venerdì 21 gennaio 2011

Il Papa alla Questura di Roma: I cristiani lavorino per il bene civile

In mattinata Benedetto XVI all'udienza concessa alla Questura di Roma si è soffermato sul dovere cristiano di lavorare per il bene comune e su temi attuali quali la precarietà e l'immoralità dilagante.

Leggiamo di seguito il discorso di Papa Benedetto.

I testi che seguono sono tratti dal sito italiano di Radio Vaticana:


Il Papa alla Questura di Roma: una solida morale personale dà forza al diritto e alle istituzioni. I cristiani lavorino per il bene civile


Nel contesto odierno si constata un indebolimento dei “principi etici” e degli “atteggiamenti morali personali” che danno forza a tali principi. Lo ha affermato Benedetto XVI nell’udienza concessa questa mattina ai dirigenti e agli agenti della Questura di Roma. Il Papa ha esortato i cristiani a essere risoluti nel professare la fede nella società, auspicando che società e istituzioni pubbliche “ritrovino la loro anima”. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Anche la “città eterna” è soggetta ai cambiamenti e non tutti sono esemplari. Benedetto XVI riflette sulle modifiche che hanno coinvolto Roma e ciò che ne trae dà voce a un senso di disagio che è di tanti:

“Questi mutamenti generano talvolta un senso di insicurezza, dovuto in primo luogo alla precarietà sociale ed economica, acuita però anche da un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza”.
Queste derive finiscono, ha proseguito il Papa, per avvalorare l’impressione che nel “nostro mondo”, pur “con tutte le sue nuove speranze e possibilità”, il “consenso morale venga meno e che, di conseguenza, le strutture alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno”. E questo può ingenerare in “molti” una tentazione, quella cioè…

“…di pensare che le forze mobilitate per la difesa della società civile siano alla fine destinate all’insuccesso. Di fronte a questa tentazione, noi, in modo particolare, che siamo cristiani, abbiamo la responsabilità di ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene, per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore felici come in quelle buie dell’esistenza terrena”.
Benedetto XVI è tornato su un tema tante volte trattato, quello della “dimensione soggettiva dell’esistenza”. Porre attenzione a questo aspetto, ha affermato, “è un bene quando si mette in evidenza il valore della coscienza umana”. Ma qui, ha soggiunto, “troviamo un grave rischio”:

“Nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità, la propria morale. La conseguenza più evidente è che la religione e la morale tendono ad essere confinate nell’ambito del soggetto, del privato: la fede con i suoi valori e i suoi comportamenti, cioè, non ha più diritto ad un posto nella vita pubblica e civile”. 
Ed ecco, ha rilevato il Pontefice, il paradosso della società attuale nella quale si dà “grande importanza al pluralismo e alla tolleranza”, e al contempo...

“...la religione tende ad essere progressivamente emarginata e considerata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi si dovesse limitare la sua influenza sulla vita dell’uomo. Al contrario, per noi cristiani, il vero significato della ‘coscienza’ è la capacità dell’uomo di riconoscere la verità, e, prima ancora, la possibilità di sentirne il richiamo, di cercarla e di trovarla”. 
La persona umana, ha ribadito Benedetto XVI, “è espressione di un disegno di amore e di verità: Dio l’ha ‘progettata’, per così dire, con la sua interiorità, con la sua coscienza, affinché essa possa trarne gli orientamenti per custodire e coltivare se stessa e la società umana”:

“Le nuove sfide che si affacciano all’orizzonte esigono che Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la società e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro “anima”, le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all’azione pratica. La fede cristiana e la Chiesa non cessano mai di offrire il proprio contributo alla promozione del bene comune e di un progresso autenticamente umano”.
Considerando da vicino il lavoro svolto dalla Questura di Roma, il Papa ha concluso il suo discorso invitando ufficiali e agenti a “offrire un buon esempio di positiva e proficua interazione fra sana laicità e fede cristiana”, grazie a una buona armonizzazione tra mezzi e i sistemi di sicurezza con “il bagaglio di doti umane quali la pazienza, la perseveranza nel bene, il sacrificio e la disponibilità all’ascolto”.

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1 commenti: on "Il Papa alla Questura di Roma: I cristiani lavorino per il bene civile"

Angel ha detto...

Grande discorso del Papa! Ogni parola va nella giusta direzione e colpisce chi deve esser colpito. Al termine sembrava udirsi "Chi ha orecchi per intendere intenda"!
Il premier ufficialmente a quanto pare non l'ha capito, dato che ha detto che il discorso non era riferito a lui. Quanto dura è la cervice dell'uomo!

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