martedì 28 dicembre 2010

La questione operaia - Rerum Novarum - IV parte

Torniamo ad immedesimarci nella questione operaia, attraverso la lettura dell'Enciclica Rerum Rovarum, di Papa Leone XIII. 

PARTE SECONDA
IL VERO RIMEDIO:
L'UNIONE DELLE ASSOCIAZIONI 
 
A) L'opera della Chiesa

13. Entriamo fiduciosi in questo argomento, e di nostro pieno diritto; giacché si tratta di questione di cui non è possibile trovare una risoluzione che valga senza ricorrere alla religione e alla Chiesa. E poiché la cura della religione e la dispensazione dei mezzi che sono in potere della Chiesa è affidata principalmente a noi, ci parrebbe di mancare al nostro ufficio, tacendo. Certamente la soluzione di si arduo problema richiede il concorso e l'efficace cooperazione anche degli altri: vogliamo dire dei governanti, dei padroni e dei ricchi, come pure degli stessi proletari che vi sono direttamente interessati: ma senza esitazione alcuna affermiamo che, se si prescinde dall'azione della Chiesa, tutti gli sforzi riusciranno vani. Difatti la Chiesa è quella che trae dal Vangelo dottrine atte a comporre, o certamente a rendere assai meno aspro il conflitto: essa procura con gli insegnamenti suoi, non solo d'illuminare la mente, ma d'informare la vita e i costumi di ognuno: con un gran numero di benefiche istituzioni migliora le condizioni medesime del proletario; vuole e brama che i consigli e le forze di tutte le classi sociali si colleghino e vengano convogliate insieme al fine di provvedere meglio che sia possibile agli interessi degli operai; e crede che, entro i debiti termini, debbano volgersi a questo scopo le stesse leggi e l'autorità dello Stato.

1 - Necessità delle ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso

14. Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio, che si deve sopportare la condizione propria dell'umanità: togliere dal mondo le disparità sociali, è cosa impossibile. Lo tentano, è vero, i socialisti, ma ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile. Poiché la più grande varietà esiste per natura tra gli uomini: non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non la sanità, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali. E ciò torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio, perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e l'impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare tali uffici, è la disparità dello stato. Quanto al lavoro, l'uomo nello stato medesimo d'innocenza non sarebbe rimasto inoperoso: se non che, quello che allora avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell'animo, lo impose poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità, secondo quell'oracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuo lavoro; mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (5). Similmente il dolore non mancherà mai sulla terra; perché aspre, dure, difficili a sopportarsi sono le ree conseguenze del peccato, le quali, si voglia o no, accompagnano l'uomo fino alla tomba. Patire e sopportare è dunque il retaggio dell'uomo; e qualunque cosa si faccia e si tenti, non v'è forza né arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto, illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi di quelli attuali. La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai mali.

2 - Necessità della concordia

15. Nella presente questione, lo scandalo maggiore è questo: supporre una classe sociale nemica naturalmente dell'altra; quasi che la natura abbia fatto i ricchi e i proletari per battagliare tra loro un duello implacabile; cosa tanto contraria alla ragione e alla verità. In vece è verissimo che, come nel corpo umano le varie membra si accordano insieme e formano quell'armonico temperamento che si chiama simmetria, così la natura volle che nel civile consorzio armonizzassero tra loro quelle due classi, e ne risultasse l'equilibrio. L'una ha bisogno assoluto dell'altra: né il capitale può stare senza il lavoro, né il lavoro senza il capitale. La concordia fa la bellezza e l'ordine delle cose, mentre un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie. Ora, a comporre il dissidio, anzi a svellerne le stesse radici, il cristianesimo ha una ricchezza di forza meravigliosa.

***

Oggi entriamo nel nocciolo della questione: trovare il rimedio alla questione operaia, un rimedio che il socialismo non ha saputo dare concretamente, come abbiamo visto la scorsa volta. Allora qual è può essere questo rimedio? Paolo VI innanzitutto sottolinea il valore della Chiesa in questo campo di ricerca, rivendicandone il ruolo primario nella soluzione di un conflitto sociale eterno. Poi passa a stabilire un importante quanto controverso principio "Necessità delle ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso". Controverso perchè molti oggi pensano al raggiungimento di un eguaglianza sociale che appare piuttosto utopistico, come il fallimento socialista ha dimostrato. E' impossibile pensare ad un'eguaglianza sostanziale, ma possiamo cercare di attenuare il divario sociale, attraverso una nuova valutazione delle classi sociali meno abbienti. Anche Paolo VI pone l'accento sulla collaborazione e la concordia tra le classi sociali, storicamente divise in due gruppi: i ricchi e i poveri. Queste classi sociali sono sempre state in collisione soprattutto a causa dell'egoismo e della cupidigia della classe alta che pensava al proprio guadagno piuttosto che alla dignità delle classi operaie. Il tempo ha però portato ad un maggior equilibrio che, in un dato momento storico, ha segnato persino il passo di un capovolgimento in termini di potere con le classi operaie capaci di imporre il proprio pensiero e le proprie rivendicazioni sociali. Oggi viviamo in un'epoca diversa, un'epoca contraddistinta da un nuovo divario e dal fatto che l'ago della bilancia sembra pendere nuovamente dalla parte del ricco imprenditore. La vicenda Fiat di questi giorni è la dimostrazione lampante di come i lavoratori subordinati vivano una condizione di perenne ricatto: o il lavoro o i diritti. Infatti, la minaccia è che le imprese lascino l'Italia e si trasferiscano in Paesi dove il costo del lavoro è maggiormente flessibile e dove le previsione di redditività sono più alte. Allora cosa possiamo fare oggi? L'unica cosa è appellarci al buon senso di tutte le parti sociali in gioco, governo e sindacati compresi, per raggiungere un compromesso che non mini la dignità dell'operaio né i suoi diritti fondamentali. Insomma, ancora oggi, c'è bisogno della concordia richiesta da Paolo VI!

 
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