martedì 11 ottobre 2011

Cento anni dopo - Centesimus Annus - XXII parte

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica del Beato Giovanni Paolo II, intitolata "Centesimus Annus" e promulgata nel centenario della Rerum Novarum. Oggi vediamo l'autore soffermarsi sulla forma che deve rivestire l'organizzazione statale: scontata è la contrarietà a qualsiasi modello avente natura totalitaristica che non solo reprime la libertà e la dignità umana, ma giunge anche a negare la presenza stessa della Chiesa. Auspicabile è quindi che gli Stati assumono una forma di governo democratica capace di garantire i diritti e le libertà fondamentali dell'essere umano, tra le quali spicca la libertà di religione che è indispensabile soprattutto per poter raggiungere una vera pace sociale che in molti Paesi manca proprio per questa ragione:

V - Stato e Cultura

44. Leone XIII non ignorava che una sana teoria dello Stato è necessaria per assicurare il normale sviluppo delle attività umane: di quelle spirituali e di quelle materiali, che sono entrambe indispensabili.89 Per questo, in un passo della Rerum novarum egli presenta l'organizzazione della società secondo i tre poteri — legislativo, esecutivo e giudiziario —, e ciò in quel tempo costituiva una novità nell'insegnamento della Chiesa.90 Tale ordinamento riflette una visione realistica della natura sociale dell'uomo, la quale esige una legislazione adeguata a proteggere la libertà di tutti. A tal fine è preferibile che ogni potere sia bilanciato da altri poteri e da altre sfere di competenza, che lo mantengano nel suo giusto limite. È, questo, il principio dello «Stato di diritto», nel quale è sovrana la legge, e non la volontà arbitraria degli uomini.

A questa concezione si è opposto nel tempo moderno il totalitarismo, il quale, nella forma marxista-leninista, ritiene che alcuni uomini, in virtù di una più profonda conoscenza delle leggi di sviluppo della società, o per una particolare collocazione di classe o per un contatto con le sorgenti più profonde della coscienza collettiva, sono esenti dall'errore e possono, quindi, arrogarsi l'esercizio di un potere assoluto. Va aggiunto che il totalitarismo nasce dalla negazione della verità in senso oggettivo: se non esiste una verità trascendente, obbedendo alla quale l'uomo acquista la sua piena identità, allora non esiste nessun principio sicuro che garantisca giusti rapporti tra gli uomini. Il loro interesse di classe, di gruppo, di Nazione li oppone inevitabilmente gli uni agli altri. Se non si riconosce la verità trascendente, allora trionfa la forza del potere, e ciascuno tende a utilizzare fino in fondo i mezzi di cui dispone per imporre il proprio interesse o la propria opinione, senza riguardo ai diritti dell'altro. Allora l'uomo viene rispettato solo nella misura in cui è possibile strumentalizzarlo per un'affermazione egoistica. La radice del moderno totalitarismo, dunque, è da individuare nella negazione della trascendente dignità della persona umana, immagine visibile del Dio invisibile e, proprio per questo, per sua natura stessa, soggetto di diritti che nessuno può violare: né l'individuo, né il gruppo, né la classe, né la Nazione o lo Stato. Non può farlo nemmeno la maggioranza di un corpo sociale, ponendosi contro la minoranza, emarginandola, opprimendola, sfruttandola o tentando di annientarla.91

45. La cultura e la prassi del totalitarismo comportano anche la negazione della Chiesa. Lo Stato, oppure il partito, che ritiene di poter realizzare nella storia il bene assoluto e si erge al di sopra di tutti i valori, non può tollerare che sia affermato un criterio oggettivo del bene e del male oltre la volontà dei governanti, il quale, in determinate circostanze, può servire a giudicare il loro comportamento. Ciò spiega perché il totalitarismo cerca di distruggere la Chiesa o, almeno, di assoggettarla, facendola strumento del proprio apparato ideologico.92

Lo Stato totalitario, inoltre, tende ad assorbire in se stesso la Nazione, la società, la famiglia, le comunità religiose e le stesse persone. Difendendo la propria libertà, la Chiesa difende la persona, che deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (cf At 5,29), la famiglia, le diverse organizzazioni sociali e le Nazioni, realtà tutte che godono di una propria sfera di autonomia e di sovranità.

46. La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno.93 Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato.

Un'autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l'educazione e la formazione ai veri ideali, sia della «soggettività» della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità. Oggi si tende ad affermare che l'agnosticismo ed il relativismo scettico sono la filosofia e l'atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti son convinti di conoscere la verità ed aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia.

Né la Chiesa chiude gli occhi davanti al pericolo del fanatismo, o fondamentalismo, di quanti, in nome di un'ideologia che si pretende scientifica o religiosa, ritengono di poter imporre agli altri uomini la loro concezione della verità e del bene. Non è di questo tipo la verità cristiana. Non essendo ideologica, la fede cristiana non presume di imprigionare in un rigido schema la cangiante realtà socio-politica e riconosce che la vita dell'uomo si realizza nella storia in condizioni diverse e non perfette. La Chiesa, pertanto, riaffermando costantemente la trascendente dignità della persona, ha come suo metodo il rispetto della libertà.94

Ma la libertà è pienamente valorizzata soltanto dall'accettazione della verità: in un mondo senza verità la libertà perde la sua consistenza, e l'uomo è esposto alla violenza delle passioni ed a condizionamenti aperti od occulti. Il cristiano vive la libertà (cf Gv 8,31-32) e la serve proponendo continuamente, secondo la natura missionaria della sua vocazione, la verità che ha conosciuto. Nel dialogo con gli altri uomini egli, attento ad ogni frammento di verità che incontri nell'esperienza di vita e nella cultura dei singoli e delle Nazioni, non rinuncerà ad affermare tutto ciò che gli hanno fatto conoscere la sua fede ed il corretto esercizio della ragione.95
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