sabato 5 febbraio 2011

La Chiesa nel mondo contemporaneo - VIII parte

Continuiamo il nostro cammino di lettura della Costituzione Pastorale "Gaudiem et spes" di Papa Paolo VI. Siamo ancora nella parte in cui Paolo VI tenta di rispondere ai quesiti più importanti della vita sociale e cioè chi è l'uomo e qual è la sua dimensione all'interno della società e dell'universo. Oggi vediamo come la condizione umana è rapportata al mistero della morte. In particolare vedremo come l'uomo sia tormentato dalla morte, non solo corporale, ma anche spirituale: ciò che teme è infatti di scomparire, di non avere più un essere, una coscienza. Ecco perchè la morte spaventa l'uomo privo di fede: infatti, non avendo fede in Cristo, non si ha nemmeno fede nella vita eterna di cui Gesù stesso ci ha resi partecipi attraverso la Sua morte e Resurrezione! Il che significa ammettere implicitamente che la morte rappresenta la parola fine. 
 Paolo Vi però mostra che la fede ci da le giuste risposte perchè ci mostra il vero significato della morte e soprattutto ci mostra ciò che ci aspetta dopo la morte, nel bene (Il Regno dei Cieli) e nel male (L'inferno). Leggiamo insieme questo breve passo di oggi dal quale però scaturiscono molteplici vie di riflessione:

CAPITOLO I

LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA

18. Il mistero della morte.

In faccia alla morte l'enigma della condizione umana raggiunge il culmine.

L'uomo non è tormentato solo dalla sofferenza e dalla decadenza progressiva del corpo, ma anche, ed anzi, più ancora, dal timore di una distruzione definitiva.

Ma l'istinto del cuore lo fa giudicare rettamente, quando aborrisce e respinge l'idea di una totale rovina e di un annientamento definitivo della sua persona.

Il germe dell'eternità che porta in sé, irriducibile com'è alla sola materia, insorge contro la morte. Tutti i tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà dell'uomo: il prolungamento di vita che procura la biologia non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, invincibilmente ancorato nel suo cuore. Se qualsiasi immaginazione vien meno di fronte alla morte, la Chiesa invece, istruita dalla Rivelazione divina, afferma che l'uomo è stato creato da Dio per un fine di felicità oltre i confini delle miserie terrene. Inoltre la fede cristiana insegna che la morte corporale, dalla quale l'uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato (22), sarà vinta un giorno, quando l'onnipotenza e la misericordia del Salvatore restituiranno all'uomo la salvezza perduta per sua colpa. Dio infatti ha chiamato e chiama l'uomo ad aderire a lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con la incorruttibile vita divina. Questa vittoria l'ha conquistata il Cristo risorgendo alla vita, liberando l'uomo dalla morte mediante la sua morte (23).

Pertanto la fede, offrendosi con solidi argomenti a chiunque voglia riflettere, dà una risposta alle sue ansietà circa la sorte futura; e al tempo stesso dà la possibilità di una comunione nel Cristo con i propri cari già strappati dalla morte, dandoci la speranza che essi abbiano già raggiunto la vera vita presso Dio.



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