mercoledì 7 settembre 2011

"Meno parole, più Vangelo"

Il Cardinal Dionigi Tettamanzi lascia Milano dopo nove anni: in questi anni ha sicuramente conosciuto bene uno dei cuori pulsanti della politica italiana, capace di regalare anche colpi di scena impensabili come l'elezione recente di Giuliano Pisapia a nuovo sindaco della città lombarda. Il Cardinal Tettamanzi ha usato parole forti contro l'immoralità dilagante della politica italiana ed ha ricordato come dopo Tangentopoli non vi sia stato quel cambiamento che era lecito aspettarsi. Su tutte, una frase la vogliamo sottolineare in modo particolare perché suona come un esortazione per tutti gli uomini di buona volontà: meno parole e più Vangelo!
Queste dichiarazioni del Cardinal Tettamanzi sono state rilasciate a Famiglia Cristiana e noi vogliamo riportarne le più significative: 

Eminenza, com’è cambiata Milano?

«Inizierei da ciò che non è cambiato. A Milano ho trovato una Chiesa forte, una tradizione viva, ricca di fede e di umanità. Ho trovato in città una marcata propensione al dialogo, un’apertura mentale, culturale e spirituale che alcuni venti avversi, spirati violentemente in questi anni, non sono riusciti a sradicare. Tanti i cambiamenti, invece, ma da leggere in modo accorto: il progressivo impoverimento economico delle famiglie, ma al tempo stesso l’aumento della pratica della solidarietà; la crescente disaffezione verso la politica e l’aumentata voglia di “dire la propria” sulla città; il peggioramento di alcune prospettive di stabilità per il lavoro dei giovani ma, insieme, le accresciute opportunità formative e culturali; l’aumento del numero degli immigrati e la crescente incapacità a farli sentire protagonisti della società; l’aumento della ricchezza per pochi, l’indebitamento crescente per molti. Dimenticavo un’altra cosa che non è cambiata: gli anni della cosiddetta Tangentopoli pare che qui non abbiano insegnato nulla, visto che purtroppo la questione morale è sempre d’attualità».

E il Paese come è cambiato visto dall’osservatorio di Milano?

«Tante le urgenze sociali che attendono cura e dedizione. E già questo temo sia un segnale di scadimento della qualità della vita della nostra nazione, che però nulla ha perso del suo orgoglio, della sua speranza, delle sue potenzialità. Chi ha responsabilità sociali pubbliche deve lavorare per il benessere comunitario. Non si può pensare di poter tutelare “qualcuno” dimenticando “altri”, nemmeno – e mi spingo quasi al paradosso – difendere i diritti dei più “deboli” a danno dei più “forti”. I deboli vanno tutelati certo, ma non con continui e straordinari atti di assistenzialismo. Devono essere tutelati dallo svolgersi ordinario della vita sociale perché ritenuti parte preziosa, importante, necessaria alla vita del Paese».

Chi sono i deboli oggi?

«Gli immigrati, gli anziani, chi fatica ad avere le risorse economiche. Ma i più deboli oggi sono purtroppo i giovani, preoccupati per la mancanza di prospettive serie di lavoro, di famiglia, di stabilità, di spazi di giusto protagonismo, di modelli di vita, di opportunità dove misurarsi e mettersi alla prova: insomma, poveri di futuro. In questo, il Paese purtroppo è peggiorato. Chi governa dovrebbe avere il coraggio e la determinazione di impostare le manovre economiche assicurando una vera speranza ai giovani, all’infanzia, alla scuola. Se vogliamo che il futuro del Paese sia migliore, è qui che occorre indirizzare le energie».

Come già accennava, si ripropone una “questione morale” ancora una volta a Milano (caso Penati): lei, il vescovo di Milano, quali riflessioni ha fatto sulla politica e l’economia e gli intrecci poco virtuosi, che portano alla corruzione, spesso reciproca, denunciata anche recentemente da papa Benedetto XVI?

«Ogni giorno, leggendo i giornali, si è portati a pensare che si stia sprofondando sempre più in basso. L’immoralità è dilagante, a tutti i livelli della società, e pare che al peggio non ci sia più limite, che la catastrofe sia alle porte. Dovremmo però purificare lo sguardo, magari aiutati da mezzi di comunicazione più coraggiosi. Molti sono corrotti, ma non mancano gli amministratori onesti. Penso ai tanti sindaci, amministratori locali, consiglieri provinciali o regionali, parlamentari che incontro e che mi testimoniano la loro passione per il bene comune, quasi consumati dalla voglia sincera di servire e migliorare il proprio Comune, il territorio, il Paese. Non dimentichiamoci di loro, così come di chi continua con dedizione a far “funzionare” il Paese, a garantire i servizi supplendo alle negligenze di chi ha maggiori responsabilità. Prima di accusare l’immoralità degli altri, ciascuno verifichi sé stesso, i piccoli gesti quotidiani, sia fedele nelle proprie piccole e grandi responsabilità».

Milano è la città da dove sono venute persone che hanno cambiato l’Italia. Forse insistendo troppo sui personalismi: da Craxi a Berlusconi, a Bossi. Milano è anche diventata la città di Tettamanzi, il vescovo che si è “opposto”, un vescovo sgradito e per alcuni un vescovo con un ruolo “innaturale”. Lei che idea si è fatto del ruolo di un vescovo a Milano?

«Milano è una città dove l’impronta cristiana è forte. Guidare la Chiesa ambrosiana, in un territorio complesso come quello di Milano, è un peso e una grande responsabilità, ma è anche un’esperienza di singolare arricchimento. Come vescovo a Milano ho cercato di servire il Vangelo e di fare della Parola del Signore la bussola e la guida del mio episcopato. Ci sono stati momenti di difficoltà, fatiche anche. Ma il vescovo deve avere il coraggio e la libertà di dire quel che pensa sia giusto, quel che dice il Vangelo, senza temere le critiche».

Sembra che il semplice annuncio del Vangelo sia tuttora dirompente, in una società come la nostra. A suo parere, da che cosa è motivato questo eterno “scandalo” rappresentato dal cristianesimo?

«Sulla Parola di Dio, che è una promessa, si fonda l’amore. La nostra società vive di parole, troppe e spesso inutili parole. Ecco, forse da qui, dall’osservazione della realtà, bisogna partire per rispondere alla vostra domanda: travolti dalle parole – vuote, inefficaci, convenzionali, inaffidabili – la donna e l’uomo di oggi sperimentano l’insopprimibile bisogno di una parola affidabile, carica di senso, che compia quanto promette, che dischiuda l’orizzonte e mostri il futuro. E la Parola di Dio, se adeguatamente annunciata e udita, ha questa forza sempre nuova, dirompente, che a volte scandalizza, ed è capace di attrarre e affascinare l’uomo contemporaneo».

Alberto Bobbio e Saverio Gaeta - intervista completa


Digg Google Bookmarks reddit Mixx StumbleUpon Technorati Yahoo! Buzz DesignFloat Delicious BlinkList Furl

0 commenti: on ""Meno parole, più Vangelo""

Posta un commento