mercoledì 29 dicembre 2010

Carità e Verità: Caritas in Veritate - IV

Continuiamo la lettura della nuova Enciclica di Papa Benedetto XVI "Caritas in veritate". Quest'enciclica è stata la terza del pontificato di Benedetto XVI e si sofferma su temi molto attuali, come la crisi economica e vari temi di natura sociale. La sua lettura è molto importante poiché rivolta non solo ai fedeli, ma a tutti gli uomini di buona volontà, mostrando come un vero sviluppo umano si può ottenere solo attraverso la carità e la verità, due valori imprescindibili per una società più giusta, sotto tutti i punti di vista, e la cui mancanza ha portato il mondo nell'attuale situazione di crisi e povertà:

21. Paolo VI aveva una visione articolata dello sviluppo. Con il termine « sviluppo » voleva indicare l'obiettivo di far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria, dalle malattie endemiche e dall'analfabetismo. Dal punto di vista economico, ciò significava la loro partecipazione attiva e in condizioni di parità al processo economico internazionale; dal punto di vista sociale, la loro evoluzione verso società istruite e solidali; dal punto di vista politico, il consolidamento di regimi democratici in grado di assicurare libertà e pace. Dopo tanti anni, mentre guardiamo con preoccupazione agli sviluppi e alle prospettive delle crisi che si susseguono in questi tempi, ci domandiamo quanto le aspettative di Paolo VI siano state soddisfatte dal modello di sviluppo che è stato adottato negli ultimi decenni. Riconosciamo pertanto che erano fondate le preoccupazioni della Chiesa sulle capacità dell'uomo solo tecnologico di sapersi dare obiettivi realistici e di saper gestire sempre adeguatamente gli strumenti a disposizione. Il profitto è utile se, in quanto mezzo, è orientato ad un fine che gli fornisca un senso tanto sul come produrlo quanto sul come utilizzarlo. L'esclusivo obiettivo del profitto, se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà. Lo sviluppo economico che auspicava Paolo VI doveva essere tale da produrre una crescita reale, estensibile a tutti e concretamente sostenibile. È vero che lo sviluppo c'è stato e continua ad essere un fattore positivo che ha tolto dalla miseria miliardi di persone e, ultimamente, ha dato a molti Paesi la possibilità di diventare attori efficaci della politica internazionale. Va tuttavia riconosciuto che lo stesso sviluppo economico è stato e continua ad essere gravato da distorsioni e drammatici problemi, messi ancora più in risalto dall'attuale situazione di crisi. Essa ci pone improrogabilmente di fronte a scelte che riguardano sempre più il destino stesso dell'uomo, il quale peraltro non può prescindere dalla sua natura. Le forze tecniche in campo, le interrelazioni planetarie, gli effetti deleteri sull'economia reale di un'attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, gli imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra, ci inducono oggi a riflettere sulle misure necessarie per dare soluzione a problemi non solo nuovi rispetto a quelli affrontati dal Papa Paolo VI, ma anche, e soprattutto, di impatto decisivo per il bene presente e futuro dell'umanità. Gli aspetti della crisi e delle sue soluzioni, nonché di un futuro nuovo possibile sviluppo, sono sempre più interconnessi, si implicano a vicenda, richiedono nuovi sforzi di comprensione unitaria e una nuova sintesi umanistica. La complessità e gravità dell'attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente.

22. Oggi il quadro dello sviluppo è policentrico. Gli attori e le cause sia del sottosviluppo sia dello sviluppo sono molteplici, le colpe e i meriti sono differenziati. Questo dato dovrebbe spingere a liberarsi dalle ideologie, che semplificano in modo spesso artificioso la realtà, e indurre a esaminare con obiettività lo spessore umano dei problemi. La linea di demarcazione tra Paesi ricchi e poveri non è più così netta come ai tempi della Populorum progressio, secondo quanto già aveva segnalato Giovanni Paolo II [55]. Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti, ma aumentano le disparità. Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà. In aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante. Continua « lo scandalo di disuguaglianze clamorose » [56]. La corruzione e l'illegalità sono purtroppo presenti sia nel comportamento di soggetti economici e politici dei Paesi ricchi, vecchi e nuovi, sia negli stessi Paesi poveri. A non rispettare i diritti umani dei lavoratori sono a volte grandi imprese transnazionali e anche gruppi di produzione locale. Gli aiuti internazionali sono stati spesso distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori. Anche nell'ambito delle cause immateriali o culturali dello sviluppo e del sottosviluppo possiamo trovare la medesima articolazione di responsabilità. Ci sono forme eccessive di protezione della conoscenza da parte dei Paesi ricchi, mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente nel campo sanitario. Nello stesso tempo, in alcuni Paesi poveri persistono modelli culturali e norme sociali di comportamento che rallentano il processo di sviluppo.


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Oggi cominciamo a vedere l'analisi dell'attuale situazione socio-economica da parte di Benedetto XVI: si tratta di una giusta analisi che ci mostra sin da principio come si stia creando nuove situazioni di dispiarità, non più legate alla distinzione tra Paesi ricchi e Paesi poveri, ma disparità presenti persino nei Paesi ricchi, dove la ricchezza si concentra nelle mani di alcune famiglie (si parla di circa il 10%) mentre il resto si ritrova a vivere in condizione modeste e, a volte, di impoverimento. Tutto questo è nato proprio da ciò che, benedetto XVI, riprende durante il discorso è cioè la centralità del profitto. La ricerca ossessionata del profitto, dell'utile a tutti i costi, ha procurato delle vere e proprie voragini nel sistema economico nazionale e tutti noi sappiamo quali sono state le conseguenze dell'avidità di alcuni soggetti. Basti pensare anche a Paesi come gli Stati Uniti che sono colati a picco a causa dell'avidità dei banchieri e delle speculazioni di affaristi senza scrupoli. QUando l'economia si basa esclusivamente sul profitto e sull'avidità, non produce mai buoni frutti, ma produce solo arricchimenti ingiusto di pochi e impoverimento di molti che, oggi, si ritrovano a far i conti con una crisi che non hanno prodotto. Alla fine, la crisi viene pagata sempre dalle fasce più deboli che risentono gli effetti devastanti che essa comporta.
Altra giusta questione sollevata dal Pontefice riguarda la corruzione: anche nel nostro Paese (forse anche in maggior misura) la corruzione è dilagante; basti guardare alle cause giudiziarie, agli arresti eccellenti, alle relazioni annuali. Tutto ci mostra una realtà disgustosa fondata non sull'onestà e sull'etica, ma sull'affarismo e sulla corruzione immorale che conduce l'uomo a privarsi persino della propria anima, pur di ottenere benefici di varia natura. Tutti questi uomini non sanno che la ricchezza è un valore effimero che prima o poi verrà perduta: piuttosto che ricercare l'effimero e il dannoso, perchè non ricercate l'onestà, la moralità, l'etica e tutti quei valori di correttezza che portano l'uomo ad esser apprezzato soprattutto da Dio che si compiace della giustizia. Speriamo che questa crisi insegni che non tutto si può basare sulla ricerca del profitto, ma che la vita deve trovare il suo giusto equilibrio e che la società va costruita mostrando i valori imprescindibili che la devono contraddistinguere.


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