martedì 23 agosto 2011

Cento anni dopo - Centesimus Annus - XVII parte

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica del Beato Giovanni Paolo II, intitolata "Centesimus Annus" e promulgata nel centenario della Rerum Novarum. Restiamo nel quarto capitolo incentrato sulla proprietà privata e l'universale destinazione dei beni.Oggi l'occhio si sofferma però su alcune situazioni disdicevoli presenti nelle economie avanzate: in queste economie si creano infatti situazioni caratterizzate da un forte materialismo ed egoismo. Questo si traduce in un consumo sfrenato, in un aumento del superfluo che appesantisce le vite degli uomini: infatti, quando si vive per avere sempre di più, non si vive più liberi, ma oppressi dalla voglia del possesso. Giovanni Paolo II ci tiene a sottolineare che i consumi e gli investimenti non sono un male di per sé, ma bisogna vedere come essi sono orientati, a cosa conducono e perché si pongono in essere. Ad esempio, un fruitore di droghe o pornografia chiaramente dimostra di orientare i suoi consumi solo per poter colmare un vuoto spirituale che non si riesce a colmare per varie ragioni, molte delle quali legate alla solitudine, vera bestia di questo secolo: 

36. Conviene ora rivolgere l'attenzione agli specifici problemi ed alle minacce, che insorgono all'interno delle economie più avanzate e sono connesse con le loro peculiari caratteristiche. Nelle precedenti fasi dello sviluppo, l'uomo è sempre vissuto sotto il peso della necessità: i suoi bisogni erano pochi, fissati in qualche modo già nelle strutture oggettive della sua costituzione corporea, e l'attività economica era orientata a soddisfarli. È chiaro che oggi il problema non è solo di offrirgli una quantità di beni sufficienti, ma è quello di rispondere ad una domanda di qualità: qualità delle merci da produrre e da consumare; qualità dei servizi di cui usufruire; qualità dell'ambiente e della vita in generale.

La domanda di un'esistenza qualitativamente più soddisfacente e più ricca è in sé cosa legittima; ma non si possono non sottolineare le nuove responsabilità ed i pericoli connessi con questa fase storica. Nel modo in cui insorgono e sono definiti i nuovi bisogni, è sempre operante una concezione più o meno adeguata dell'uomo e del suo vero bene: attraverso le scelte di produzione e di consumo si manifesta una determinata cultura, come concezione globale della vita. È qui che sorge il fenomeno del consumismo. Individuando nuovi bisogni e nuove modalità per il loro soddisfacimento, è necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali. Al contrario, rivolgendosi direttamente ai suoi istinti e prescindendo in diverso modo dalla sua realtà personale cosciente e libera, si possono creare abitudini di consumo e stili di vita oggettivamente illeciti e spesso dannosi per la sua salute fisica e spirituale. Il sistema economico non possiede al suo interno criteri che consentano di distinguere correttamente le forme nuove e più elevate di soddisfacimento dei bisogni umani dai nuovi bisogni indotti, che ostacolano la formazione di una matura personalità. È, perciò, necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, la quale comprenda l'educazione dei consumatori ad un uso responsabile del loro potere di scelta, la formazione di un alto senso di responsabilità nei produttori e, soprattutto, nei professionisti delle comunicazioni di massa, oltre che il necessario intervento delle pubbliche Autorità.

Un esempio vistoso di consumo artificiale, contrario alla salute e alla dignità dell'uomo e certo non facile a controllare, è quello della droga. La sua diffusione è indice di una grave disfunzione del sistema sociale e sottintende anch'essa una «lettura» materialistica e, in un certo senso, distruttiva dei bisogni umani. Così la capacità innovativa dell'economia libera finisce con l'attuarsi in modo unilaterale ed inadeguato. La droga come anche la pornografia ed altre forme di consumismo, sfruttando la fragilità dei deboli, tentano di riempire il vuoto spirituale che si è venuto a creare.

Non è male desiderare di viver meglio, ma è sbagliato lo stile di vita che si presume esser migliore, quando è orientato all'avere e non all'essere e vuole avere di più non per essere di più, ma per consumare l'esistenza in un godimento fine a se stesso.75 È necessario, perciò, adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti. In proposito, non posso ricordare solo il dovere della carità, cioè il dovere di sovvenire col proprio «superfluo» e, talvolta, anche col proprio «necessario» per dare ciò che è indispensabile alla vita del povero. Alludo al fatto che anche la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, è sempre una scelta morale e culturale. Poste certe condizioni economiche e di stabilità politica assolutamente imprescindibili, la decisione di investire, cioè di offrire ad un popolo l'occasione di valorizzare il proprio lavoro, è anche determinata da un atteggiamento di simpatia e dalla fiducia nella Provvidenza, che rivelano la qualità umana di colui che decide.


Digg Google Bookmarks reddit Mixx StumbleUpon Technorati Yahoo! Buzz DesignFloat Delicious BlinkList Furl

0 commenti: on "Cento anni dopo - Centesimus Annus - XVII parte"

Posta un commento