mercoledì 25 maggio 2011

Carità e Verità: Caritas in Veritate - XXIV

Continuiamo la lettura della nuova Enciclica di Papa Benedetto XVI "Caritas in veritate". Proseguiamo con la lettura del capitolo cinque nel quale ci si sofferma sul dialogo, sulla solidarietà e sussidiarietà le quali devono camminare insieme, garantendo e permettendo così il benessere per ogni popolo. In particolare il Santo Padre volge lo sguardo alle popolazioni più povere, valorizzando e incoraggiando le loro produzioni promuovendole per un'immissione sul mercato internazionale, favorendo così la crescita e lo sviluppo di questi paesi. Vedremo anche come sia importante  iniziare e consolidare le relazioni fraterne anche nel settore lavorativo, non occupandosi solo della parte economica, ma impegnandosi soprattutto per la realizzazione di un'ambiente amichevole e fraterno. Come dovrebbero agire le forze politiche e sociali? Quali sono le strade da percorrere per garantire i diritti di ogni uomo? A queste domande risponde il Santo Padre, presentando le giuste soluzioni da attuare:



58. Il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell'assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno. Questa regola di carattere generale va tenuta in grande considerazione anche quando si affrontano le tematiche relative agli aiuti internazionali allo sviluppo. Essi, al di là delle intenzioni dei donatori, possono a volte mantenere un popolo in uno stato di dipendenza e perfino favorire situazioni di dominio locale e di sfruttamento all'interno del Paese aiutato. Gli aiuti economici, per essere veramente tali, non devono perseguire secondi fini. Devono essere erogati coinvolgendo non solo i governi dei Paesi interessati, ma anche gli attori economici locali e i soggetti della società civile portatori di cultura, comprese le Chiese locali. I programmi di aiuto devono assumere in misura sempre maggiore le caratteristiche di programmi integrati e partecipati dal basso. Resta vero infatti che la maggior risorsa da valorizzare nei Paesi da assistere nello sviluppo è la risorsa umana: questa è l'autentico capitale da far crescere per assicurare ai Paesi più poveri un vero avvenire autonomo. Va anche ricordato che, in campo economico, il principale aiuto di cui hanno bisogno i Paesi in via di sviluppo è quello di consentire e favorire il progressivo inserimento dei loro prodotti nei mercati internazionali, rendendo così possibile la loro piena partecipazione alla vita economica internazionale. Troppo spesso, nel passato, gli aiuti sono valsi a creare soltanto mercati marginali per i prodotti di questi Paesi. Questo è dovuto spesso a una mancanza di vera domanda di questi prodotti: è pertanto necessario aiutare tali Paesi a migliorare i loro prodotti e ad adattarli meglio alla domanda. Inoltre, alcuni hanno spesso temuto la concorrenza delle importazioni di prodotti, normalmente agricoli, provenienti dai Paesi economicamente poveri. Va tuttavia ricordato che per questi Paesi la possibilità di commercializzare tali prodotti significa molto spesso garantire la loro sopravvivenza nel breve e nel lungo periodo. Un commercio internazionale giusto e bilanciato in campo agricolo può portare benefici a tutti, sia dal lato dell'offerta che da quello della domanda. Per questo motivo, non solo è necessario orientare commercialmente queste produzioni, ma stabilire regole commerciali internazionali che le sostengano, e rafforzare il finanziamento allo sviluppo per rendere più produttive queste economie.

59. La cooperazione allo sviluppo non deve riguardare la sola dimensione economica; essa deve diventare una grande occasione di incontro culturale e umano. Se i soggetti della cooperazione dei Paesi economicamente sviluppati non tengono conto, come talvolta avviene, della propria ed altrui identità culturale fatta di valori umani, non possono instaurare alcun dialogo profondo con i cittadini dei Paesi poveri. Se questi ultimi, a loro volta, si aprono indifferentemente e senza discernimento a ogni proposta culturale, non sono in condizione di assumere la responsabilità del loro autentico sviluppo [139]. Le società tecnologicamente avanzate non devono confondere il proprio sviluppo tecnologico con una presunta superiorità culturale, ma devono riscoprire in se stesse virtù talvolta dimenticate, che le hanno fatte fiorire lungo la storia. Le società in crescita devono rimanere fedeli a quanto di veramente umano c'è nelle loro tradizioni, evitando di sovrapporvi automaticamente i meccanismi della civiltà tecnologica globalizzata. In tutte le culture ci sono singolari e molteplici convergenze etiche, espressione della medesima natura umana, voluta dal Creatore, e che la sapienza etica dell'umanità chiama legge naturale [140]. Una tale legge morale universale è saldo fondamento di ogni dialogo culturale, religioso e politico e consente al multiforme pluralismo delle varie culture di non staccarsi dalla comune ricerca del vero, del bene e di Dio. L'adesione a quella legge scritta nei cuori, pertanto, è il presupposto di ogni costruttiva collaborazione sociale. In tutte le culture vi sono pesantezze da cui liberarsi, ombre a cui sottrarsi. La fede cristiana, che si incarna nelle culture trascendendole, può aiutarle a crescere nella convivialità e nella solidarietà universali a vantaggio dello sviluppo comunitario e planetario.

60. Nella ricerca di soluzioni della attuale crisi economica, l'aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri deve esser considerato come vero strumento di creazione di ricchezza per tutti. Quale progetto di aiuto può prospettare una crescita di valore così significativa — anche dell'economia mondiale — come il sostegno a popolazioni che si trovano ancora in una fase iniziale o poco avanzata del loro processo di sviluppo economico? In questa prospettiva, gli Stati economicamente più sviluppati faranno il possibile per destinare maggiori quote del loro prodotto interno lordo per gli aiuti allo sviluppo, rispettando gli impegni che su questo punto sono stati presi a livello di comunità internazionale. Lo potranno fare anche rivedendo le politiche di assistenza e di solidarietà sociale al loro interno, applicandovi il principio di sussidiarietà e creando sistemi di previdenza sociale maggiormente integrati, con la partecipazione attiva dei soggetti privati e della società civile. In questo modo è possibile perfino migliorare i servizi sociali e di assistenza e, nello stesso tempo, risparmiare risorse, anche eliminando sprechi e rendite abusive, da destinare alla solidarietà internazionale. Un sistema di solidarietà sociale maggiormente partecipato e organico, meno burocratizzato ma non meno coordinato, permetterebbe di valorizzare tante energie, oggi sopite, a vantaggio anche della solidarietà tra i popoli.


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