domenica 3 luglio 2011

Trent'anni di Medugorje insegnano...

 La Vergine Maria apparve per la prima volta a sei bambini di Medjugorje il 24 giugno 1981. Per trent'anni, un paese sperduto è stato meta di numerosi pellegrinaggi da parte di centinaia di migliaia di fedeli tornati cambiati da quest'esperienza. Anche se ancora non possiamo avere il crisma dell'ufficialità della Chiesa Cattolica, poiché le apparizioni sono ancora in corso, lasciamo che a parlare siano i meravigliosi frutti di conversione che sono partiti da quell'incontro speciale. Purtroppo, noi cristiani siamo sempre disorientati e sembriamo pecore che corrono dove vogliono, senza seguire il Pastore: allora c'è bisogno che giunga qualcuno affinché mostri a noi pecore dove si trova il Pastore ad aspettarci; Maria, in questi anni, ha fatto proprio questo, cercando di farci ricordare che la Verità l'abbiamo sempre avuta con noi ed era presente e viva nel Vangelo di Gesù Cristo.
La nostra cara Enza, settimana scorsa, ci ha segnalato un articolo di Antonio Socci, da noi spesso citato, che si sofferma proprio sui 30 anni di Medugorje:



30 ANNI DI MEDJUGORIJE INSEGNANO: IL CRISTIANESIMO E’ UN MIRACOLO CHE STA ACCADENDO ORA 

(se non si capisce questo si finisce nel pelagianesimo: ridurre la fede a un proprio sforzo, a una propria introspezione o iniziativa, a un proprio percorso)

La scuola era appena finita e due adolescenti, Miriana e Ivanka, quel caldo pomeriggio del 24 giugno 1981, alle ore 17.45, stavano facendo una passeggiata fuori del paese di Bijakovici, frazione di Medjugorje, comune di Citluk, provincia di Mostar: il posto più sperduto del mondo.

Come cominciò

Dimenticato dagli uomini certamente. Ma non da Dio che ama ciò che è piccolo e insignificante.

A un certo punto Ivanka si volta verso la collina sassosa del Podbrdo: vede qualcuno lassù, a duecento metri di distanza, è una giovane ragazza, ha un bimbo piccolo in braccio.

Cosa ci fa in quel luogo desolato, pieno di vipere? Lassù non va mai nessuno. Ivanka si sofferma un attimo, vede che ha una veste lunga e un velo: “Ma quella è la Madonna!”.

Mirjana neanche si gira: “eh sì, figurati se la Madonna non ha altro da fare che venire a vedere cosa facciamo noi”. Cresciute sotto un regime comunista non avevano neanche mai sentito parlare di apparizioni come Lourdes o Fatima.

Arrivati in paese incontrano altri amici, Ivanka dice di aver visto una ragazza sulla collina sassosa, tornano su: è ancora lì. Fa cenno con la mano di avvicinarsi. Sono incantati, ma c’è anche timore.

Quel giorno non le si avvicineranno. Lo faranno il giorno successivo alla stessa ora: è una ragazza di una bellezza senza eguali. E dolcissima.

I sei ragazzi sono felici. E raccontano a tutti quello che è accaduto, ciò che hanno visto e che lei ha detto loro. Nel villaggio non si parla d’altro.

La voce corre, raggiunge i paesi vicini e pure la polizia. Il regime comunista è durissimo con i ragazzi: li arresta, li minaccia, minaccia le loro povere famiglie, ma loro non rinnegheranno mai quello che hanno visto.

Cominciano ad accadere subito segni e prodigi. Le stesse commissioni mediche e scientifiche che studiano, anche con delle macchine, ciò che si verifica durante le apparizioni riconoscono che lì c’è un mistero inspiegabile.

Un piccolo borgo nel mondo

Perché accade lì? I posti così sono prediletti dalla “bellissima ragazza” che proprio in un borgo sperduto – Nazaret – aveva vissuto. E sono dei ragazzi semplici e normali che lei sceglie per le sue missioni (apparentemente) impossibili: salvare il mondo.

Perché da quel momento iniziò una vicenda che, trent’anni dopo, possiamo definire uno dei più grandi eventi della storia della Chiesa e dell’umanità.

Ma all’inizio il mondo non se ne accorse. Come duemila anni prima. In quei giorni di giugno del 1981 di cosa parlavano i giornali?

In Italia c’era appena stato l’attentato al Papa, il referendum sull’aborto ed era scoppiato lo scandalo della P2. Dalla crisi di governo uscì il primo esecutivo laico della storia repubblicana guidato da Spadolini.

In Francia il socialista Mitterrand vinse le presidenziali e formò un governo con quattro ministri comunisti. Era una novità storica.

Intanto – mentre il Papa era ancora in ospedale – all’Est le pressioni di Mosca sulla Polonia, per cancellare Solidarnosc, si facevano ogni giorno più forti. Breznev arrivò a paventare il rischio di uno scontro nucleare.

Infatti a dicembre 1981 Solidarnosc fu schiacciata. Nessuno poteva immaginare che solo otto anni dopo l’impero comunista sarebbe crollato.

Nel frattempo in Iran – fatto fuori Bani Sadr – presero definitivamente il potere gli ayatollah che dettero fuoco alla polveriera islamica in tutto il mondo.

Come si vede dunque erano settimane di durissimo scontro fra i blocchi, fra vecchi e nuovi poteri, nazionali e planetari.

Tutti pensano che a fare la storia siano gli stati, gli eserciti, il petrolio, i cannoni, i poteri finanziari ed economici.

Perciò quel 24 e 25 giugno nessun giornale o tv del mondo poteva immaginare che nel più oscuro villaggio della Bosnia stesse accadendo un avvenimento di enorme importanza. Eppure è così.

Da trent’anni là accadono cose stupende e a milioni accorrono alla ricerca di lei, la bellissima, la dolcissima, la meraviglia dell’universo. Cosa cercano? E cosa trovano?

La storia di Silvia

Lo fa capire bene, per esempio, la storia di Silvia Buso, una giovane padovana.

L’ho incontrata il mese scorso al Palasport di Firenze: c’era una giornata di preghiera dei gruppi di Medjugorije, circa 4 mila persone.

Io feci una testimonianza su quello che era accaduto alla mia Caterina e la visita di una delle veggenti di Medjugorie.

Alla fine mi si avvicinò questa ragazza bionda, alta, atletica: “anche io” mi disse “ho avuto una grande grazia a Medjugorije”.

Di lì a poco fece lei stessa una testimonianza. Come già aveva fatto a Medjugorije nel 2010, al festival della gioventù (c’è il video anche su internet, nel sito di Radio Maria).

Silvia ha 22 anni. Nell’autunno del 2006, a 16 anni, d’improvviso si ritrova paraplegica, inchiodata a una carrozzella: fino ad allora aveva fatto sport, nuoto, danza, aveva amici. Frequentava la terza liceo. Una vita normale.

Di colpo il buio. Le gambe non si muovevano più. E poi attacchi simil-epilettici. Una tragedia.

La sua era una famiglia cattolica, ma “la messa domenicale” racconta la ragazza “per me era perlopiù un’abitudine, non un atto d’amore”.

Anche con la malattia, partecipando il venerdì a un gruppo di preghiera, era così. Un giorno una signora del gruppo le dette una medaglietta della Madonna che la Vergine stessa aveva benedetto a Medjugorije.

Silvia la mise al collo. In aprile e maggio del 2007 si immerse nello studio per sostenere gli esami, ma si faceva portare ogni giorno al gruppo di preghiera perché solo lì trovava pace.

Il 20 giugno la sua dottoressa le dice che la settimana successiva non ci sarà perché deve accompagnare sua mamma a Medjugorije.

Silvia d’istinto le chiede di andare con lei. Arrivati, dopo la messa vengono a sapere che la sera Ivan avrebbe avuto un’apparizione straordinaria sul monte Podbrdo.

Silvia, sia pure con imbarazzo, accetta si farsi portare in braccio fin lassù: “Alle 20 arrivammo. Ho iniziato a pregare e quello per me è il primo ricordo di una preghiera fatta veramente con il cuore”.

Racconta: “Io non ho mai chiesto la mia guarigione perché mi sembrava una cosa troppo impossibile. Poco prima dell’apparizione il mio capogruppo mi disse di chiedere tutto quello che volevo alla Madonna perché lei avrebbe ascoltato tutti, sarebbe scesa dal cielo sulla terra. Allora le ho chiesto che mi desse la forza per poter accettare a 17 anni una vita in carozzina”.

Alle 22 è iniziata l’apparizione a Ivan: “io sulla mia sinistra ho visto una luce, era una luce bianca bellissima” dice Silvia.

“Finita l’apparizione non l’ho più vista, però mi sentivo chiamare da tutte le parti. Ma non ho detto niente a nessuno di ciò che mi stava accadendo. Loro mi hanno ripeso in braccio e dopo sono scivolata all’indietro per terra come svenuta.

Però non mi sono fatta niente. Io ricordo solo che mi sentivo come su un materasso morbidissimo e che c’era una voce dolcissima che mi parlava e mi calmava coccolandomi.

Dopo qualche minuto, non so quanti, ho aperto i miei occhi e a mio padre che piangeva ho detto che sentivo finalmente le gambe: papà sono guarita! Cammino!”.

Ed è stato così. “Io ricordo che c’era una mano tesa davanti a me e io nel volergliela afferrare mi sono ritrovata in piedi come se fosse la cosa più naturale. Il mattino dopo alle 4,30 sono salita sulla montagna della croce, il Kriscevaz, con le mie gambe!”.

E’ guarita così. Ma oggi Silvia dice: “La grazia più grande che Dio mi ha fatto è stata la mia conversione e quella della mia famiglia. Il sentire l’amore di Dio e della Madonna: questa è per me è la cosa più bella e importante della mia vita”.

Silvia è timida, ma molto netta: “Con la conversione è come se Dio mi avesse acceso un fuoco dentro. Certo, il fuoco va sempre alimentato con la preghiera, il rosario, con l’eucaristia, la Santa messa e l’adorazione. E tutto ciò che chiede la Madonna a Medjugorije. E questo fuoco non si spegne. Questa per me è la cosa più bella”.

Bisogna chiedersi: cosa è mai questo “sentirsi teneramente amati” per attrarre milioni e milioni di persone e cambiare radicalmente le loro vite? Solo così si può cominciare a capire cosa sta accadendo a Medjugorije.

Antonio Socci

Da “Libero”, 25 giugno 2011

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