R. – E’ l’atmosfera che c’è in India da circa una decina d’anni, creata da un’organizzazione, il cui nome si può tradurre in “volontari per la difesa della cultura nazionale”. Dopo l’indipendenza si sono scagliati contro i musulmani e dopo sembra che abbiano detto: rivolgiamoci ai cristiani. Hanno cominciato a propagandare leggi contro le conversioni fraudolente. Si insinuano soprattutto nelle zone tribali, perché reagiscono male al fatto che chi si converte al Cristianesimo ha anche accesso alla scuola e questo apre gli occhi ai fuori-casta e ai tribali, che non si lasciano più sottomettere.
D. – C’è il timore che possano riesplodere episodi di estrema violenza come i massacri anticristiani avvenuti nel 2008?
R. – La possibilità c’è, specialmente in queste zone tribali in cui c’è poco la presenza dello Stato. Tuttavia nel governo centrale dell’India c’è consapevolezza di queste cose e c’è in piedi la proposta di varare una legge contro la violenza interreligiosa: la normativa consisterebbe nel riconoscere come un crimine l’azione di chi organizza e favorisce la discordia tra le comunità religiose e incita alla violenza promuovendo principi anche attraverso la propria stampa.
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