mercoledì 29 settembre 2010

Prolusione del Cardinal Angelo Bagnasco - Terza parte

Continuiamo la pubblicazione della prolusione del Cardinal Angelo Bagnasco che si sofferma su molti temi di matrice sociale:

Nel cuore dell’estate, veniva dato l’annuncio dell’istituzione di un nuovo Organismo della Curia romana – il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione - «con il compito precipuo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e […] si stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della fede e una sorta di “eclissi del senso di Dio”» (Benedetto XVI, Omelia cit). Nonostante alcune consuete e preconcette interpretazioni, l’iniziativa introduce un movimento nuovo, e per certi versi ardito, rispetto ad una visione rassegnata dei problemi: ricorda e conferma la chiave di impegno specificamente missionario, da cui non possono ritenersi esenti i Paesi di antica tradizione cristiana. È vero – chi lo può contestare? – che oggi bisogna fare i conti con un certo  indifferentismo religioso, ma Dio non cessa di venire incontro all’uomo, anzi, non può non farlo: è questa la sua «incapacità»! È sempre Lui che, per primo, viene a cercare l’uomo che sembra non soffrire della sua mancanza, che vive in culture a volte eccentriche e non di rado frastornanti. Ma il suo braccio non si è accorciato: Dio è Dio sempre, anche in questo tempo. Non siamo noi a doverci esibire in numeri acrobatici, è Lui a compiere il miracolo. La Chiesa semmai deve sforzarsi di essere la sua trasparenza, deve offrire il proprio innamoramento per Dio come il suo unico tesoro. In ragione di ciò, è chiamata a tessere, attraverso il filo dell’amicizia e della com-passione, relazioni sincere e personali con l’uomo d’oggi, il quale avverte, forse ancora in modo confuso, una nuova marginalità di sé nell’universo delle galassie, e dunque è attraversato da nuove insicurezze, nascoste talora dietro scostanti arroganze.
Ebbene, l’iniziativa avanzata dal Papa ha subito assunto un valore simbolico non poco eloquente. Da una parte, è approdo coerente con il cammino post-conciliare della Chiesa, in cui porta a fusione una serie di intuizioni tra le più vigili e acute degli ultimi quarant’anni; dall’altra, è vettore di nuova creatività, in grado di rilanciare in avanti la volontà di rispondere alla secolarizzazione. È la «questione Dio» il problema dell’Occidente. Il nostro Papa – fin dal solenne inizio del suo pontificato, e poi a più riprese nei Discorsi natalizi alla Curia Romana, quindi negli interventi sviluppati nel corso dell’Anno Paolino, e specialmente in occasione della Lettera del 7 luglio 2007, indirizzata ai Vescovi di tutto il mondo – ha in vario modo sottoposto alla comunità ecclesiale l’esigenza di un nuovo annuncio cristiano proprio là dove le tracce della prima evangelizzazione vanno attenuandosi. Dunque, si tratta di un’iniziativa organica alla Chiesa e congeniale al pontificato. Essa potrebbe riverberarsi in modo particolare nella comunità ecclesiale italiana, dove da quattro decenni si va declinando l’imperativo dell’evangelizzazione, con la volontà di tradurre i dettami del Concilio Vaticano II, e dove già quattro convocazioni ecclesiali hanno ri-modulato in modo inequivocabile i sentieri verso la missione. Noi sentiamo come vero che «l’uomo del terzo millennio desidera una vita autentica e piena, ha bisogno di verità, di libertà profonda, di amore gratuito» (Benedetto XVI, Omelia in San Paolo fuori le Mura, 28 giugno 2010). Dio «non è il concorrente della nostra esistenza, ma il garante» della nostra felicità (Benedetto XVI, Messaggio cit.), e per questo il suo appello interseca le dimensioni fondamentali della vita, dal lavoro al tempo libero, dalla mobilità agli affetti, sfidandole continuamente con significati inediti, come si è visto nel Convegno Ecclesiale di Verona (ottobre 2006). Più che incapsularla dentro a definizioni fredde e a programmi rigidi, la missione deve veicolare un’incandescenza. Come Chiesa pellegrina in questo Paese, ci sentiamo coinvolti a far sì che il cittadino italiano non accantoni la questione-Dio, non la rimuova ritenendola anti-umana, e lasci affiorare la nostalgia che si nasconde in essa. Per questa ragione, bisogna rivisitare l’intera attività pastorale ordinaria, assegnandole «un più ampio respiro missionario» (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Missionaria 2010) e bisogna rivolgerci distintamente ai giovani e ai giovani adulti. Essendo importante, a tale scopo, identificare e far circolare – perché siano conosciuti e possano stimolare altri – i tentativi di nuova evangelizzazione messi in campo in varie Chiese locali, e con interlocutori diversi. Bisogna provare a dar vita, magari su scala interparrocchiale o cittadina, a esperienze artistiche o confronti strutturati, in cui le persone «possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio», magari «anche senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero» (Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2009). Il Papa ha prospettato anche un nome evocativo per simili esperienze: «il cortile dei gentili», e si ha notizia che qualcosa in Europa stia per essere sperimentato. Le diramazioni che il nostro Progetto culturale ha sviluppato nell’ambito delle diocesi potrebbero rendere fattibile qualche traduzione anche da noi, facendo continuamente attenzione di ricorrere sempre al codice dell’amicizia amabile e discreta.  



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