Purtroppo oggi vi rendiamo nota una notizia triste perché ci ha lasciati Padre Fausto Tentorio che da 32 anni esercitava non solo il ministero sacerdotale, ma quello più profondo della carità missionaria, nel territorio delle Filippine. AsiaNews ci racconta il triste evento:
P. Fausto Tentorio, 59 anni, da oltre 32 anni nelle Filippine, è stato ucciso stamane da uno sconosciuto, mentre si preparava a partire dalla parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo soccorso ad Arakan, in North Cotabato. Come ogni lunedì, aveva un incontro con i sacerdoti della diocesi nella casa del vescovo. L’assassino si è avvicinato a lui e lo ha ucciso con due colpi alla testa. Non si conosce ancora l’autore né il movente dell’uccisione. Secondo testimoni egli indossava un casco di sicurezza ed era impossibile vederlo in viso. Dopo l’assassinio, il killer si è allontanato sicuro con una motocicletta. P. Tentorio lavorava da tempo fra i gruppi tribali della diocesi, vivendo con loro. La sua evangelizzazione comprendeva anche l’impegno per garantire sopravvivenza e diritti a queste popolazioni spesso derubati delle terre ed emarginate.
Leonardo Revoca, ex parrocchiano di p. Tentorio e consigliere comunale ad Arakan ha sottolineato l’impegno del missionario per fermare la diffusione dell’industria mineraria, che sta distruggendo la vita delle popolazioni indigene. Il superiore Pime delle Filippine, p. Gianni Re, non ha voluto per ora rilasciare alcuna dichiarazione. Ha solo detto: “Sono profondamente addolorato. P. Fausto era uno dei miei più cari amici”. P. Tentorio, nato a S. Maria di Rovagnate (Lecco), era entrato nel Pime dal seminario della diocesi di Milano. I suoi compagni di studio lo ricordano come una persona semplice e affabile. P. Fausto Tentorio è il terzo missionario del Pime ad essere ucciso nelle Filippine e nell’isola di Mindanao. Nel 1985 p. Tullio Favali è stato ucciso a Tulunan, nella diocesi di Kidapawan, da un gruppo di guardie private armate; nel 1992, p. Salvatore Carzedda, impegnato nel dialogo con i musulmani, è stato ucciso a Zamboanga. Nel 2007, p. Giancarlo Bossi era stato rapito da un gruppo di fuoriusciti del Moro Islamic Liberation Front, ma è stato rilasciato dopo oltre due mesi di cattività. Nel 1998 è stato rapito anche p. Luciano Benedetti. I suoi rapitori, un gruppo musulmano, lo hanno liberato dopo circa 2 mesi.
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Su quanto accaduto in queste ultime ore, pubblichiamo due brevi interviste di Giada Aquilino (Radio Vaticana):
R. – Questa mattina tutti i sacerdoti della diocesi avrebbero dovuto tenere il loro incontro mensile. Da quello che mi è stato riferito, padre Fausto è uscito di casa e stava salendo in macchina, quando - sembra - è stato avvicinato da una persona, che gli ha sparato. Questa persona si è poi allontanata ed è salita su una motocicletta con un altro uomo a bordo, che lo stava aspettando. E sono andati via, sono scappati.
D. – Come il tributo di padre Tentorio può, in qualche modo, essere anche di aiuto alla missione della Chiesa nelle Filippine?
R. – Sicuramente può essere un momento di riflessione un po’ per tutti, anche per la Chiesa nelle Filippine e in particolare per la Chiesa di Kidapawan, perché ancora una volta c’è stato un sacrificio. Speriamo che ciò possa contribuire a risvegliare coloro che si sono un po’ ‘addormentati’ sulla quotidianità, sulle situazioni di tutti i giorni, cercando anche di evitare conflitti, e possa essere uno stimolo per tutti noi, perché questo è certamente un richiamo chiaro alle difficoltà di essere evangelizzatori veri. (mg)
Per un ricordo di padre Tentorio, la testimonianza ora di padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime, dal ’77 nelle Filippine, fondatore del movimento per il dialogo interreligioso ‘Silsilah’. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Padre Fausto si trovava nella zona di Arakan Valley, sui monti nella diocesi di Kidapawan. Posso dire che lui si è occupato per tanto tempo dei gruppi tribali. Ci sono gruppi tribali - le cosiddette minoranze etniche - che sono sempre i più oppressi. Lui lavorava proprio per questo problema. Ultimamente era stato nominato rappresentante della diocesi per tale apostolato particolare dei gruppi tribali. Lui ha lavorato tantissimo e purtroppo nel suo lavoro ha avuto difficoltà e minacce: nel 2002 era stato minacciato ed era riuscito a scampare a un altro attentato. I motivi del suo assassinio sono ancora da chiarire, suppongo siano legati al suo impegno nella zona sul monte Apo, il monte più alto di Mindanao, dove ci sono diversi interessi per le miniere, ci sono anche conflitti tra gruppi diversi per i terreni e per altre questioni. Immagino siano questi i motivi di quello che è successo. Era una persona scomoda per quelli che volevano ‘abusare’ dei tribali nel senso un po’ più ampio della parola: ci sono compagnie minerarie che vorrebbero entrare nella zona, ci sono altri problemi legati alle terre. Questa è la situazione: probabilmente lui è stato vittima del suo impegno, del suo stare accanto alla gente e difendere i diritti dei più poveri.
D. – Come avveniva il suo lavoro, di cosa si occupava?
R. – Per anni ha lavorato molto. So che per esempio ha fondato una sessantina di scuole per l’educazione dei gruppi tribali sui monti, con insegnanti del posto, e poi aveva progetti per aiutare i contadini a comprare i semi e quindi per poter coltivare. Poi, negli ultimi anni, era anche diventato responsabile di una scuola di una parrocchia. Ultimamente, come responsabile diocesano dei gruppi tribali, visitava anche altre parrocchie dove c’è lo stesso tipo di apostolato.
D. – Nel ricordo e secondo anche gli insegnamenti di padre Tentorio, qual è ora la speranza della Chiesa nelle Filippine?
R. – Io sono nelle Filippine dal ’77 e nonostante queste difficoltà vedo che c’è una presa di coscienza dell’importanza dei gruppi tribali, che per molti motivi negli anni sono stati emarginati. Direi che è il tempo in cui la Chiesa e la società devono dare più attenzione a questi gruppi tribali. (bf)
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