giovedì 7 luglio 2011

«Nato in provetta, vivo nell'angoscia»

 Tempo fa ci scrisse una signora chiedendoci un parere sulla fecondazione assistita e noi le rispondemmo, tenendo conto delle linee della Chiesa Cattolica. La questione è certamente molto complicata e pochi sanno di cosa si tratta realmente. Attraverso la fecondazione assistita, oggi vi è la possibilità di poter avere un figlio (o una figlia) senza nemmeno conoscere un uomo, quindi senza che vi sia un padre reale e presente. Infatti, attraverso questo sistema si utilizzano gli spermatozoi di un perfetto sconosciuto che ha dato via il suo seme, spesso dietro corrispettivo. In questo modo, la donna resta incinta pur senza aver avuto rapporti sessuali con un uomo. Già sentire quest'ultima affermazione è aberrante: il rimanere incinta è il coronamento dell'amore e della donazione vicendevole; l'uomo e la donna si uniscono materialmente e spiritualmente e da quest'unione d'amore scocca la scintilla della vita. Tutto questo viene cancellato attraverso l'inseminazione artificiale che trasforma il frutto dell'amore nel frutto della tecnica e della scienza. 
Come se non bastasse, il figlio (o la figlia) nati dietro fecondazione assistita, cresceranno senza mai sapere del proprio padre naturale. Molti ribattono che molte volte i figli crescono privi di una figura genitoriale perché quest'ultima viene a mancare, ma un conto è perdere un genitore ed un conto è non sapere chi sia il proprio genitore. La storia che ci accingiamo a leggere, riflette proprio lo stato d'animo di un figlio nato con l'inseminazione artificiale: 


[Tempi.it] «Quando avevo cinque anni, mia madre mi rivelò che ero stato concepito con l'inseminazione artificiale»; «I bambini che nascono hanno diritto di sapere chi sono i loro genitori»; «Si sottovaluta l'importanza che ha per un uomo sapere da dove venga». Sono le frasi secche e politicamente scorrette, scritte da un “figlio della provetta” e apparse sulle colonne del New York Times dello scorso 29 giugno. L'autore sa tutto sin da piccolo. Ma non ci pensa. Quasi rimuove, racconta. Poi a 14 anni la maestra chiede a tutti gli alunni di ricostruire il proprio albero genealogico. E' qui che per il giovane ha inizio la sensazione di angoscia che ancora oggi lo accompagna in crescendo.

Il ragazzo ora diciottenne scrive infatti così: «Mia madre all'età di quarant'anni si ritrovò sola e senza figli. Aveva avuto una buona carriera ma era pentita di non aver fatto famiglia». Così, commenta glaciale il ragazzo, «decise di prendersi la briga di fare un figlio con le sue sole mani». Un fatto questo che «incuriosì molti. Alcuni la presero come un trionfo della autosufficienza femminile. Altri, particolarmente i famigliari e gli amici, erano contrari: “Non puoi avere un bambino senza un uomo”, le dicevano». «Invece ci riuscì», continua confessando quello che la fecondazione assistita semplicemente è, «perché si può fare e ti è permesso anche facilmente. La parte difficile, al massimo, è lasciata al bambino che quando cresce vive nell'ignoranza di chi sia suo padre. Le coppie sterili o le donne sole sottovalutano l'importanza cha ha per un uomo sapere da dove venga. I deficit emozionali e di sviluppo che nascono da questa ignoranza sono oggi troppo trascurati».

Non si può comprendere, aggiunge lo studente, «il vuoto che molti bambini, nati tramite fecondazione assistita, sperimentano. Chi nasce ha il diritto di sapere chi siano i propri genitori. Io sono uno di quelli e voglio sapere chi sia mio padre». Infine, il ragazzo descrive il senso di smarrimento e mancamento che lo accompagna oggi: «Siccome non so chi è mio padre, non potrei mai riconoscerlo neanche se lo vedessi. A volte mi sento soffocare dal tormento per le infinite possibilità date dal fatto che mio padre potrebbe essere ovunque: in mezzo al traffico di punta di un venerdì sera, dietro di me al bancone della farmacia, oppure lì a cambiarmi l'olio della macchina dopo settimane di scarsa manutenzione. A volte vivo una mancanza di sentimenti e parole tale che rimango semplicemente stordito pensando che lui potrebbe essere ovunque».
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2 commenti: on "«Nato in provetta, vivo nell'angoscia»"

Mikhael ha detto...

Un articolo molto interessante che contiene una risposta derivante finalmente da chi vive il dramma. Chi promuove le gravidanze-provetta sottovaluta tutti gli aspetti della vita del bambino che nascerà: ecco l'ignoranza e il limite della mente umana che si chiude nell'illusione della scienza onnipotente. Dietro queste decisioni si celano menti fredde e cuori insensibili. Basterebbe un pizzico di buon senso e di carità per fare un dietro front.

Oltretutto se una persona non può avere figli, chi l'ha detto che gli spetta di diritto? Un figlio non è un bambolotto da avere per un capriccio personale, un figlio, come hai scritto anche tu, nasce dall'amore.

Sempre dalla Bibbia riceviamo i giusti e importanti lumi per il cammino umano: Sara, Elisabetta, due donne arrivate in vecchiaia senza avere figli, hanno accettato, seppur con sofferenza, la loro sterilità. Certo, qui c'è una diversa prospettiva: non sono due donne sole e inoltre la sterilità riguarda loro. Però hanno saputo accettare questa sofferenza perché innamorate di Dio e accettano la Sua volontà.

Ecco il mondo senza Dio:

Divorzi, aborti, fecondazioni assistite... In questo modo l'essere umano fa quel che gli pare, ma deve tenere in conto che ogni cosa ha le sue conseguenze. Se una persona non può avere figli, accetti la volontà di Dio.

Infine, Sara ed Elisabetta divennero madri perché "nulla è impossibile a Dio".

Come dicevo prima, i figli non sono un diritto né oggetto di capriccio, ma sono dono e frutto dell'amore e della benevolenza di Dio. Spero un giorno altri bambini come questi potranno testimoniare con la loro vita quanto sia sbagliata la fecondazione mediante provetta. Anzi preghiamo perché succeda così che l'uomo si renda conto che non tutto quello che pensa è buono e utile perché ha dei limiti e ha bisogno di seguire le linee che Dio ha tracciato per lui.

Riscoprire la fede ha detto...

Giuste parole Mik: la Bibbia è piena di donne sterili che hanno saputo confidare nel Signore, non rimanendo deluse. Anche Anna, madre del profeta Samuele, era sterile e molto addolorata. Dio udì il suo pianto e le concesse prima Samuele che fu da Anna consacrato al Signore e poi altri figlie e figlie. Ecco la mano di Dio che giunge su chi rivolge a Lui con cuore e anima. E poi, voglio sempre ricordare che non avere un figlio non significa essere inutili perché nel mondo ci sono valanghe di bambini che vorrebbero avere qualcuno che si prenda cura di loro...

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