Da: Radio Vaticana
La solennità odierna di San Francesco è stata vissuta con particolare solennità questa mattina ad Assisi. Alle 10, il cardinale Attilio Nicora, legato del Papa per la Basilica francescana, ha concelebrato una Messa presieduta dall’arcivescovo di Campobasso-Boiano, Giancarlo Maria Bregantini. Prima del “Gloria”, come da tradizione, è stata accesa la lampada votiva che arde perennemente sulla tomba del Santo, il cui olio – donato a turno dalle Regioni italiane – è stato offerto quest’anno dal Molise. La tradizione rende omaggio al Santo Patrono d’Italia, nell’anno in cui la nazione celebra il 150.mo dell’unità. Nel corso del Pontificato, più volte Benedetto XVI ha evocato la figura di Francesco. E resta memorabile il ritratto che il Papa ne fece davanti a migliaia di giovani, durante la visita pastorale ad Assisi del 17 giugno 2007. Alessandro De Carolis ne ricorda alcuni momenti:
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Un ragazzo benestante che è il “re” delle feste e dell’allegria un po’ “scollacciata”. Un piccolo borgo che è il terreno di conquista di quel giovane e della combriccola dei suoi amici senza un pensiero al mondo. Una chiesa diroccata e un po’ in disparte, tra le cui rovine giace un crocifisso dimenticato. Sono in personaggi e i luoghi dei quali Dio si serve, 800 anni fa, per dare a vita a una delle pagine più belle e travolgenti della storia cristiana. Davanti ai 10 mila giovani che lo ascoltano attenti sul piazzale della Basilica di Santa Maria degli Angeli, in una domenica di metà giugno del 2007, Benedetto XVI disegna un appassionato ritratto di Francesco d’Assisi, pensato per i giovani e che colpisce al cuore gli adulti. Citando un passo tratto da “La leggenda dei tre compagni”, il Papa dice:
"’Francesco era tanto più allegro e generoso, dedito ai giochi e ai canti, girovagava per la città di Assisi giorno e notte con amici del suo stampo, tanto generoso nello spendere da dissipare in pranzi e altre cose tutto quello che poteva avere o guadagnare’. Di quanti ragazzi anche ai nostri giorni non si potrebbe dire qualcosa di simile?".
La domanda fa tutti attenti. Oggi, constata subito dopo Benedetto XVI, i giovani hanno ben più che le strade di un piccolo quartiere per le loro serate di “movida”, dove il divertimento è vero se non manca un certo numero di drink e magari qualche sostanza un po’ più “forte”:
“Come negare che sono molti i ragazzi, e non ragazzi, tentati di seguire da vicino la vita del giovane Francesco, prima della sua conversione? Sotto quel modo di vivere c’era il desiderio di felicità che abita ogni cuore umano. Ma poteva quella vita dare la gioia vera? Francesco certo non la trovò. Voi stessi, cari giovani, potete fare questa verifica a partire dalla vostra esperienza. La verità è che le cose finite possono dare barlumi di gioia, ma solo l’Infinito può riempire il cuore”.
È la dicotomia di sempre: scegliere qualcosa che riempie il cuore e poi scade, o scegliere Chi riempie il cuore per sempre. Francesco, dopo la conversione, comprende che la felicità vera passa per l’amore a Dio e agli altri, specie quelli che non hanno niente di estetico e di accattivante. Come, per esempio, i lebbrosi:
“Gli ultimi, gli emarginati, nei confronti dei quali Francesco provava un irresistibile senso di ribrezzo. Toccato dalla grazia, egli aprì loro il suo cuore. E lo fece non solo attraverso un pietoso gesto di elemosina, sarebbe troppo poco, ma baciandoli e servendoli. Egli stesso confessa che quanto prima gli risultava amaro, divenne per lui ‘dolcezza di anima e di corpo’".
Infinito, come il Vangelo da cui deriva in modo genuino, è ciò che si potrebbe dire della spiritualità francescana. Su tutti, certamente, spicca il tema della pace:
“Francesco può aiutarci a dialogare autenticamente, senza cadere in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della verità o nell’attenuazione del nostro annuncio cristiano. Il suo essere uomo di pace, di tolleranza, di dialogo, nasce sempre dall’esperienza di Dio-Amore. Il suo saluto di pace è, non a caso, una preghiera: ‘Il Signore ti dia la pace’".
Non poteva il Papa teologo e letterato non dedicare in quella domenica di quattro anni fa un pensiero al Cantico delle Creature. Perché quei versi, che contengono il germe della prima lingua italiana, sono il distillato di un cuore capace di amore universale:
“Come a cerchi concentrici, l’amore di Francesco per Gesù si dilata non solo sulla Chiesa ma su tutte le cose, viste in Cristo e per Cristo. Nasce di qui il Cantico delle Creature, in cui l’occhio riposa nello splendore del Creato: da fratello sole a sorella luna, da sorella acqua a frate fuoco. Il suo sguardo interiore è diventato così puro e penetrante da scorgere la bellezza del Creatore nella bellezza delle creature. Il Cantico di frate sole, prima di essere un’altissima pagina di poesia e un implicito invito al rispetto del creato, è una preghiera, una lode rivolta al Signore, al Creatore di tutto”.
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