mercoledì 6 luglio 2011

Carità e Verità: Caritas in Veritate - XXIX

 Proseguiamo la lettura della Lettera Enciclica Caritas in Veritate: La Carità nella Verità. Siamo sempre nell'ultimo capitolo dedicato al rapporto tra la tecnica e lo sviluppo dei popoli: la preoccupazione di Papa Benedetto XVI è che vi sia un affidamento alla tecnica svincolato da responsabilità morali; tali preoccupazioni riflettono in sintesi quanto è già avvenuto in passato e cioè come il progresso tecnico abbia cambiato il mondo non solo positivamente, ma anche negativamente provocando conseguenze nefasti per l'uomo, per l'ambiente e per popoli interi. Anche la recente crisi economica è frutto di un sistema che si è sviluppato a grandi velocità attraverso lo sviluppo della tecnica che ha facilitato gli scambi e le operazioni finanziarie: questo sviluppo è stato però solo tecnico e completamente avulso da concezioni etico-morali; e la mancanza di un freno etico-morale ha prodotto risultati aberranti con la conseguenza che la crisi è oggi costretta a pagarla, in maggior parte, chi non l'ha nemmeno prodotta, come i lavoratori dipendenti e i pensionati. Ecco perché Papa Benedetto XVI sottolinea, in questo lavoro, l'importanza di uno sviluppo della tecnica che non richieda solo professionalità in senso stretto, ma anche vera responsabilità morale:

CAPITOLO SESTO

LO SVILUPPO DEI POPOLI
 E LA TECNICA 

70. Lo sviluppo tecnologico può indurre l'idea dell'autosufficienza della tecnica stessa quando l'uomo, interrogandosi solo sul come, non considera i tanti perché dai quali è spinto ad agire. È per questo che la tecnica assume un volto ambiguo. Nata dalla creatività umana quale strumento della libertà della persona, essa può essere intesa come elemento di libertà assoluta, quella libertà che vuole prescindere dai limiti che le cose portano in sé. Il processo di globalizzazione potrebbe sostituire le ideologie con la tecnica [152], divenuta essa stessa un potere ideologico, che esporrebbe l'umanità al rischio di trovarsi rinchiusa dentro un a priori dal quale non potrebbe uscire per incontrare l'essere e la verità. In tal caso, noi tutti conosceremmo, valuteremmo e decideremmo le situazioni della nostra vita dall'interno di un orizzonte culturale tecnocratico, a cui apparterremmo strutturalmente, senza mai poter trovare un senso che non sia da noi prodotto. Questa visione rende oggi così forte la mentalità tecnicistica da far coincidere il vero con il fattibile. Ma quando l'unico criterio della verità è l'efficienza e l'utilità, lo sviluppo viene automaticamente negato. Infatti, il vero sviluppo non consiste primariamente nel fare. Chiave dello sviluppo è un'intelligenza in grado di pensare la tecnica e di cogliere il senso pienamente umano del fare dell'uomo, nell'orizzonte di senso della persona presa nella globalità del suo essere. Anche quando opera mediante un satellite o un impulso elettronico a distanza, il suo agire rimane sempre umano, espressione di libertà responsabile. La tecnica attrae fortemente l'uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l'orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Di qui, l'urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell'uso della tecnica. A partire dal fascino che la tecnica esercita sull'essere umano, si deve recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell'ebbrezza di una totale autonomia, ma nella risposta all'appello dell'essere, a cominciare dall'essere che siamo noi stessi.

71. Questa possibile deviazione della mentalità tecnica dal suo originario alveo umanistico è oggi evidente nei fenomeni della tecnicizzazione sia dello sviluppo che della pace. Spesso lo sviluppo dei popoli è considerato un problema di ingegneria finanziaria, di apertura dei mercati, di abbattimento di dazi, di investimenti produttivi, di riforme istituzionali, in definitiva un problema solo tecnico. Tutti questi ambiti sono quanto mai importanti, ma ci si deve chiedere perché le scelte di tipo tecnico finora abbiano funzionato solo relativamente. La ragione va ricercata più in profondità. Lo sviluppo non sarà mai garantito compiutamente da forze in qualche misura automatiche e impersonali, siano esse quelle del mercato o quelle della politica internazionale. Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune. Sono necessarie sia la preparazione professionale sia la coerenza morale. Quando prevale l'assolutizzazione della tecnica si realizza una confusione fra fini e mezzi, l'imprenditore considererà come unico criterio d'azione il massimo profitto della produzione; il politico, il consolidamento del potere; lo scienziato, il risultato delle sue scoperte. Accade così che, spesso, sotto la rete dei rapporti economici, finanziari o politici, permangono incomprensioni, disagi e ingiustizie; i flussi delle conoscenze tecniche si moltiplicano, ma a beneficio dei loro proprietari, mentre la situazione reale delle popolazioni che vivono sotto e quasi sempre all'oscuro di questi flussi rimane immutata, senza reali possibilità di emancipazione.


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