità, disgregazione delle comunità, delle famiglie, delle realtà associative. Non sempre noi vediamo drammi e deserti interiori che affliggono anche i giovani. In passato, la fine delle crisi economiche più gravi è venuta a coincidere con fatti storici drammatici, ed oggi si è parlato – in alcuni giornali – di “guerra finanziaria”, di “attacco all’Europa”, di “conflitti all’interno stesso dell’Europa”. Oggi più che mai, la storia e la sua memoria chiedono l’impegno ed il coraggio di tutti ad ogni livello. Nessuna parola cade nel vuoto. Nessuna parola può non essere ascoltata. Anche un apparente, iniziale insuccesso può aprire strade nuove di dialogo e di crescita civile, morale, sociale. La giustizia e la pace sono la risposta più efficace alla perdita di senso che la crisi economica ha, in modo latente, provocato nella quotidianità delle persone. La crisi, per essere superata in tutti i suoi gravi profili, richiede quindi di guardare in avanti con coraggio, con speranza, ma anche di riscoprire le proprie radici.

D. – Presidente Monti, più volte Papa Benedetto XVI e anche i vescovi italiani hanno sollecitato i cattolici a partecipare al rinnovamento etico e culturale della politica nazionale. Come vede Lei questo rinnovato protagonismo dei cattolici nella vita sociale italiana, a servizio del bene comune?

R. – Il magistero del Papa e la sua personale, forte testimonianza, il contributo importante della Santa Sede e della Conferenza episcopale italiana sono elementi propulsivi e critici di fondamentale rilievo. Di fronte al bene comune non si può fuggire. Poco dopo la sua elezione, Benedetto XVI usò un’espressione ancora più chiara: “Non fuggire, per paura, davanti ai lupi”. Penso che anche di fronte alla tempesta così prolungata che stiamo vivendo, dobbiamo coltivare sapientemente - e anche pazientemente, direi - la speranza. Alla crisi, cittadini e Istituzioni non devono rispondere fuggendo come di fronte ai lupi, ma restando saldamente uniti. Con le parole del Santo Padre possiamo dire: “con i mezzi della nostra ragione dobbiamo trovare le strade”. Il che non significa affatto relegare la fede ad una nicchia di intimistico personalismo: al contrario, significa riaffermarne l’autonomia rispetto alla politica, non renderla – sono parole di Joseph Ratzinger – un “mero corollario teorico ad una determinata visione del mondo”.

D. – Presidente, quali sono le vie principali attraverso cui la Chiesa in Italia può contribuire maggiormente a sostenere lo Stato?

R. – Nella formazione, nell’integrazione, nella responsabilità civile e morale, il contributo della Chiesa è davvero prezioso. Quando ho incontrato il Santo Padre ho vissuto un’esperienza profonda e indimenticabile. E’ stata una visita ufficiale e spero – pur emozionato – di aver rappresentato il mio Paese in modo adeguato. Le mani del Papa sono mani forti che sostengono il peso di molti; sono mani che rassicurano, perché a loro volta si lasciano sorreggere. Il Santo Padre ha chiaramente affermato che “la distinzione tra l’ambito politico e quello religioso” serve a tutelare la libertà religiosa e a riconoscere la responsabilità dello Stato verso i cittadini. Il Presidente Napolitano ha dichiarato che “il senso della laicità dello Stato abbraccia il riconoscimento della dimensione sociale e pubblica del fatto religioso”. Mi riconosco pienamente nel criterio della distinzione e della reciproca collaborazione. Certamente la fede è un valore, innanzitutto da vivere e da condividere secondo lo stile e la sensibilità propria di ciascuno, dentro un perimetro di libertà comune a tutti. Considero di estrema e immutata attualità le parole scritte da Joseph Ratzinger nel 1968: “Tanto il credente quanto l’incredulo, ognuno a suo modo, condividono dubbio e fede. Nessuno può sfuggire completamente al dubbio, ma nemmeno alla fede. E chissà mai che proprio il dubbio non divenga il luogo della comunicazione”. (gf/mg)

LINK ALL'INTERVISTA ESCLUSIVA A RADIO VATICANA
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