mercoledì 20 aprile 2011

L'anniversario del Papa nelle parole del cardinale Ruini e Sandro Magister

Sei anni fa, esattamente il 19 Aprile 2005, il Cardinale Joseph Ratzinger visse il momento dell'elezione a nuovo successore di Pietro. Da allora molto è stato fatto e grandi fatiche sono state sopportare per il bene comune. Per questo anche noi vogliamo celebrare questi sei anni di pontificato e per questo vi proponiamo due interviste di Radio Vaticana al Cardinal Camillo Ruini e al vaticanista Sandro Magister:

R. – Sin da quando era cardinale, Benedetto XVI ha più volte sottolineato come in Europa, e in generale in Occidente, si giochi una partita cruciale per il Vangelo, per tutto il mondo, dato che se il Vangelo non riuscisse a penetrare nella moderna cultura occidentale, difficilmente potrebbe poi penetrare in altre culture destinate sempre di più a entrare a loro volta, pur conservando le proprie differenze, in un grande quadro comune che ha alcuni parametri fondamentali creati in Occidente. Credo che questa sia la ragione fondamentale per la quale il Santo Padre ha voluto questo nuovo Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, specialmente nei Paesi di antica cristianità che adesso però sono a rischio di perdere la loro eredità di fede e di cultura.

D. – Un’altra caratteristica forte del Pontificato di Benedetto XVI è la sottolineatura, da parte del Pontefice, del tema della libertà religiosa. Perché l’insistenza su questo tema, secondo lei?

R. – Non soltanto per la sua importanza centrale, dato che la libertà religiosa è la madre di tutte le libertà, ma anche per un motivo concreto, storico, immediato. La libertà religiosa oggi è in grave pericolo in molti Paesi del mondo, è gravemente minacciata. E il Papa non poteva rinunciare a fare udire la sua voce con tutta la sua forza, con tutta la sua autorità, per riaffermare questo punto fondamentale per la convivenza pacifica tra gli uomini e, naturalmente, per la diffusione della fede cristiana.

D. – Parlando del mondo della comunicazione, non crede che la pubblicazione nel novembre scorso del libro intervista “Luce del mondo” abbia in qualche modo dimostrato la capacità di Benedetto XVI di comunicare in modo semplice e diretto i contenuti di fede?

R. – Benedetto XVI ha mostrato certamente questa capacità di comunicare nel libro-intervista a Peter Seewald, ma l’aveva dimostrata fin dall’inizio del suo pontificato e - se mi è permesso dirlo - anche prima nelle tante conferenze, incontri, omelie fatte come vescovo, come cardinale e prima come teologo. Benedetto XVI è un grandissimo teologo ma anche un grandissimo evangelizzatore, un apologeta nel senso positivo: cioè, colui che propone le ragioni della nostra fede e lo fa con un linguaggio molto chiaro, molto semplice, mai distaccato dalla realtà.

D. – C’è un gesto, una parola di Benedetto XVI che le è rimasto più impresso in questi sei anni?

R. – Credo che la parola fondamentale sia quella di mettere Dio al centro, di mettere al centro quel Dio che tante correnti, tanti filoni della cultura attuale vorrebbero invece mettere ai margini dell’uomo e della cultura. Questa è la priorità del Pontificato come l’ha indicata, e con tutta chiarezza, il Papa stesso. (bf)

Il 19 aprile di sei anni fa, Benedetto XVI si presentò al mondo come “umile lavoratore nella vigna del Signore”. Proprio questo è lo stile che caratterizza il Pontificato di Benedetto XVI. E’ quanto sottolinea il vaticanista Sandro Magister, intervistato da Alessandro Gisotti:

R. – Questo profilo, che Benedetto XVI ha dato di se stesso citando quell’allocuzione così tipicamente evangelica, corrisponde all’immagine che pian piano si è imposta agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Quel personaggio che era conosciuto prima della sua elezione come quello del “guardiano inflessibile del dogma” era frutto di un’immagine che si è rivelata ogni volta di più totalmente falsa ed è stata sostituita da quella mite e operosa descritta proprio da questa locuzione, quasi come fosse l’avvio di una parabola: la parabola che ha già toccato sei anni di questo Pontificato.

D. – Si può dire, riprendendo anche il titolo dell’ultima enciclica di Benedetto XVI, che “carità nella verità” sia la chiave di lettura per interpretare il magistero ratzingeriano?

R. – Direi di sì. Perché questo magistero, che si esprime poi in diversi modi e i diversi livelli – questo non va trascurato – è un tipo di magistero che non si limita a ripetere, a riaffermare i capisaldi della Dottrina, ma di tutto da ragione. Cioè, è un Papa che argomenta quello che dice, è un Papa che annuncia – e l’annuncio è davvero la priorità di questo Pontificato – ma è un annuncio sempre argomentato. E’ un Papa che spiega le ragioni di questo annuncio.

D. – Dal “Cortile dei gentili” al dicastero per la Nuova Evangelizzazione, Benedetto XVI indica chiaramente – con ragione, per l’appunto – l’impegno a raccogliere le sfide che il mondo contemporaneo pone alla Chiesa…

R. – Sì, è vero. Paradossalmente, abbiamo un Papa che in un periodo in cui il pensiero diffuso a livello mondiale è così povero di ragioni, è un grande apologeta della forza della ragione, e soprattutto di quello che rende così attraente la ragione, cioè la sua apertura, la sua sconfinata capacità di arrivare anche là dove non è capace di cogliere pienamente la verità e dove, appunto, fede e ragione si integrano invece di scontrarsi. (gf)
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