lunedì 20 dicembre 2010

Trasformare il dolore in vita aiutando il prossimo

 Gli occhi sgranati ad aspettare l’evento. Poi un fruscio sconosciuto e infine il miracolo e un «ooooh» di meraviglia: è l’acqua, trasparente e pulita, che per la prima volta sgorga dal pozzo e zampilla attraverso un tubo. Difficile trattenere i piccoli, i primi a lanciarsi verso la magia, quell’acqua che esce a volontà solo girando una manopola: da impazzire di eccitazione. E infatti impazziscono, quei bambini, si buttano sotto il getto, ridono e si schizzano il prezioso liquido che fino a oggi avevano visto solo stagnante sul fondo di un secchio.

Questo – e molto altro – succede in Burkina Faso, tra i Paesi più poveri al mondo, grazie a una giovane donna italiana e a migliaia di altri italiani da lei trascinati in una grande sfida per la vita, lanciata due anni fa e in questo Natale vinta. «Il nostro progetto era la costruzione di un orfanotrofio e di un pozzo per l’acqua potabile che potesse servire tutti i villaggi circostanti, perché qui i bambini muoiono come mosche non per malattie incurabili ma per i parassiti che infestano l’acqua – racconta Margherita Coletta, vedova del brigadiere dei carabinieri Giuseppe, morto a 37 anni il 12 novembre 2003 nella strage di Nasiriayh assieme ad altri diciotto italiani e a nove iracheni (molti dei quali bambini) –. Sono venuta in Burkina Faso nel luglio 2009 per porre la prima pietra e consegnare al vescovo i primi 10mila euro raccolti in Italia, ora ci sono tornata per la fase più bella: l’inaugurazione dell’orfanotrofio e del pozzo finalmente realizzati. Fino a pochi mesi fa qui c’era solo un rudere senza il tetto, fatto di fango e sterco, dove i bambini si andavano a infilare la notte per dormire...». I lavori finora sono costati 52mila euro, dice Margherita, che di ciascun euro racimolato conosce l’origine e soprattutto la destinazione, conscia di come sia importante che nulla vada sprecato «perché c’è ancora tanto da fare». (Avvenire).


La carità è la cosa più bella e profonda che caratterizza un uomo, un figlio di Dio. Ed è ancora più incredibile vedere come dalla morte e dalla sofferenza possano nascere istinti di aiuto, di sostegno ad altri uomini. Questo è quanto accaduto a Margherita, una donna, vedova di un carabiniere deceduto nella terribile strage di Nassirya. Come avete potuto leggere, tale donna è infatti riuscita a trasformare il dolore in vita, donando sé stessa per un progetto che ha portato acqua in terre dove quest'ultima è un elemento raramente potabile perchè contaminato e quindi portatore di malattie, a volte mortali. Non solo acqua, ma anche un orfanotrofio si è costruito per dar rifugio a quei tanti bambini che sono soli al mondo e che non hanno nessuno che si prenda cura di loro. Queste sono testimonianze molto belle che ci spronano a ricercare la vera fonte di gioia nell'uomo e cioè l'amore e il servizio per il prossimo: d'altronde Gesù ci ha dato l'esempio, amando fino all'ultimo istante della sua vita terrena e indicandoci la via per giungere alla perfezione spirituale. Anche gli apostoli, in primis San Paolo, hanno sempre sostenuto come la carità fosse più grande di ogni cosa e vediamo, in questi piccoli quanto significativi episodi, perchè Dio ci chiede di esser caritatevoli. Attraverso la carità possiamo usare quanto abbiamo per aiutare chi non ha: ci serve anche per immedesimarci nei bisognosi perchè anche noi avremmo potuto trovarci in una situazione simile a quelle che si vivono in zone abbandonate come quelle africane e cosa avremmo voluto dal mondo? Non avremmo desiderato anche noi di ricevere aiuto dal mondo benestante?
Margherita è un esempio per tutti noi, così come lo sono tutti quei uomini e donne che quotidianamente sacrificano la loro esistenza pur di aiutare chi si trova nel bisogno. Quanti buoni samaritani ci sono nella Chiesa e il mondo non lo vede perchè preferisce vedere il male piuttosto che il bene. Chi critica la Chiesa dovrebbe vedere queste opere che danno speranza a chi l'aveva perduta. Speriamo che possano nascere sempre più Margherita Colella e che si possa sempre trasformare il dolore in vita, in amore da riversare sui piccoli e gli indifesi di questo mondo, rendendo Gesù fieri di noi!
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