Aiuto alla Chiesa che Soffre
Opera di diritto pontificio
Mons. Giorgio Bertin |
«Quanto fatto finora, non è sufficiente. La Somalia ha bisogno di una leadership vera, ma purtroppo mancano i presupposti». Monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti ed Amministratore apostolico di Mogadiscio, ha parlato con ACS-Italia del drammatico momento del Paese.
Il presule parteciperà domani alla Conferenza Stampa d’informazione e aggiornamento sulla situazione promossa dal Pontificio Consiglio Cor Unum, per far sì che i responsabili dei principali organismi caritativi cattolici operanti nella regione di confrontarsi sull’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa. A questo riguardo, va evidenziato come numerosi osservatori internazionali rilevino ormai la motivazione “politica” come principale componente dell’aggravamento della carestia. Il territori in mano ad al Shabaab – la milizia fondamentalista islamica che dal 2007 combatte per riprendersi il Paese – si estende infatti dalla capitale Mogadiscio al profondo Sud (area arida nella quale vivono 2-3 milioni di persone) dove è, di fatto, impedito che gli aiuti arrivino per “punire” la resistenza di questa zona alla penetrazione del fondamentalismo islamico.
Nell’Udienza concessa ieri a monsignor Bertin e al cardinale Sarah, presidente di Cor Unum, Benedetto XVI ha invitato a non chiudere gli occhi sul «silenzioso genocidio» e «nel corso del breve colloquio – ha riferito monsignor Bertin – ho ringraziato il Papa per il caloroso benvenuto e per averci definito i rappresentanti dell’impegno della Chiesa che occorre rinnovare».
In Italia il vescovo di Gibuti è stato raggiunto dalla notizia dell’esplosione di un camion bomba a Mogadiscio. L’attacco, nel quale sono morte 65 persone, è avvenuto martedì scorso ed è stato immediatamente rivendicato dal Gruppo armato islamista al-Shabab [La Gioventù]. «Sono addolorato, ma non stupito – dice monsignor Bertin – l’attentato è una dimostrazione della fragilità istituzionale del governo di transizione, nonché della tendenza di al-Shabab di colpire il suo popolo». Oltre agli impiegati statali, la bomba – fatta esplodere alle porte di un compound, nella zona K4 della capitale che è sede di diversi Ministeri – ha ucciso anche ragazzi e genitori radunati davanti ad una scuola.
Monsignor Bertin conosce bene la pericolosità di Mogadiscio: quattro anni fa, in seguito all’uccisione di suor Leonella, missionaria della Consolata, ha dovuto abbandonare il Paese e trasferirsi a Gibuti: «Senza un punto di appoggio sicuro è inutile rimanere. Anzi, in questo momento paradossalmente la mia presenza metterebbe a rischio i fedeli». Il presule teme infatti che la comunità islamica locale possa interpretare il suo ritorno come un gesto provocatorio e vendicarsi sui pochi cattolici rimasti (appena un centinaio).
Il mese scorso è stata firmata la cosiddetta Road Map – un accordo sottoscritto dall’autorità di transizione somala, insieme alla regione autonoma del Puntland (nel nord-est) e alla milizia filo-governativa Ahlu Sunna wal Jamaa – e in questi giorni l’Unione africana ha annunciato che l’Amisom, il proprio contingente di peacekeeping in Somalia, prolungherà il suo impegno fino al 31 ottobre 2012. «Il rinnovo della loro presenza è utile – dichiara ad ACS monsignor Bertin – così come gli accordi Road Map , ma ho qualche dubbio sulla loro effettiva applicazione e sulla determinazione con cui saranno sostenuti dalla comunità internazionale. Inoltre è da vedere se il Governo di transizione riuscirà ad estendere la propria autorità dalla capitale al resto del Paese».
L’obiettivo finale, senza il quale ogni intervento rimarrebbe puramente «velleitario», è la messa in atto di un processo politico in grado di far rinascere lo Stato somalo, ma i presupposti mancano. Monsignor Bertin pensa alle centinaia di migliaia di somali in diaspora. «Dobbiamo compiere un importante sforzo per coagulare quelle forze vive e capaci che sono ancora disperse e disunite. È un lavoro lungo che richiederà del tempo, ma è assolutamente necessario».
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Opera di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2010 ha raccolto oltre 65 milioni di dollari nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.500 progetti in 153 nazioni.
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