giovedì 24 febbraio 2011

Libia, pazzia ed orrore di un genocidio

 In questi giorni stiamo assistendo alla storia: rivoluzione stanno nascendo in tutti i Paesi con regimi dittatoriali e non democratici. Abbiamo visto cadere i regimi della Tunisia e dell'Egitto mentre ora l'attenzione è tutta incentrata sulla Libia. In questo Paese del Nord Africa, purtroppo, le cose non sono andate come gli insorti speravano: il leader Gheddafi non si è minimamente arreso alla rivolta, ma preda della pazzia più totale, ha cominciato a bombardare il suo stesso popolo, causando un bagno di sangue. Dobbiamo sperare e pregare che quest'orrore termini al più presto possibile perchè è aberrante vedere un leader giungere a causare un abominio al suo popolo, quello stesso popolo che lui ha governato per più di quarant'anni.
Vediamo dunque la situazione libica, attraverso alcuni estratti di un articolo di Barbara Uglietti pubblicato da Avvenire:


Il leader libico Muammar Gheddafi alle 15 ha iniziato a parlare alla tv di Stato libica in collegamento telefonico. Gheddafi ha offerto le condoglianze alle famiglie degli ufficiali e degli uomini della sicurezza lealisti morti durante gli scontri contro i rivoltosi anti-regime. "Se volete questo caos siete liberi. E se volete continuare a combattere fra loro, continuate pure": è quanto ha detto rivolgendosi agli abitanti di Zawia, a ovest di Tripoli, teatro di violenti scontri tra lealisti e rivoltosi. "Questa gente non ha richieste. Le loro richieste vengono dettate da Bin Laden. I vostri figli sono manipolati da Bin Laden". "Sono criminali, non è accettabile chiedere riforme in questo modo". La rivolta in Libia "è una farsa portata a cui dovremmo porre fine, una farsa portata avanti dai giovani" che "vengono manipolati anche attraverso l'uso di droghe". Al Qaida "vuole creare un emirato islamico in Libia" e ha invitato "il popolo libico a non unirsi agli uomini di Bin Laden". "Se la situazione peggiorerà si interromperà anche il flusso del petrolio". Poi ha esortato i libici ad una jihad contro i rivoltosi così come "quando gli italiani colonizzarono una nostra terra ci fu una jihad contro gli italiani". Libia spaccata in due: Tripoli nelle mani di Gheddafi e il resto del Paese, Cirenaica in particolare,ai rivoltosi che alzano il tiro e minacciano di marciare verso la capitale. Furibondi per la feroce repressione scatenata dal regime di Gheddafi nella Libia occidentale, i ribelli che si sono impadroniti praticamente di tutta la parte est del Paese, fino alla frontiera con l'Egitto, hanno avvertito oggi che marceranno sulla capitale: "Il nostro obiettivo è Tripoli", ha ammonito uno dei rivoltosi. "Se Tripoli non riesce a liberarsi da sola", ha puntualizzato. E il ramo nordafricano di Al Qaeda si è schierata a fianco dei dimostranti accusando Gheddafi di essere "assassino di innocenti".
Il leader libico ha annunciato dal bunker di Bab al-Aziziya Tripoli un nuovo discorso in tv ai cittadini della città di Zawia, a 40 chilometri a ovest della capitale, dove stamane sono state lanciate bombe e missili che hanno distrutto la moschea con un bilancio di 40 morti e decine di feriti. Nella città si è concentrata un'elevata quantità di truppe governative, lungo la principale arteria che collega la Libia occidentale con quella orientale: hanno riferito testimoni oculari. "C'è una presenza dell'esercito molto pesante, con posti di blocco ovunque, ai quali è sottoposto a controlli chiunque passi". Il rais sta raccogliendo truppe a Tripoli per difendere la città dai rivoltosi. Secondo il New York Times migliaia di mercenari e brigate speciali di polizia, guidate dai figli del colonnello, starebbero arrivando nella capitale libica e si stanno ammassando nelle vie. Intanto i rivoltosi si preparano alla loro prima dimostrazione nella capitale: un messaggio circola sui telefonici riguardo a una mega protesta per domani.

Il leader però continua a perdere 'pezzì importanti e oggi anche il capo dei servizi di sicurezza di Bengasi, il colonnello Ali Huowaidi, si è dimesso e si allineato con i rivoltosi. Parole di rassicurazione arrivano intanto dal figlio del rais, Saif al Islam che oggi ha negato che ci siano stati bombardamenti sui manifestanti e anche che siano state assassinate "centinaia o migliaia di persone". Saif ha anche accusato apertamente l'Egitto di una "cospirazione" che punterebbe a rovesciare il regime nel suo Paese.
Benedetto XVI ha parlato questa mattina con il Presidente del Libano Suleiman dei "recenti avvenimenti in alcuni paesi arabi". In proposito, afferma una nota vaticana, "è stata espressa la comune convinzione che è urgente risolvere i conflitti ancora aperti nella Regione".

FOSSE COMUNI NELLE SPIAGGE
Il video dura un minuto e mezzo e inquadra la spiaggia di Tripoli. Decine di persone scavano la sabbia. Fosse. Ordinate, una accanto all’altra, alcune già coperte dal cemento. Il lungomare della capitale è un enorme cimitero. Nelle strade i cadaveri sono dappertutto, si temono epidemie. Il bilancio ufficiale del governo, dopo nove giorni di scontri, parla di 300 morti. Mille secondo fonti locali concordanti. Diecimila per la Tv al-Arabiya che cita un esponente libico della Corte penale internazionale. Mentre sarebbero 50mila i feriti. Sarà più facile verificare nei prossimi giorni: centinaia di giornalisti stranieri stanno entrando nel Paese dal confine egiziano, che risulta libero, non controllato. E il regime ha già preso provvedimenti: i reporter arrivati «illegalmente» sono da considerarsi «fuorilegge», ha detto il vice-ministro degli Esteri.
Tripoli è congelata in una calma che sa solo di paura. Dopo i bombardamenti dei giorni scorsi, le forze di sicurezza sono riuscite a riprendere il controllo della città. E in Piazza Verde si è radunato un piccolo corto di sostenitori di Gheddafi. La televisione di Stato parla in continuazione di «ritorno alla normalità», invita a «non credere alle voci diffuse dalle Tv satellitari pagate per fare una guerra psicologica». Alcuni manifestanti si sono visti arrivare sul cellulare un Sms del governo che li invita a tornare al lavoro. Ma in strada non c’è nessuno. I negozi sono chiusi. E in molti distretti gli abitanti si sono barricati nelle case per sfuggire alle «squadre della morte» in borghese. «Abbiamo messo divani e mobili davanti alla porta – ha raccontato una donna ad al-Jazeera – per cercare di impedirgli di entrare in casa, come hanno fatto in altre palazzine».
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