Da: Radio Vaticana
Si prega Dio non per avere un immediato riscontro della propria richiesta, ma per ottenerne l’amicizia, poiché “il Donatore è più prezioso del dono”. È l’insegnamento che Benedetto XVI ha proposto all’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI, dove ha parlato della preghiera di Gesù e della sua “azione guaritrice” che appare nei Vangeli. Alla fine, il Papa ha ringraziato fra gli altri i finanziatori e i realizzatori del restauro della scultura “La Resurrezione”, che domina l’Aula Paolo VI da oltre 30 anni. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un sordomuto ignorato dalla folla e un caro amico appena scomparso. Due situazioni che non avrebbero in comune niente se non fosse che entrambe “incrociano” la strada di Gesù e gli permettono di manifestare pubblicamente quel suo particolarissimo modo umano-divino di pregare il Padre, che – ha affermato Benedetto XVI – dovrebbe essere il modo di pregare di ogni cristiano. La guarigione del sordomuto, narrata dal Vangelo di Marco, ne è un esempio eloquente. Gesù lo trae in disparte, lo tocca nei punti della sua infermità, emette un sospiro verso di lui guardando il cielo:
“L’insieme del racconto, allora, mostra che il coinvolgimento umano con il malato porta Gesù alla preghiera. Ancora una volta riemerge il suo rapporto unico con il Padre, la sua identità di Figlio Unigenito (...) Nell’azione guaritrice di Gesù entra in modo chiaro la preghiera, con il suo sguardo verso il cielo. La forza che ha sanato il sordomuto è certamente provocata dalla compassione per lui, ma proviene dal ricorso al Padre”.
Il secondo episodio presentato dal Papa è quello della risurrezione di Lazzaro, ovvero il più celebre esempio dell’umanità e della divinità di Gesù, il quale non sa trattenere le lacrime per la perdita dell’amico, senza che tuttavia questo “profondo dolore” – ha constatato Benedetto XVI – perda il suo “chiaro riferimento con Dio” e la “missione gli ha affidato”. È il “doppio registro”, lo ha chiamato il Papa, della preghiera di Cristo, per cui mentre Gesù implora la vita per Lazzaro”, la sua malattia e morte “vanno considerate il luogo in cui si manifesta la gloria di Dio”:
“Ciascuno di noi è chiamato a comprendere che nella preghiera di domanda al Signore non dobbiamo attenderci un compimento immediato di ciò che noi chiediamo, della nostra volontà, ma affidarci piuttosto alla volontà del Padre, leggendo ogni evento nella prospettiva della sua gloria, del suo disegno di amore, spesso misterioso ai nostri occhi”.
Qui è racchiusa l’essenza della preghiera, che Benedetto XVI ha spiegato prendendo a prestito le parole del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Prima che il dono venga concesso, Gesù aderisce a Colui che dona e che nei suoi doni dona se stesso”:
“Questo mi sembra molto importante: prima che il dono venga concesso, aderire a Colui che dona; il donatore è più prezioso del dono. Anche per noi, quindi, al di là di ciò che Dio ci da quando lo invochiamo, il dono più grande che può darci è la sua amicizia, la sua presenza, il suo amore. Lui è il tesoro prezioso da chiedere e custodire sempre”.
Con la sua preghiera, ha ripetuto il Papa, Gesù vuole condurre “alla fiducia totale in Dio e nella sua volontà”, mostrare che Dio “porta speranza ed è capace di rovesciare le situazioni umanamente impossibili”. “La nostra preghiera – ha concluso Benedetto XVI...
“...apre la porta a Dio, che ci insegna ad uscire costantemente da noi stessi per essere capaci di farci vicini agli altri, specialmente nei momenti di prova, per portare loro consolazione, speranza e luce”.
Al momento dei saluti conclusivi, il Papa ne ha rivolto uno particolare alla comunità dei Legionari di Cristo e ai rappresentanti dell’Associazione Regnum Christi, entrambi a Roma per l’ordinazione di cinquanta nuovi sacerdoti. “Il Signore – ha detto loro – vi sostenga nel vostro ministero, affinché possiate attuare con gioia e fedeltà la vostra missione a servizio del Vangelo”. Quindi ha ringraziato quanti, ha detto, “hanno promosso, finanziato, e realizzato il restauro della celebre scultura denominata ‘La Resurrezione’”, che da 34 anni catalizza gli sguardi di chi entra nell’Aula Paolo VI. Fu proprio Papa Montini, ha ricordato, a volere l’opera del maestro Pericle Fazzini:
“Dopo un periodo di accurati lavori, oggi abbiamo la gioia di ammirare in tutto il suo originario splendore quest’opera d’arte e di fede”.
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