sabato 9 aprile 2011

Il dolore del Papa per la strage di Rio

Come molti di voi sapranno, in Brasile è stato teatro di una strage orribile, avvenuta all'interno di una scuola: in sintesi, un ventiquattrenne è entrato in un scuola media di Rio de Janeiro armato di pistole uccidendo 12 alunni, tra cui nove ragazzine e tre ragazzini tra i 12 e i 14 anni. La violenza, in questo periodo storico, sta dilagando a macchia d'olio e questi tragici episodi alimentano la nostra preoccupazione per un futuro troppo legato all'odio, alla pazzia e alla facile violenza armata. Anche Papa Benedetto XVI ha voluto subito mostrare al Brasile, il suo dolore per quanto accaduto, con un telegramma il cui contenuto è svelato, a grandi linee, da Radio Vaticana:

“Bambini indifesi”, li chiama il Papa nel suo telegramma di cordoglio. E tali erano, di fronte al folle che li ha falciati come in un allucinante tiro a segno. Ragazzine e ragazzini di massimo 14 anni, seduti nei banchi di un’aula, pronti per una tranquilla lezione di portoghese alle otto del mattino, e poi, in pochi secondi, inchiodati dal terrore davanti a un ragazzo più grande che spiana contro di loro due pistole. Quanto è avvenuto giovedì corso in una scuola media di Rio de Janeiro ha profondamente addolorato Benedetto XVI, che in un telegramma inviato all’arcivescovo della metropoli brasiliana, Orani João Tempesta, si dice “profondamente costernato per il drammatico attentato compiuto contro bambini indifesi”. Assicuro, si legge nel testo a firma del cardinale segretario di Stato, la solidarietà e il conforto spirituale “alle famiglie che hanno perso i propri figli e a tutta la comunità scolastica con gli auguri di una rapida guarigione dei feriti”.

Proprio uno dei 17 feriti dall’assalitore, un 13.enne, è spirato la notte successiva in seguito alle gravi lesioni riportate. L’episodio ha avuto per teatro la Scuola municipale Tasso da Silveira, nel quartiere di Realengo, nella quale con una scusa era riuscito a entrare Wellington Menezes de Oliveira, questo il nome dell’autore della strage, poco più che ventenne, dipinto come un asociale, che ha lasciato una confusa lettera di spiegazioni del suo gesto. Cento colpi esplosi con spietatezza agghiacciante, finché la reazione di un poliziotto, che lo ha ferito, ha indotto il killer a suicidarsi. I primi funerali delle vittime hanno visto una folla in lacrime e sotto shock; la stessa reazione avuta dalla presidente del Brasile, Dilma Rousseff, rimasta sconvolta alla notizia della peggiore tragedia scolastica del suo Paese. Tre i giorni di lutto nazionale proclamati dalla presidente, mentre la polizia indaga per scoprire ulteriori elementi su questa pagina di sangue, che richiama alla memoria altre vicende analoghe avvenute soprattutto in quei Paesi nei quali – come in Brasile – la vendita e il possesso delle armi è libero. L’ex presidente Lula da Silva aveva fatto approvare nel 2003 il cosiddetto “Statuto per il disarmo”, una legge che regolava in maniera più stringente il commercio di armi e munizioni, ma il successivo referendum del 23 ottobre 2005 ha bocciato il provvedimento con una maggioranza del 63%. Questo non ha spento a tutt’oggi la campagna di chi vorrebbe un maggiore controllo sul settore e la strage nella scuola di Rio ne ha riproposto in modo terribile l’urgenza.

Proprio in rapporto a questa situazione che vive il Brasile, risuonano con ancor più incisività le parole con le quali Benedetto XVI conclude il suo telegramma. “Di fronte a questa tragedia”, dice, invito “tutti gli abitanti di Rio a dire 'no' alla violenza, che rappresenta una via senza futuro e a cercare di costruire una società fondata sulla giustizia e sul rispetto degli altri, soprattutto dei più deboli e indifesi”. L’ultimo appello del Papa è diretto ai cuori di chi oggi è sconvolto dal dolore: “Perché la speranza – scrive – non venga meno in quest’ora della prova e faccia prevalere il perdono e l'amore sull'odio e sulla vendetta”.
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