domenica 31 luglio 2011

Il punto della settimana - La casta sempre più casta

C'era una volta il monarca: egli era colui che governava il regno su cui si estendeva la sua sovranità. Il re poteva aumentare il gettito delle imposte non solo per far fronte alle misere spese del regno, ma anche per assicurare a sé e alla corte, un "equo" benessere. Allora il popolo cominciò a non gradire il fatto di pagare le imposte non per ricevere qualcosa in cambio, ma per assicurare il benessere di pochi uomini. Sorsero le rivolte che portarono alle creazioni di parlamenti che avevano il compito di rappresentare il popolo, limitando così il potere monarchico. Ma anche in questi sistemi, i ricchi avevano in mano il controllo della situazione e quindi il popolo rimaneva sempre compresso senza ricevere molto in cambio. Ci furono rivolte e guerre e si giunse alla formazioni di stati democratici, dove la sovranità non apparteneva né al re né al parlamento, ma direttamente al popolo! Ed ecco la nostra era: la nostra Costituzione esplicitamente afferma che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei modi e nei limiti della legge. Sembrerebbe che lo stato democratico sia il coronamento del sogno di avere una politica orientata al benessere collettivo e non ristretta al benessere delle caste. Purtroppo, la crisi economica che stiamo attraversando, ci ha fatto aprire gli occhi e ci ha mostrato una classe politica ancora chiusa su sé stessa, rannicchiata per difendere i propri interessi economici, a discapito del popolo. Basta guardare la manovra in corso e basta guardare all'indecente legge nota come processo lungo (non dovevano accorciarlo?). La manovra ha spremuto i redditi medio-bassi, lasciando immacolati i redditi medio-alti: come se questo non fosse necessario, la casta della politica ha pensato bene di non toccarsi minimamente le proprie indennità con annessi privilegi, facendo capire che non si è disposti a pagare la crisi. C'è stato anche una parlamentare che ha candidamente ammesso che i politici non navigano nell'oro e che hanno le spese da pagare: ci sarebbe piaciuto essere lì per rispondere a quest'onesta signora, ricordandole che anche gli operai hanno le spese da pagare e che i loro stipendi erano già ampiamente tartassati prima della manovra (figuriamoci ora...).
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha finalmente cominciato a dare l'esempio, rinunciando agli aumenti di contingenza e riducendo le spese del Quirinale: ora ci attendiamo che queste riduzioni di spesa e di indennità si estendano a tutto il ramo politico; ci attendiamo una riduzione delle indennità parlamentari e dei loro privilegi; ci attendiamo la riduzione degli stipendi dei membri del governo e il taglio delle province.
Ma invece di porre l'attenzione su questi importanti questioni, il governo sembra preoccupato dal fatto che i processi sono troppo brevi: per questo viene deciso di varare il processo lungo! Solo un anno fa si voleva introdurre il processo breve, ma stranamente ora si è deciso di provvedere all'introduzione del processo lungo. In cosa consiste? In parole povere esso comporta la possibilità di poter ascoltare tutti i testimoni che si hanno a disposizione, indipendentemente dalla loro attinenza al processo. La conseguenza di questo provvedimento è un allungamento dei tempi processuali che porteranno il processo direttamente in prescrizione! E così non potrà giungere a sentenza. Ovviamente il primo a beneficiarne sarà il Presidente del Consigli Silvio Berlusconi che, stranamente, risulta quasi sempre avvantaggiato dalle leggi emanate soprattutto in materia di giustizia.
In sostanza, questa legge dimostra l'attenzione egoistica e settoriale di un governo che non pone assolutamente attenzione ai problemi della società reale, perché troppo impegnata a proteggere i propri membri dai procedimenti giudiziari. Quando assisteremo alla nascita di una formazione statale capace davvero di perseguire il bene collettivo?
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