domenica 19 giugno 2011

Farah Hatim, la ragazza cattolica costretta a convertirsi all’islam

Continuiamo a seguire la situazione critica in cui versano i nostri fratelli cristiani nelle terre mediorientali dove la libertà religiosa sembra purtroppo un miraggio. Dopo aver visto Asia Bibi e le famiglie fuggite dal Punjab, vediamo oggi la situazione di Farah Hatim, la ragazza cattolica rapita nel sud Punjab, costretta a sposare un uomo musulmano e a convertirsi all’islam. Questa situazione denota l'aspetto malato di quella parte dell'Islam che pensa di convertire gli uomini con la forza: a cosa serve usare la forza? Si può forse convertire il cuore degli uomini attraverso la forza? Si otterrà l'obbedienza del corpo, ma non l'obbedienza dello spirito che appartiene sempre a Cristo. Ciò che sta accadendo a Farah è ignobile e allo stesso tempo insensato perché Farah non si convertirò mai all'Islam con il suo cuore, perché sarà fisicamente costretta ad aderire a qualcosa in cui non crede. Speriamo un giorno quegli uomini ignobili comprendano che è inutile la conversione forzata perché è il cuore il centro della fede e non l'essere esteriore: 

[Radio Vaticana] La Chiesa pakistana è in prima linea nel chiederne la liberazione con la Commissione “Giustizia e Pace”, che sta ultimando la sua indagine sul caso. Mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, ha auspicato un intervento dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. L'opinione del presule al microfono di Marco Guerra:

R. - Il primo passo da fare è avere i dati precisi e le informazioni sicure su questa situazione, perché finora nessuno è riuscito a parlare con questa ragazza. C’è perciò bisogno di provvedere un meccanismo che permetta in questi casi di sequestro, di forzatura, di abbandono della propria fede di poter avere degli avvocati o dei rappresentanti dello Stato o persone della famiglia per poter parlare direttamente con le ragazze e sapere esattamente come stanno le cose. Secondo: penso che tutto il sistema educativo deve portare al rispetto delle persone, anche se sono minoritarie nella loro cultura o nella loro fede. Terzo, penso che sia importante che il sistema giudiziario in questi Paesi non ignori le minoranze, ma risponda non tanto alle pressioni di persone influenti, quando alle esigenze del rispetto dei diritti umani fondamentali di ogni persona.

D. - Come lei ha accennato, su questo caso si riapre la questione del sistema giudiziario pakistano e anche, direi, della legge sulla blasfemia…

R. - Sia in Pakistan che fuori, da parte di persone musulmane o cristiane, si è d’accordo che l’attuale legge sulla blasfemia non funziona: è solo usata come strumento di persecuzione per alcune persone o come abuso di potere o come scusa per sistemare problemi di altro genere, che non hanno niente a che vedere con la religione. Per cui l’urgenza è modificare ed abolire questo tipo di legge, in modo che la libertà religiosa possa essere praticata con serenità da parte di tutti. E’ un cammino difficile, perché in questo momento - certo - la maggioranza e l’opinione pubblica è particolarmente suscettibile a non accettare alcuna modifica di questa legge. Lentamente, però, bisognerà educare e camminare in questa direzione.

D. - In molti casi, dietro a questo fenomeno, troviamo persino minori rapiti e costretti in stato di schiavitù. Questo è stato più volte denunciato in Pakistan, dove spesso le giovani vittime appartengono alla minoranza cristiana…

R. - Sta avvenendo da anni che delle ragazze cristiane vengano costrette a sposare ragazzi musulmani e - in questo procedimento - obbligate a rinunciare alla loro fede contro la loro volontà e forzate a confessare la fede islamica. Sono circa 700 le ragazze che, ogni anno, vengono sottoposte a questo tipo di conversioni forzate. (mg)
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