domenica 9 gennaio 2011

Il punto della settimana

Torna, dopo la pausa natalizia, l'appuntamento con il punto della settimana dove cerchiamo di analizzare i fatti politicamente rilevanti accaduti durante il corso della settimana.

In realtà si tratta di una settimana che ha visto all'ordine del giorno questione diverse, ma cruciali per il futuro del Paese e dei suoi cittadini. Parliamo dell'accordo di Mirafiori e parliamo anche dell'inaugurazione dei festeggiamenti per l'Unità d'Italia.
Partiamo dall'argomento più importante per le sue ricadute sui lavoratori e cioè l'accordo di Mirafiori. Trattasi di un accordo sostanzialmente illegittimo che va a incidere sui diritti dei lavoratori compensati da un aumento in busta paga. Nella settimana che si apre, si terrà un referendum all'interno dell'azienda per verificare l'adesione dei lavoratori, ma si tratta di un referendum-farsa, un referendum sostanzialmente influenzato da un atmosfera di ricatto. Infatti, un eventuale rifiuto dei lavoratori di sottoscrivere simili condizioni lavorative si tradurrebbe, quasi automaticamente, in una perdita del posto di lavoro: dunque si tratta di una situazione dove la volontà personale è quasi sicuramente coartata poiché come si può immaginare un padre di famiglia mettere a repentaglio, anche solo in via ipotetica, il proprio posto di lavoro, fonte di reddito per il mantenimento della propria famiglia?
Ci troviamo dinanzi ad un viatico: da un parte ci sono i diritti dei lavoratori e dall'altra c'è il lavoro stesso. Pur di lavorare si sacrificano i diritti: ma questo non crea un pericoloso precedente? Qualsiasi azienda si sentirà, d'ora in poi, legittimata a proporre una situazione simile con la predisposizione di contratti individuali di lavoro che vanno ad incidere pesantemente sui diritti sindacali e sulle libertà del lavoratore, in nome di una situazione di crisi che bisogna affrontare con sacrificio. Già, un sacrificio che però viene accollato solo al lavoratore subordinato visto il cachet dei manager: basti guardare al guadagno dei manager per capire come il sacrificio sia accollato solo sui lavoratori che si trovano a pagare una situazione da loro non creata, visto che la crisi economica è frutto delle speculazioni e delle avidità dei ricchi manager e delle banche senza scrupoli.
E' incredibile come ci troviamo a tornare indietro: nel nostro percorso di crescita politica, abbiamo visto come persino Paolo VI, nella Rerum Novarum, aveva posto l'esigenza di far fronte a questa divisione economica tra ricchi e poveri e che il tutto doveva ricollegarsi alla dignità del lavoratore; oppure basti guardare alla Gaudiem et Spes che aveva proprio individuato i presupposti di quella che sarebbe divenuta una pesante frattura tra ricchi e poveri. In sostanza si è perso nuovamente di vista l'importanza del lavoratore all'interno della catena alimentare socio-economica e si è puntata l'attenzione solo sulla produttività e sulla concorrenza. In questo modo si è scelto di sacrificare i diritti conquistati per esigenze di natura economica e commerciale, con il beneplacito di un governo totalmente inerte e incapace di far sentire la propria voce.
Ci  auguriamo che questa situazione resti contingente e che anche nella Fiat si possa tornare a considerare la dignità e i diritti dei lavoratori, prima ancora della produttività, cominciando sin d'ora attraverso un esempio da parte del manager che potrebbe decidere di decurtarsi il proprio guadagno...

Altro tema caldo è l'unità d'Italia: tema caldo a causa delle solite posizioni secessionistiche di un partito che pensa solo ai suoi interessi territoriali, dimenticandosi che l'Italia non è un entità divisa, ma un'unica nazione, un unico territorio dove tutti devono potersi considerare uguali dinanzi alle esigenze del Paese. Abbiamo letto il Presidente della Repubblica: a lui va il merito di continuare a combattere in nome dell'unità nazionale, un valore che non si può perdere per ragioni egoistiche, ma che va coltivato e difeso strenuamente.
Ci troviamo, come al solito, a constatare l'egoismo di parte della politica, sempre più lontana dalle reali esigenze di un Paese sempre più in affanno, sotto tutti i punti di vista. E allora ecco riecheggiare le parole della Caritas in Veritate: Oggi, facendo anche tesoro della lezione che ci viene dalla crisi economica in atto che vede i pubblici poteri dello Stato impegnati direttamente a correggere errori e disfunzioni, sembra più realistica una rinnovata valutazione del loro ruolo e del loro potere, che vanno saggiamente riconsiderati e rivalutati in modo che siano in grado, anche attraverso nuove modalità di esercizio, di far fronte alle sfide del mondo odierno. Con un meglio calibrato ruolo dei pubblici poteri, è prevedibile che si rafforzino quelle nuove forme di partecipazione alla politica nazionale e internazionale che si realizzano attraverso l'azione delle Organizzazioni operanti nella società civile; in tale direzione è auspicabile che crescano un'attenzione e una partecipazione più sentite alla res publica da parte dei cittadini.
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