sabato 25 giugno 2011

La Chiesa nel mondo contemporaneo - XXV parte

Continuiamo il nostro cammino di lettura della Costituzione Pastorale "Gaudiem et spes" di Papa Paolo VI. Continuiamo a leggere le sue parole scaturite dalla forte preoccupazione derivante dalla crisi che cominciava a colpire il sistema familiare. Oggi, in particolare, vediamo l'aspetto fecondativo del matrimonio (importante, ma non esclusivo poiché come detto da Paolo VI, il matrimonio è anche alleanza manifestante amore vicendevole) che permette ai coniugi di partecipare all'opera della Creazione, attraverso la loro piena disponibilità alla procreazione. Oggi c'è chi fa di tutto per impedire la procreazione, ma facendo questo non si fa altro che porsi contro il volere di Dio e la manifestazione piena del vero amore che non può che culminare nella scintilla della vita: 

PARTE II

ALCUNI PROBLEMI PIÙ URGENTI
 

50. La fecondità del matrimonio

Il matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori stessi. Dio che disse: « non è bene che l'uomo sia solo» (Gn 2,18) e «che creò all'inizio l'uomo maschio e femmina » (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo una speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e la donna, dicendo loro: «crescete e moltiplicatevi» (Gn 1,28). Di conseguenza un amore coniugale vero e ben compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare coraggiosamente con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.

I coniugi sappiano di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro propria.

E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi. Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia con forme alla legge divina stessa; e siano docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge alla luce del Vangelo.

Tale legge divina manifesta il significato pieno dell'amore coniugale, lo protegge e lo conduce verso la sua perfezione veramente umana.

Così quando gli sposi cristiani, fidando nella divina Provvidenza e coltivando lo spirito di sacrificio (117), svolgono il loro ruolo procreatore e si assumono generosamente le loro responsabilità umane e cristiane, glorificano il Creatore e tendono alla perfezione cristiana.

Tra i coniugi che in tal modo adempiono la missione loro affidata da Dio, sono da ricordare in modo particolare quelli che, con decisione prudente e di comune accordo, accettano con grande animo anche un più grande numero di figli da educare convenientemente (118).

Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c'è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità.


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