giovedì 1 settembre 2011

Haiti: un paese distrutto. La Caritas italiana: necessario parlarne

Oggi pubblichiamo un articolo di Radio Vaticana che ci mostra come l'emergenza umanitaria di Haiti sia ancora in corso:



Ad oltre un anno e mezzo dal devastante terremoto che ha provocato più di 200 mila morti, ad Haiti è ancora emergenza umanitaria. Particolarmente gravi le condizioni degli sfollati, costretti a vivere in campi profughi dove sono quasi inesistenti le strutture igienico-sanitarie. Di qui la diffusione del colera, che ogni giorno fa registrare 300 ricoveri. Su questa emergenza umanitaria, mai cessata, Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell'Area Internazionale di Caritas Italia: 

R. - E’ ancora oggi un’emergenza umanitaria complessa, dove si sommano più fenomeni oltre a quello del terremoto: una situazione politica instabile; una situazione ambientale fortemente compromessa da precedenti disboscamenti; una vulnerabilità agli uragani tropicali che, in modo ricorrente, colpiscono questo Paese, che resta oggi uno degli scenari più poveri al mondo… Il Paese resta ancora in sospeso. 

D. - Quali sono le notizie da parte degli operatori di Caritas Haiti?

R. - Noi abbiamo moltissimi contatti sia con i nostri operatori sul posto, i volontari, sia con Caritas Haiti e con la Chiesa locale, che è capillarmente diffusa e che è stata molto attiva dopo questo terremoto, così come lo è stata prima. La situazione resta molto delicata soprattutto per quelle persone che purtroppo non sono potute tornare nelle loro case. Qui le cifre sono molto incerte: le fonti - diciamo - governative parlano di circa 630 mila persone; ma in realtà la forbice è molto ampia. Comunque andando in giro per Haiti si vedono ancora numerose tendopoli e tendopoli gestite male: perché si tratta di tende raffazzonate, di tende non a norma e che implicano molti rischi, soprattutto di incendi. Quindi la loro situazione - come recentemente è stato denunciato con grande forza - resta rischiosa per l’accesso all’acqua potabile, per l’igiene, per le latrine. Complessivamente, per queste persone in particolare, la situazione resta ancora molto delicata.

D. - Una riflessione di carattere più generale: una tragedia e soprattutto un’emergenza che continua dopo tanto tempo e che rischia, però, in qualche modo di passare in secondo piano, anche di fronte ad emergenze successive…

R. - Sì, soprattutto se pensiamo all’entità di questo disastro, che è stato senz’altro uno dei peggiori dell’ultimo decennio, insieme allo tsunami asiatico: è quello il cui bilancio delle vittime, dei feriti e dei danni è stato tra i più alti. Certamente la carenza di informazione, la carenza nel seguire in qualche modo la vicenda nel tempo - non serve certo parlarne tutti i giorni, ma in qualche modo sarebbe necessario parlare di quelli che sono i passaggi più importanti, istituzionali e politici, ma anche dei temi sociali e delle povertà umanitarie - pone Haiti non in secondo piano, ma proprio in fondo alla fila. Questa effettivamente per chi è attento all’umanità tutta, anche nelle sue forme più deboli, è veramente una cosa inaccettabile! (mg)


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