Carissimi, oggi siamo riusciti a reperire un inedito pubblicato da Avvenire: si tratta della voce di Asia Bibi che ci mostra cosa sta accadendo lei in questi giorni terribili. Comprendiamo quanto ingiusta e vergognosa sia la legge della blasfemia: come si può condannare qualcuno solo perché di religione diversa? Perchè ancora non si riesce ad instaurare ovunque la libertà di religione? Un mondo civile non può fare a meno del rispetto della libertà religiosa. Purtroppo però ci sono fanatici che non conoscono Dio, ma che pretendono di giudicare e condannare in suo nome. Nessuno ha il potere di condannare a morte, perchè Dio solo può farlo e Lui, pur potendo non lo fa. Dio avrebbe potuto già eliminarci tutti dopo gli orribili crimini che abbiamo commesso: ma il Suo braccio non si è disteso contro di noi perchè il Suo amore è più grande di quanto possiamo immaginare e basta la presenza di un solo giusto che prega per placare la Sua ira. Se Dio è dunque così misericordioso, perché ci sono uomini che uccidono in Suo nome? Nessun figlio di Dio farebbe mai una cosa simile: solo i figli del male possono fare queste cose orribili. Leggiamo ora il messaggio di Asia Bibi, con la speranza che Dio possa assisterla, guidandola verso la liberazione:
Io, Asia Bibi, muoio: ascoltate la mia voce!
In carcere i giorni e le notti sono uguali. Non so più dire che cosa provo. Paura, questo è sicuro... ma non mi opprime più come all’inizio. I primi giorni arrivava a farmi battere un tamburo in petto. Ora si è un po’ calmata. Non è più un soprassalto continuo. Le lacrime no, non mi hanno mai lasciata. Scendono a intervalli regolari. I singhiozzi, invece, sono cessati. Le lacrime sono le mie compagne di cella. Mi dicono che non mi sono ancora arresa, mi dicono che sono vittima di un’ingiustizia, mi dicono che sono innocente.
Non so molto del mondo al di fuori del mio villaggio. Non ho studiato, ma so che cosa è bene e che cosa è male. Non sono musulmana, ma sono una buona pakistana, cattolica e patriota, devota al mio Paese come a Dio. Abbiamo amici musulmani. Non ci sono mai stati problemi. E anche se non abbiamo avuto sempre vita facile, abbiamo il nostro posto. Un posto di cui ci siamo sempre accontentati. Quando si è cristiani in Pakistan, ovviamente bisogna tenere gli occhi un po’ più bassi. Certi ci considerano cittadini di seconda categoria. A noi sono riservati lavori ingrati, mansioni umili. Ma il mio destino non mi dispiaceva. Prima di tutta questa storia ero felice con i miei, laggiù a Ittan Wali. Oggi sono come tutti i condannati per blasfemia del Pakistan.
Che siano colpevoli o no, la loro vita viene stravolta. Nel migliore dei casi stroncata dagli anni di carcere. Ma il più delle volte chi è condannato per l’oltraggio supremo, che sia cristiano, indù o musulmano, viene ucciso in cella da un compagno di prigionia o da un secondino. E quando è giudicato innocente, cosa che capita assai di rado, viene immancabilmente assassinato appena lascia il penitenziario. Nel mio Paese l’accusa di bestemmiatore è indelebile. Essere sospettati è già un crimine agli occhi dei fanatici religiosi che giudicano, condannano e uccidono in nome di Dio. Eppure Allah è solo amore. Non capisco perché gli uomini usino la religione per fare il male. Mi piacerebbe credere che prima di essere esponenti di questa o quella religione siamo anzitutto uomini e donne. In questo momento mi rammarico di non saper né leggere né scrivere. Solo ora mi rendo conto di quale enorme ostacolo sia. Se sapessi leggere, oggi forse non mi ritroverei chiusa qui dentro. Sarei senz’altro riuscita a controllare meglio gli eventi. Invece li ho subiti, e li sto subendo tuttora. Secondo i giornalisti, 10 milioni di pakistani sarebbero pronti a uccidermi con le loro mani.
A chi mi eliminerà, un mullah di Peshawar ha addirittura promesso una fortuna: 500.000 rupie. Da queste parti è il prezzo di una bella casa di almeno tre stanze, con tutti i comfort. Non capisco questo accanimento. Io, Asia, sono innocente. Comincio a chiedermi se, più che una tara o un difetto, in Pakistan essere cristiani non sia diventato semplicemente un crimine. Il mio unico desiderio, in questa minuscola cella senza finestre, è quello di far sentire la mia voce e la mia rabbia. Voglio che il mondo intero sappia che sto per essere impiccata per aver aiutato il prossimo.
Sono colpevole di avere manifestato solidarietà. Il mio torto? Solo quello di avere bevuto dell’acqua proveniente da un pozzo di alcune donne musulmane usando il «loro» bicchiere, quando c’erano 40 gradi al sole. Io, Asia Bibi, sono condannata a morte perché avevo sete. Sono in carcere perché ho usato lo stesso bicchiere di quelle donne musulmane. Perché io, una cristiana, cioè una che quelle sciocche compagne di lavoro ritengono impura, ho offerto dell’acqua a un’altra donna. Voglio che la mia povera voce, che da questa lurida prigione denuncia tanta ingiustizia e tanta barbarie, trovi ascolto. Desidero che tutti coloro che mi vogliono vedere morta sappiano che ho lavorato per anni presso una coppia di ricchi funzionari musulmani. Voglio dire a chi mi condanna che per i membri di quella famiglia, che sono dei buoni musulmani, il fatto che a preparare i loro pasti e a lavare le loro stoviglie fosse una cristiana non era un problema. Ho passato da loro 6 anni della mia vita, ed è per me una seconda famiglia, che mi ama come una figlia!
Sono arrabbiata con questa legge sulla blasfemia, responsabile della morte di tanti ahmadi, cristiani, musulmani e persino indù. Da troppo tempo questa legge getta in prigione degli innocenti, come me. Perché i politici lo permettono? Solo il governatore del Punjab, Salman Taseer, e il ministro cristiano per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, hanno avuto il coraggio di sostenermi pubblicamente e di opporsi a questa legge antiquata. Una legge che è in sé una bestemmia, visto che semina oppressione e morte in nome di Dio. Per avere denunciato tanta ingiustizia questi due uomini coraggiosi sono stati assassinati in mezzo alla strada. Uno era musulmano, l’altro cristiano. Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza. Supplico la Vergine Maria di aiutarmi a sopportare un altro minuto senza i miei figli, che si chiedono perché la loro mamma sia improvvisamente sparita di casa. Dio mi dà ogni giorno la forza di sopportare questa orribile ingiustizia. Ma per quanto ancora?
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Asia Bibi
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