Mons. Sambi era nato 73 anni fa a Sogliano al Rubicone, diocesi di Rimini. Ordinato sacerdote nel 1964, entra nel servizio diplomatico della Santa Sede, prestando servizio in Camerun, Gerusalemme, Cuba, Algeria, Nicaragua, Belgio e India. Il 10 ottobre 1985 viene nominato arcivescovo titolare di Belcastro e pro-nunzio apostolico in Burundi; il cardinale Jozef Tomko lo consacra vescovo il 9 novembre dello stesso anno. Nel 1991 viene nominato nunzio in Indonesia e successivamente, nel 1998, assume l'incarico di rappresentante pontificio a Cipro e in Israele, nonché quello di delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina. Dal 17 dicembre 2005 è stato nunzio apostolico per gli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani. Come nunzio in Israele e delegato apostolico per la Palestina ha svolto un’intensa opera a sostegno dei cristiani di Terra Santa. Tra l’altro ha contribuito a risolvere l'assedio alla Basilica della Natività. Chiedeva la solidarietà di tutta la Chiesa invitando i pellegrini a recarsi nei luoghi di Gesù senza farsi scoraggiare dalla paura. Ai nostri microfoni, più volte era intervenuto per rassicurare sulla sicurezza dei pellegrinaggi:
“Credo che quelli che devono rassicurare sono soprattutto i pellegrini che fanno il pellegrinaggio senza problemi particolari. Sono loro che, al ritorno, devono testimoniare che si può fare il pellegrinaggio in tutta serenità, perché i problemi qui ci sono, ma non sono sul cammino dei pellegrini. E i pellegrini devono anche dare testimonianza di questa esperienza unica che hanno fatto, camminando sui passi di Gesù”. (Radio Vaticana, 25 marzo 2005)
Mons. Sambi ha seguito da vicino il difficile processo di pace in Terra Santa. “E’ una situazione dominata dalla paura, da entrambe le parti – sottolineava – ciascuna parte si attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte”. Non parlava di ottimismo, ma di speranza cristiana, una speranza basata sulla fede e anche sul sentire della gente comune:
“Quello che mi pare evidente è che i due popoli, israeliano e palestinese, siano estremamente stanchi di questa situazione di conflitto, di questo vivere quotidiano nella paura, dell’incertezza del futuro e della miseria, che sta bussando a tutte le porte, sia in Israele che in Palestina. E’ mia impressione, dai contatti numerosissimi che ho avuto, sia con il popolo palestinese che con il popolo israeliano, che la volontà popolare sia che finalmente il passo sia celere e si arrivi alla pace”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)
Giunto negli Stati Uniti, in una intervista alla Radio Vaticana gli fu chiesto quale fosse il suo ricordo di Gerusalemme. Questa la risposta di mons. Sambi:
“Ma vede, Gerusalemme è una città, per quanto lei possa fare per Gerusalemme, che le darà sempre molto di più di quanto lei potrà dare. Il ricordo è stato quello di essere vissuto anche con i problemi di ogni giorno, alla sorgente della nostra identità cristiana, alla fonte della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità. Non sono ricordi quelli che porto, sono modi di vivere la propria fede, la propria speranza e la propria carità, che nella preghiera quasi quotidiana al Santo Sepolcro, al Calvario, al Getsemani, all’Ascensione, diventano parte integrante del proprio modo di essere, di pensare, di pregare e di parlare”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)
Grande il cordoglio in Terra Santa per la sua scomparsa. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, intervistato dall’agenzia Sir, ha detto: “Ha molto amato la Terra Santa e la Terra Santa ha molto amato lui”.
“Credo che quelli che devono rassicurare sono soprattutto i pellegrini che fanno il pellegrinaggio senza problemi particolari. Sono loro che, al ritorno, devono testimoniare che si può fare il pellegrinaggio in tutta serenità, perché i problemi qui ci sono, ma non sono sul cammino dei pellegrini. E i pellegrini devono anche dare testimonianza di questa esperienza unica che hanno fatto, camminando sui passi di Gesù”. (Radio Vaticana, 25 marzo 2005)
Mons. Sambi ha seguito da vicino il difficile processo di pace in Terra Santa. “E’ una situazione dominata dalla paura, da entrambe le parti – sottolineava – ciascuna parte si attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte”. Non parlava di ottimismo, ma di speranza cristiana, una speranza basata sulla fede e anche sul sentire della gente comune:
“Quello che mi pare evidente è che i due popoli, israeliano e palestinese, siano estremamente stanchi di questa situazione di conflitto, di questo vivere quotidiano nella paura, dell’incertezza del futuro e della miseria, che sta bussando a tutte le porte, sia in Israele che in Palestina. E’ mia impressione, dai contatti numerosissimi che ho avuto, sia con il popolo palestinese che con il popolo israeliano, che la volontà popolare sia che finalmente il passo sia celere e si arrivi alla pace”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)
Giunto negli Stati Uniti, in una intervista alla Radio Vaticana gli fu chiesto quale fosse il suo ricordo di Gerusalemme. Questa la risposta di mons. Sambi:
“Ma vede, Gerusalemme è una città, per quanto lei possa fare per Gerusalemme, che le darà sempre molto di più di quanto lei potrà dare. Il ricordo è stato quello di essere vissuto anche con i problemi di ogni giorno, alla sorgente della nostra identità cristiana, alla fonte della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità. Non sono ricordi quelli che porto, sono modi di vivere la propria fede, la propria speranza e la propria carità, che nella preghiera quasi quotidiana al Santo Sepolcro, al Calvario, al Getsemani, all’Ascensione, diventano parte integrante del proprio modo di essere, di pensare, di pregare e di parlare”. (Radio Vaticana, 24 gennaio 2006)
Grande il cordoglio in Terra Santa per la sua scomparsa. Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, intervistato dall’agenzia Sir, ha detto: “Ha molto amato la Terra Santa e la Terra Santa ha molto amato lui”.
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