Se solo avessi tempo… se solo potessi tornare indietro pochi istanti…
Allora – sono certo – saprei fermare la mano di quell’uomo sconosciuto. Gli parlerei.
So che può sembrare ingenuo ma io gli parlerei. Lo convincerei a fermarsi.
Comprendo i vostri dubbi: come si può fermare la volontà di un feroce killer che non conosce neppure il motivo del suo gesto? Già… sembra un’impresa impossibile.
Ma io conosco il valore di parole come fede, pietà e amore. So spiegarne il contenuto.
Posso comunicare quale magia suprema è custodita dentro l’animo dell’uomo.
Le mie parole sono la chiave d’ingresso a quel mondo sconosciuto della redenzione.
Non direi al mio carnefice: “Perché mi uccidi, figlio. Cosa ti ho fatto?”.
No. Nessuno mai si è salvato chiedendo un motivo a chi non ha idea del movente.
Gli racconterei una breve storia, anzi una parabola, scrutando lo sguardo per trovare il centro emotivo dei suoi pensieri…
Un uomo camminando attraverso la foresta incontrò una feroce tigre. Impaurito, si diede a precipitosa fuga per salvare la propria vita. Ma la belva lo inseguì. Correndo giunse al bordo di un dirupo e, non avendo scelta, si arrampicò giù per il precipizio assicurando ogni salvezza ad una pianta di vite cui si aggrappava con mani sempre più stanche.
Così precariamente appeso l’uomo vide sopra di se la tigre che tentava, con zampate sempre più nervose, di impossessarsi della preda. Guardò allora verso il basso e lì si accorse che un’altra tigre lo attendeva complice di quella che lo aveva mancato.
Due topi apparvero non lontano dal tronco della pianta, quasi in prossimità delle radici e, incuranti del destino del malcapitato, cominciarono a rosicchiare ciò che restava di quel precario appoggio.
L’uomo sapeva che la vite non avrebbe più sostenuto il suo peso, si sarebbe rotta e lui sarebbe caduto. A nulla sarebbe valso imprecare contro il destino.
Fu allora che l’uomo notò una fragola che cresceva sul dirupo, non lontano da lui.
Era di un rosso intenso e matura.
Tenendosi alla vite con una mano raggiunse il frutto e con l’altra lo colse.
Con una tigre sopra, un’altra sotto e due topi che continuavano a rosicchiare la vite, l’uomo assaggiò la fragola: era assolutamente squisita…
Il killer mentì a se stesso sul motivo di quella pistola puntata alla nuca.
“Padre, questa è una rapina…”.
Udirono solo una frase, nascosta dietro un rassegnato sospiro.
“Me lo aspettavo”.
Prima di esplodere l’unico, silenzioso colpo gli assassini si accorsero che la loro vittima sorrideva.
Nello stesso modo in cui sorride chi ha assaporato l’ultimo frutto della vita.
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Nella vita c’è chi il giorno del proprio compleanno riceve un mazzo di rose, chi un oggetto desiderato da tempo, chi solo gli auguri, chi proprio nulla….e c’è invece chi il giorno del proprio compleanno viene omaggiato da un bel colpo di pistola!
L’uomo che ricevette in dono la morte fu un uomo giusto….un uomo che rispose alla chiamata dell’amore.. l’amore verso ogni creatura del mondo, l’amore come fonte di ricchezza e di crescita, ma soprattutto l’amore verso se stessi che permette all’uomo di esprimere la propria libertà e volontà.
Volontà e libertà che si tradurrà in altre vita da salvare dal torpore della schiavitù.
La sua come quella di altri uomini giusti fu una battaglia senza precedenti, una lotta dove le armi erano il parlare d’amore e di libertà…una forma di non violenza in un quartiere di Palermo con un alta densità mafiosa…dove i bambini fin dalla più tenera età divenivano piccoli uomini assoldati dalla mafia, e dalla microcriminalità organizzata.
Il suo quartiere era il quartiere di Brancaccio, un luogo in cui quest’uomo pur essendo cosciente delle difficoltà e della pericolosità ad operare con un intervento risolutivo basato sul cambiamento dei cuori e delle menti, vide attraverso i suoi occhi luoghi che se solo fossero stati ripuliti da quel marciume e da quel puzzo del compromesso mafioso, poteva diventare un piccolo paradiso in cui i bambini avrebbero potuto giocare, studiare e vivere come era giusto che fosse.
Ma questa lotta con armi bianche venne vista subito da coloro che agivano nell’ombra pur camminando alla luce del sole e venerati come Dei sulla terra, come la più potente delle armi…e per questo motivo quel piccolo uomo andava assolutamente fermato, prima che gli effetti della straordinaria capacità d’amore portasse risultati.
Vedete, l’uomo di cui sto scrivendo è Don Pino Puglisi…un prete che nasce proprio nella stessa borgata in cui 56 anni dopo trova la morte….ma l’ho omesso volutamente all’inizio del post il suo ruolo sociale, e questo perché un uomo giusto non ha confini, non ha appartenenze per quanto possa far parte di questa o di quella istituzione, credo o religione che sia.
L’odore di Santità è un odore che emergerà sempre in qualunque luogo l’individuo si trovi o a qualunque istituzione, credo o religione appartenga, perché egli nasce per far splendere quella luce che è dentro ciascuno di noi…comincia dagli altri e finisce con se stesso, inizia da se stesso e finisce con gli altri, attraverso uno scambio che produrrà frutti atti a sfamare quanti ancora versano in uno stato di smarrimento e illusorio.
L’uomo giusto parla attraverso parole comuni ma che l’uomo non comprende se non si apre all’incredibile dono della semplicità e dell’amor proprio….
L’uomo giusto chiede giustizia senza brandire alcun arma se non quella dell’amore e della solidarietà…
L’uomo giusto sorride con la semplicità di un bambino aspettandosi di essere ricambiato dal sorriso che nasce dalla vita giusta di altri uomini.
L’uomo giusto cammina su questa terra e se pur materialmente non vola possiede sottili ali che lo fanno volteggiare nel cielo, felice della sua consapevolezza di una vita vissuta in rettitudine, in giustizia e verità.
L’uomo giusto sa aspettare, ma mentre aspetta corre come un treno senza freni e corre corre riuscendo a raggiungere mete che sembrano assai lontane per chi è nell’oscurità…e ci riesce, riesce a percorrere così tanti chilometri perché il suo carburante è l’amore che ha generato nella sua esistenza….quindi inesauribile.
Un uomo giusto sa che quando è arrivo il suo momento…il momento di cambiare abito con un sorriso ci dice..”Me lo aspettavo”….ma in quel me lo aspettavo ha ri-amato di nuovo!
Ma chi è l’uomo giusto?
Dov’è?
L’abbiamo mai incontrato?
Ci siamo mai chiesti se noi siamo uomini giusti?
Lo si può essere o diventare?
Si può essere uomini giusti ascoltando il nostro cuore che ci chiede di compiere un servizio verso l’umanità…non importa quanto grande o piccolo sia il nostro compito, l’importante è assolverlo amando ciò che facciamo ed affinchè tale servizio porti ai nostri fratelli un beneficio.
Si può essere uomini giusti non sottraendosi ai nostri doveri morali ed attuare comportamenti giusti nei confronti di tutti…e il risultato deve soddisfare la nostra anima…perché non esiste migliore ricompensa di addormentarsi la sera sapendo di aver fatto del bene.
Si può essere uomini giusti non nascondendosi dalle nostre debolezze e facendo in modo che diventino la nostra forza, cogliendo ciò che di positivo c’è in ognuno di noi…inabissando la debolezza nel mare della non conoscenza e facendo riemergere la forza che nasce dall’amare.
Si può essere uomini giusti diventando testimoni del cambiamento che può avvenire in qualunque momento della nostra vita…perché si ha più coraggio a dire.. ”Adesso ho capito”.. che non a dire “La verità sta dalla mia parte”.
L’uomo giusto continuerà a nascere a crescere ed a cercare di essere fermato…perché se pur mite viene visto da colui che si sente forte come un gigante vincente.
Ecco l’uomo giusto c’è ed è reale…l’uomo giusto nasce, cresce, muore e rinasce.
Ecco il sorriso di don Puglisi, un sorriso capace di vincere anche la morte |
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