martedì 11 gennaio 2011

Il primo frutto del discorso del Papa


Kirkuk (AsiaNews) – Nel discorso al corpo diplomatico di ieri, Benedetto XVI ha denunciato con forza violenze e ingiustizia contro i cristiani – con riferimenti a Iraq, Egitto e Nigeria – e ha posto l’accento sulla libertà religiosa, definita “la fondamentale per la costruzione della pace”. AsiaNews riceve e pubblica un commento di mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk (nord Iraq), al discorso. Il prelato ringrazia Benedetto XVI perché “pastore unito nel profondo al suo gregge” e sottolinea che le sue parole sono fonte di forza nella lotta “per la nostra terra e le nostre chiese”.  Il punto più importante per la nostra regione, il Medio Oriente, è la libertà religiosa, cioè la libertà di coscienza di ogni individuo. Noi irakeni viviamo nel concreto una intolleranza religiosa, atti discriminatori e persecuzioni sia come cristiani, sia fra gli stessi musulmani. Il papa è al corrente di ciò che sta succedendo e lo chiarisce quando afferma che le violazioni, le tante violazioni, cruente o no, nascono da qui. Il loro elenco comincia da Oriente e conferma che è l’Asia il continente ove la libertà religiosa è più violata. Il fanatismo religioso è diventato, purtroppo, un fenomeno che rappresenta una vera e propria sfida per una convivenza armonica fra religioni diverse. Per questo il papa sottolinea con forza che la libertà religiosa è alla base della pace: “Libertà religiosa – chiarisce – come la via fondamentale per la costruzione della pace”.  Le nazioni dell’area mediorientale sono governate, in un modo o nell’altro, da teocrazie. Questi Paesi dovrebbero capire meglio delle nazioni che hanno un governo laico, il valore della libertà religiosa individuale che influisce su ogni relazione e attività. È più facile comprendere la parola di Benedetto XVI quando afferma: “La pace, infatti, si costruisce e si conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel suo cuore, nella sua vita, nelle sue relazioni con gli altri”. Questo rispetto è legato alla dignità della persona umana, come valore assoluto dopo Dio.È assurdo commettere omicidi in nome di Dio, il quale è amore per noi cristiani ed è misericordioso per i nostri fratelli musulmani! La violazione di una vita umana è una offesa a Dio creatore della vita e all’umanità intera. La religione imposta con la forza, non proviene da Dio! Il papa è un pastore, un padre unito nel profondo al suo gregge; egli soffre per lui e cerca di proteggerlo con tutta la forza morale. Per questo parla della tragedia dei cristiani in Iraq, in Egitto e altrove. È un quadro che comincia con l’Iraq, dove “gli attentati hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani”, “al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli” e prosegue verso l’Egitto, con la recente strage di Alessandria.  Bisogna ripeterlo ancora una volta? In Medioriente i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. È naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione, nell’uso dei mezzi di comunicazione.

Con queste parole di incoraggiamento espresse dal papa, siamo riconfortati nell’impegno a resistere per rimanere nella nostra terra e nelle nostre chiese. Per testimoniare l’amore del Signore e il suo perdono che abbraccia tutti.
* Arcivescovo caldeo di Kirkuk FONTE: AsiaNews.it

  
Ieri abbiamo visto il discorso di Papa Benedetto XVI agli ambasciatori: è stato un discorso molto forte, capace di incidere su questioni di notevole interesse politico, sociale e ovviamente religioso. Queste parole non sono cadute nel vuoto e già abbiamo la testimonianza di un vescovo iracheno che mostra di aver attinto coraggio e forza per rimanere in quelle terre così difficili. Il problema resta sempre e solo uno: la libertà religiosa. E' tempo che vengano mene barriere discriminatorie, in ogni Paese di questa terra, perchè non è giusto uccidere o discriminare nel nome di Dio. Egli ci ha chiamati all'amore e non all'odio e noi ora stiamo invece puntando diritti verso un'epoca di odio religioso. Cristiani contro musulmani, come se fossimo due distinte forme umane. Anche in Italia si riverberano gli effetti degli scontri asiatici: infatti, i mussulmani presenti sul nostro territorio rischiano di subire il contraccolpo delle vicende terroristiche, fungendo da elemento vicino da discriminare e sappiamo che anche in politica ci sono queste idee contorti. Dobbiamo capire che i mussulmani non sono terroristi: i terroristi sono solamente uomini che usano la religione per giustificare la voglia di guerra e l'odio che provano. Il mussulmano che crede in Dio non vuole la morte, ma la vita. Ricordiamoci di San Francesco di Assisi: egli attraversò mezzo mondo per porre fine ad un conflitto che pareva assumere le sembianze di una guerra civile. Sì, di guerra civile poiché i combattenti erano fratelli, figli dell'Unico vero Dio. San Francesco, novecento anni fa, aveva già compreso questa realtà che noi oggi cerchiamo di ignorare: ma se vogliamo costruire la pace, dobbiamo cominciare a guardarci tutti allo specchio e dobbiamo cominciare a considerare il mussulmano come un nostro fratello e non come una minaccia alla pace. E speriamo, che anche dall'altra parte si comprenda questo fondamentale principio: costruire la pace non è un'utopia, ma un dovere di tutti noi uomini. 
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