Abbiamo visto, nella giornata di ieri, le parole pronunciate da Papa Benedetto XVI, dopo l'Angelus, sottoforma di appello per la pace in Siria ed in Libia, tartassate dalla guerra interna e da episodi di violenza inaudita. Tramite AsiaNews scopriamo se quest'appello può riuscire a raggiungere il suo obiettivo:
Aleppo (AsiaNews) – L’appello lanciato ieri da Benedetto XVI alla Siria “è un appello che può essere ben ricevuto”: questa è l’opinione espressa ad AsiaNews dall’arcivescovo melchita di Aleppo, Jean Clement Jeanbart. “E’ un appello che può essere ben ricevuto, perché non incrimina e non giudica nessuno. E’ un appello positivo. Indica una riconciliazione e un’apertura verso il dialogo”. (07/08/2011 Papa: Appello per la riconciliazione e la pace in Siria e Libia). E anche a Damasco fonti cattoliche offrono una valutazione positiva sulla possibilità che le parole di Benedetto XVI abbiano una ricaduta positiva sulla situazione del Paese: “parla a tutti, non afferma che qualcuno ha ragione e qualcun altro torto; non prende posizione a favore o contro nessuno, il governo o l’opposizione; ma chiede che le persone parlino, non sparino. E’ un buon appello”. Bisogna vedere adesso, aggiungono le fonti cattoliche damascene, come “i media locali lo riporteranno; i nostri giovani non se l’hanno letto da fonti estere, e per questo è ancora presto per valutare l’impatto delle parole del Papa”.
La situazione nel Paese resta ancora tesa. L’Arabia saudita ha richiamato oggi il suo ambasciatore a Damasco; l’ha annunciato il re Abdullah in una dichiarazione letta alla televisione statale. “Quello che sta accadendo in Siria non è accettabile per l’Arabia saudita – ha affermato il re, che però ha soffocato sul nascere analoghe richieste di democrazia nel suo Paese – La Siria deve riflettere saggiamente prima che sia troppo tardi e promuovere e mettere in atto riforme che non siano solo promesse ma riforme reali”. Anche la Lega araba ha chiesto la fine immediata delle violenze. Il governo di Assad ha decretato la fine dello stato di emergenza in vigore da mezzo secolo, ha promosso una legge sul multipartitismo e ha promesso elezioni legislative entro la fine dell’anno. Ma le violenze non sembrano cessare. Secondo fonti non verificabili in maniera indipendente ieri altre decine di persone sarebbero morte a Deir ez Zor e a Hula, vicino a Homs.
In questo quadro preoccupante si inserisce l’appello di ieri di Benedetto XVI. “Il Papa chiede una soluzione di concertazione di dialogo e di pace, e di rinunciare alle armi e alla violenza – dichiara ad AsiaNews mons. Jeanbart - . Credo che sia un appello che possa mettere tutti d’accordo; qui nel Paese si cerca di far sì che la soluzione sia pacifica”. L’arcivescovo di Aleppo dei melchiti afferma ancora: “Bisogna però fare attenzione perché i media trasmettono male l’immagine della soluzione in Siria. Ci sono delle violenze, ma sono soprattutto le bande armate che provocano la violenza da parte dei servizi di sicurezza. E spesso intervengono su richiesta della popolazione, che non ne può più. Bisogna dire che c’è anche questo. Non si può dire che il regime non è cambiato, ha fatto molte cose, dei miglioramenti, ha decretato leggi che liberalizzano, non c’è più lo stato di emergenza, molti prigionieri politici sono stati liberati, c’è una legge per il multipartitismo, e una nuova legge per le elezioni. Non è per difendere il governo, ma non sono cose che possano essere fatte da un giorno all’altro. Quando hai avuto per decenni un regime dirigista, quasi totalitario, bisogna dare del tempo per il passaggio. Le riforme sono all’orizzonte; non so se saranno realizzate così presto come vorremmo; ma c’è certamente un cambiamento”.
Anche per questo motivo le parole del Papa possono essere un contributo nella direzione giusta: “E’ un appello che può essere ben ricevuto, perché non incrimina e non giudica nessuno. E’ un appello positivo. Indica una riconciliazione e un’apertura verso il dialogo”. Il presule non si nasconde le difficoltà: “Sono molto preoccupato, perché l’opposizione è un’opposizione irosa e fanatica, di fondamentalisti musulmani, e tutto quello che vuole è affondare il regime. E che cosa succederebbe dopo, non si sa. E vediamo che gli oppositori sono sostenuti da Al Qaeda e dall’Arabia saudita, e da paesi che hanno interesse a lasciare governare i Fratelli musulmani per avere in mano la situazione; e questo sarebbe molto grave per i cristiani, ci sarebbe un esodo, come in Iraq. E poi anche il Libano seguirebbe la stessa strada”.
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